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DICEMBRE 2011

     

 

IL TERZO COMANDAMENTO

La paternità amante di Dio

            Dio è davvero un Padre buono, come ha detto a Madre Speranza ed è Padre di tutti. Lui, fin dalla creazione come ha stabilito il ciclo del tempo, dividendolo in dì e notte per il riposo del creato e delle creature, ha stabilito anche per i suoi figli il ciclo del lavoro, dividendo i giorni in lavorativi e festivi, perché potessero procurarsi il cibo con il lavoro nei giorni lavorativi e ritemprare lo spirito nel contatto con Dio, nella maggiore condivisione degli affetti familiari, nell’esercizio della carità in favore degli anziani, dei malati, delle persone in difficoltà e nel giusto svago.

            Dio conosce le sue creature, sa di averle fatte di materia e di spirito e quindi pensa a conciliare il giusto equilibrio tra anima e corpo.

            E’ stupenda questa riflessione su Dio Provvidenza e anche questo aspetto di Dio deve farci scuola per l’armonia familiare o comunitaria.

            La Madre Speranza, maestra di vita spirituale e Fondatrice di una Famiglia religiosa voluta da Dio, dice che i giorni di festa devono distinguersi non solo preparandoli e celebrandoli nella preghiera e nella revisione di vita, ma anche a tavola con un cibo più squisito e nel tempo libero, trattenendosi tra fratelli e sorelle ed edificandosi a vicenda con la propria ricchezza interiore.

            Anche in famiglia è bene dare ai giorni di festa una veste più gioiosa, più affettuosa, più santa, partecipando insieme all’Eucaristia domenicale o festiva, riunendosi con i nonni ed altri parenti, coinvolgendo nella propria gioia qualche persona sola o malata o anziana… vivendo l’allegria in spirito di ringraziamento a Dio che ci permette di poterlo fare.

            Questo è possibile solo se Dio anima il cuore della famiglia e lo riscalda con la Sua bontà misericordiosa, altrimenti il giorno di festa diventa giorno di evasione, di stordimento nei vizi, di incontri egoistici e forse anche dannosi, in giorno di peccato e di offesa a Dio.

            Oggi per tanti prevale la rincorsa al dio – denaro e se la domenica permette loro di riempire il portafogli, lasciano perdere Dio e il suo comando, la famiglia e le sue esigenze e rimangono al lavoro anche oltre il limite delle loro forze, col rischio poi di procurarsi stress e malattie.

            Accontentarsi del solo necessario è una grande virtù, ma pochi la possiedono, essa richiede saggezza e lungimiranza oltre che obbedienza a Dio, sempre sapiente e buono, che sa di cosa abbiamo veramente bisogno e ce ne fa un obbligo perché ci ama.

            Può sembrare imprudente rinunciare al lavoro festivo, ma ci si guadagna in armonia familiare, in salute fisica e spirituale, in educazione per i figli e se ci fidiamo della Provvidenza, forse ci stupiremo per le opportunità che si apriranno sulla nostra strada per la benedizione di Dio.

 

La Madonna, apparendo alla Salette, manifesta una grande preoccupazione:

“Erano da poco passate le due pomeridiane, quando i due fanciulli che menavano al pascolo le vacche dei loro rispettivi padroni a 1800 metri di altezza, sul monte Planeau, furono attratti da una luce, prima accecante poi sempre più nitida e chiara.

Incuriositi, si erano avvicinati ed avevano visto che non si trattava solo di una luce, ma di una persona: una giovane donna che nascondeva il suo viso tra le mani e piangeva. La "bella Signora" è vestita come le donne del villaggio: un abito lungo fino ai piedi, uno scialle, una cuffia sulla testa, un grembiule annodato attorno ai fianchi. Ma la cuffia, l'orlo dello scialle e i piedi sono ornati da ghirlande di rose; accanto alle rose dello scialle è visibile una pesante catena, mentre al petto porta un crocifisso con ai lati un paio di tenaglie e un martello.

La donna avvolta di luce è ora in piedi, davanti ai due pastorelli, e rivolge ad essi queste parole: "Avvicinatevi figli miei, non abbiate paura: sono qui per annunciarvi un grande messaggio. Se il mio popolo non vuole sottomettersi, sono costretta a lasciar libero il braccio di mio Figlio. Esso è così forte e così pesante che non posso più sostenerlo. Da quanto tempo soffro per voi! Poiché ho ricevuto la missione di pregare continuamente mio Figlio, voglio che non vi abbandoni, ma voi non ci fate caso […]. Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo, e non me lo volete concedere. I carrettieri non sanno che bestemmiare il nome di Dio! Queste sono le due cose che appesantiscono tanto il braccio di mio Figlio!… A Messa, d’estate, vanno solo alcune donne più anziane. Gli altri lavorano di domenica, tutta l’estate. D’inverno, quando non sanno che fare, vanno a Messa ma per burlarsi della religione. In Quaresima vanno alla macelleria come cani…. Ve l’ho fatto vedere l’anno passato con le patate: voi non ci avete fatto caso. Anzi, quando ne trovavate di guaste bestemmiavate il nome di mio Figlio. Esse continueranno a marcire e quest’anno, a Natale, non ve ne saranno più…".

Se il raccolto si guasta, la colpa è vostra

All’udire la parola "patate" (pommes de terre, in francese) Melania non capisce. Nel dialetto locale, infatti, le patate vengono chiamate "las truffas". Così la Santa Vergine, che fino a questo momento si era espressa in francese, per farsi meglio comprendere dai due piccoli veggenti che conoscono bene solo il proprio vernacolo, il patois, continua a discorrere nel loro dialetto: "Voi non capite, figli miei; ve lo dirò in altro modo. Se avete del grano, non seminatelo. Quello seminato sarà mangiato dagli insetti e quello che maturerà cadrà in polvere al momento della battitura. Sopraggiungerà una grande carestia…".

La conversazione tra la Signora e i veggenti continua poi con l’affidamento di un segreto, a cui fanno seguito queste parole: "Se si convertono, le pietre e le rocce si muteranno in mucchi di grano e le patate nasceranno da sole nei campi" .

Poi la Santa Vergine chiede confidenzialmente ai bambini: "Dite le vostre preghiere, figli miei?" – "Non molto, Signora", rispondono essi con sincerità."Ah, figli miei, bisogna dirle e bene, sera e mattino . Quando non avete tempo, dite almeno un Padre nostro o un’Ave. Quando potrete far meglio, ditene di più. Suvvia, figli miei, fatelo conoscere a tutto il popolo".

Poi la ‘bella Signora’, quasi librandosi sull’erba, sparisce in una scia di luce. I pastorelli scendono subito a valle e, ciascuno a casa del proprio padrone, raccontano ciò che è loro accaduto, tra la meraviglia e lo scetticismo dei presenti.

 

DAL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA (Nn.2168 -2195)

 

            Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro (Es 20,8-10 ) [Cf Dt 5,12-15]. Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato (Mc 2,27-28).

 

Il giorno di sabato

            Il terzo comandamento del Decalogo ricorda la santità del sabato: “Il settimo giorno vi sarà riposo assoluto, sacro al Signore” (Es 31,15).

            La Scrittura a questo proposito fa memoria della creazione: “Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro”. (Es 20,11).

            La Scrittura rivela nel giorno del Signore anche un memoriale della liberazione di Israele dalla schiavitù d'Egitto: “Ricordati che sei stato schiavo nel paese d'Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di sabato” (Dt 5,15).

            Dio ha affidato a Israele il sabato perché lo rispetti in segno dell'alleanza perenne [Cf Es 31,16]. Il sabato è per il Signore, santamente riservato alla lode di Dio, della sua opera creatrice e delle sue azioni salvifiche in favore di Israele.

            L'agire di Dio è modello dell'agire umano. Se Dio nel settimo giorno “si è riposato” (Es 31,17), anche l'uomo deve “far riposo” e lasciare che gli altri, soprattutto i poveri, “possano goder quiete” (Es 23,12). Il sabato sospende le attività quotidiane e concede una tregua. E' un giorno di protesta contro le schiavitù del lavoro e il culto del denaro [Cf Ne 13,15-22; 2Cr 36,21].

            Il Vangelo riferisce numerose occasioni nelle quali Gesù viene accusato di violare la legge del sabato. Ma Gesù non viola mai la santità di tale giorno [Cf Mc 1,21; Gv 9,16]. Egli con autorità ne dà l'interpretazione autentica: “Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato(Mc 2,27). Nella sua bontà, Cristo ritiene lecito “in giorno di sabato fare il bene” anziché “il male, salvare una vita” anziché “toglierla” (Mc 3,4). Il sabato è il giorno del Signore delle misericordie e dell'onore di Dio [Cf Mt 12,5; Gv 7,23]. “Il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato” (Mc 2,28).

 

 Il giorno del Signore

 Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso (Sal 118,24 ).

            Il giorno della Risurrezione: la nuova creazione

            Gesù è risorto dai morti “il primo giorno della settimana” (Mt 28,1; Mc 16,2; Lc 24,1; 2174  Gv 20,1). In quanto “primo giorno”, il giorno della Risurrezione di Cristo richiama la prima creazione. In quanto “ottavo giorno”, che segue il sabato, [Cf Mc 16,1; Mt 28,1] esso significa la nuova creazione inaugurata con la Risurrezione di Cristo. E' diventato, per i cristiani, il primo di tutti i giorni, la prima di tutte le feste, il giorno del Signore (“e Kyriaké eméra”, “dies dominica”), la “domenica”:

            Ci raduniamo tutti insiemi nel giorno del sole, poiché questo è il primo giorno nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia, creò il mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo, il nostro Salvatore, risuscitò dai morti [San Giustino, Apologiae, 1, 67].

  

La domenica - compimento del sabato

            La domenica si distingue nettamente dal sabato al quale, ogni settimana, cronologicamente succede, e del quale, per i cristiani, sostituisce la prescrizione rituale. Porta a compimento, nella Pasqua di Cristo, la verità spirituale del sabato ebraico ed annuncia il riposo eterno dell'uomo in Dio. Infatti, il culto della legge preparava il Mistero di Cristo, e ciò che vi si compiva prefigurava qualche aspetto relativo a Cristo: [Cf 1Cor 10,11]

            Coloro che vivevano nell'antico ordine di cose si sono rivolti alla nuova speranza, non più guardando al sabato, ma vivendo secondo la domenica, giorno in cui è sorta la nostra vita, per la grazia del Signore e per la sua morte [Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Magnesios, 9, 1].

            La celebrazione della domenica attua la prescrizione morale naturalmente iscritta nel cuore dell'uomo “di rendere a Dio un culto esteriore, visibile, pubblico e regolare nel ricordo della sua benevolenza universale verso gli uomini” [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 122, 4]. Il culto domenicale è il compimento del precetto morale dell'Antica Alleanza, di cui riprende il ritmo e lo spirito celebrando ogni settimana il Creatore e il Redentore del suo popolo.

  

L'Eucaristia domenicale

            La celebrazione domenicale del Giorno e dell'Eucaristia del Signore sta al centro della vita della Chiesa. “Il giorno di domenica in cui si celebra il Mistero pasquale, per la tradizione apostolica, deve essere osservato in tutta la Chiesa come il primordiale giorno festivo di precetto” [Codice di Diritto Canonico, 1246, 1].

            “Ugualmente devono essere osservati i giorni del Natale del Signore nostro Gesù Cristo, dell'Epifania, dell'Ascensione e del santissimo Corpo e Sangue di Cristo, della Santa Madre di Dio Maria, della sua Immacolata Concezione e Assunzione, di san Giuseppe, dei santi Apostoli Pietro e Paolo, e infine di tutti i Santi [Codice di Diritto Canonico, 1246, 1].

            Questa pratica dell'assemblea cristiana risale agli inizi dell'età apostolica [Cf At 2,42-46; 2178 1Cor 11,17]. La Lettera agli Ebrei ricorda: non disertate le vostre “riunioni, come alcuni hanno l'abitudine di fare”, ma invece esortatevi a vicenda (Eb 10,25).

            La Tradizione conserva il ricordo di una esortazione sempre attuale: “Affrettarsi verso la chiesa, avvicinarsi al Signore e confessare i propri peccati, pentirsi durante la preghiera… Assistere alla santa e divina Liturgia, terminare la propria preghiera e non uscirne prima del congedo… abbiamo spesso ripetuto: questo giorno vi è concesso per la preghiera e il riposo. E' il giorno fatto dal Signore. In esso rallegriamoci ed esultiamo” [Autore anonimo, Sermo de die dominica: PG 86/1, 416C. 421C].

                La parrocchia è una determinata comunità di fedeli che viene costituita stabilmente nell'ambito di una Chiesa particolare e la cui cura pastorale è affidata, sotto l'autorità del vescovo diocesano, ad un parroco quale suo proprio pastore” [Codice di Diritto Canonico, 515, 1]. E' il luogo in cui tutti i fedeli possono essere convocati per la celebrazione domenicale dell'Eucaristia. La parrocchia inizia il popolo cristiano all'espressione ordinaria della vita liturgica, lo raduna in questa celebrazione; insegna la dottrina salvifica di Cristo; pratica la carità del Signore in opere buone e fraterne:

            Tu non puoi pregare in casa come in chiesa, dove c'è il popolo di Dio raccolto, dove il grido è elevato a Dio con un cuore solo. Là c'è qualcosa di più, l'unisono degli spiriti, l'accordo delle anime, il legame della carità, le preghiere dei sacerdoti [San Giovanni Crisostomo, De incomprehensibili Dei natura seu contra Anomaeos, 3, 6: PG 48, 725D].

 

L'obbligo della domenica

            Il precetto della Chiesa definisce e precisa la legge del Signore: “La domenica e le altre feste di precetto i fedeli sono tenuti all'obbligo di partecipare alla Messa” [Codice di Diritto Canonico, 1247]. “Soddisfa il precetto di partecipare alla Messa chi vi assiste dovunque venga celebrata nel rito cattolico, o nello stesso giorno di festa, o nel vespro del giorno precedente” [Codice di Diritto Canonico, 1247].

            L'Eucaristia domenicale fonda e conferma tutto l'agire cristiano. Per questo i fedeli sono tenuti a partecipare all'Eucaristia nei giorni di precetto, a meno che siano giustificati da un serio motivo (per esempio, la malattia, la cura dei lattanti o ne siano dispensati dal loro parroco) [Cf ibid., 1245]. Coloro che deliberatamente non ottemperano a questo obbligo commettono un peccato grave.

            La partecipazione alla celebrazione comunitaria dell'Eucaristia domenicale è una testimo-nianza di appartenenza e di fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa.(…)

 “Se per mancanza del ministro sacro o per altra grave causa diventa impossibile la partecipazione alla celebrazione eucaristica, si raccomanda vivamente che i fedeli prendano parte alla Liturgia della Parola, se ve n'è qualcuna nella chiesa parrocchiale o in un altro luogo sacro, celebrata secondo le disposizioni del vescovo diocesano, oppure attendano per un congruo tempo alla preghiera per-sonalmente o in famiglia, o, secondo l'opportunità, in gruppi di famiglie” [Codice di Diritto Canonico, 1248, 2].

 

 Giorno di grazia e di cessazione dal lavoro

            Come Dio “cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro” (Gen 2,2), così anche la vita dell'uomo è ritmata dal lavoro e dal riposo. L'istituzione del giorno del Signore contribuisce a dare a tutti la possibilità di “godere di sufficiente riposo e tempo libero che permetta loro di curare la vita familiare, culturale, sociale e religiosa” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 67].

            Durante la domenica e gli altri giorni festivi di precetto, i fedeli si asterranno dal dedicarsi a lavori o attività che impediscano il culto dovuto a Dio, la letizia propria del giorno del Signore, la pratica delle opere di misericordia e la necessaria distensione della mente e del corpo [Cf Codice di Diritto Canonico, 1247]. Le necessità familiari o una grande utilità sociale costituiscono giustificazioni legittime di fronte al precetto del riposo domenicale. I fedeli vigileranno affinché legittime giustificazioni non creino abitudini pregiudizievoli per la religione, la vita di famiglia e la salute.

            E' doveroso per i cristiani che dispongono di tempo libero ricordarsi dei loro fratelli che hanno i medesimi bisogni e i medesimi diritti e non possono riposarsi a causa della povertà e della miseria. Dalla pietà cristiana la domenica è tradizionalmente consacrata alle opere di bene e agli umili servizi di cui necessitano i malati, gli infermi, gli anziani. I cristiani santificheranno la domenica anche dando alla loro famiglia e ai loro parenti il tempo e le attenzioni che difficilmente si possono loro accordare negli altri giorni della settimana. La domenica è un tempo propizio per la riflessione, il silenzio, lo studio e la meditazione, che favoriscono la crescita della vita interiore e cristiana.

            Santificare le domeniche e i giorni di festa esige un serio impegno comune. Ogni cristiano deve evitare di imporre, senza necessità, ad altri ciò che impedirebbe loro di osservare il giorno del Signore. Quando i costumi (sport, ristoranti, ecc) e le necessità sociali (servizi pubblici, ecc) richiedono a certuni un lavoro domenicale, ognuno si senta responsabile di riservarsi un tempo sufficiente di libertà. I fedeli avranno cura, con moderazione e carità, di evitare gli eccessi e le violenze cui talvolta danno luogo i diversivi di massa. Nonostante le rigide esigenze dell'economia, i pubblici poteri vigileranno per assicurare ai cittadini un tempo destinato al riposo e al culto divino. I datori di lavoro hanno un obbligo analogo nei confronti dei loro dipendenti.

            Nel rispetto della libertà religiosa e del bene comune di tutti, i cristiani devono adoperarsi per far riconoscere dalle leggi le domeniche e i giorni di festa della Chiesa come giorni festivi. Spetta a loro offrire a tutti un esempio pubblico di preghiera, di rispetto e di gioia e difendere le loro tradizioni come un prezioso contributo alla vita spirituale della società umana. Se la legislazione del paese o altri motivi obbligano a lavorare la domenica, questo giorno sia tuttavia vissuto come il giorno della nostra liberazione, che ci fa partecipare a questa “adunanza festosa”, a questa “assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli” (Eb 12,22-23).

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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