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GENNAIO 2011

     

 

     L'ARTE DI PURIFICARE LA MENTE

 

Impegno a vigilare perché il tentatore non rovini il progetto di Dio in noi.

 

LA VIGILANZA:

               

“Vigilate, state saldi nella fede” (1Cor 16,13) E’ S. Paolo che ci esorta, ma prima di lui ci ha esortato Gesù con la parabola delle dieci vergini (Mt 25,1-13)

Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.

 

Il portinaio vigile sta attento perché non entrino estranei in casa: Giovanni Paolo II ha affidato ai giovani il compito di sentinelle del mattino del nuovo millennio. Molto più dovremmo esserlo noi adulti e genitori.

La porta da vigilare è quella del nostro cuore. Abbiamo detto che il male può entrare dall’esterno, perché le fonti di tentazione sono esterne a noi: demonio, mondo corrotto. In noi possiamo trovare la tendenza al male, ereditata dai nostri progenitori. Come dentro certe mele, belle a vedersi, può nascondersi il verme nato dall’uovo deposto nel calice del fiore prima dell’impollina-zione, così nel nostro cuore possono esserci tendenze cattive, ereditate nel momento della gestazione: peccato originale.

Vigilare il cuore significa stare attenti a ciò che in esso germoglia e agli stimoli esterni dai quali è sollecitato. Il processo di penetrazione del male in noi ha 5 momenti: suggestione, colloquio, combattimento, consenso, passione. Sappiamo di non peccare nel momento della suggestione e neanche nel momento del dialogo, perché non ci è negato di usare la nostra intelligenza, anche se abbiamo bisogno di molta luce di Spirito Santo per non essere sedotti e ingannati dal tentatore molto più scaltro di noi, o dalla logica del mondo, spesso ammantata di buon senso, che spesso copre un grande egoismo e il segreto desiderio di gestire la propria vita prescindendo da Dio.

Il momento della suggestione è molto delicato e i maestri di spirito s’impegnano a combatte-re le battaglie spirituali proprio in questo stadio. Questa fase si combatte soprattutto nella mente.  

            Le riunioni formative hanno il compito di insegnarci a riconoscere i nostri nemici spirituali e ad imparare il loro modo di comportarci per poterli contrastare. Si propongono anche di aiutarci a riconoscere i nostri punti deboli, stimolandoci ad analizzare la nostra vita e a smascherare i nostri egoismi nascosti, per sapere quali sono i punti nevralgici in cui il nemico, che ci studia e ci conosce più di quanto facciamo noi, può sferrare i suoi attacchi.

            Se è vero che si arriva al peccato solo nel momento del libero consenso, è anche vero che il cristiano non può accontentarsi dell’indispensabile, ma deve scegliere la prevenzione per garantirsi non solo la salvezza ma la santificazione e la gloria di Dio. Il cristiano è chiamato a compiere il bene e a promuoverlo, perciò non può permettersi di perdere tempo ed energie. E’ necessario dunque tenere a bada la fantasia e cercare di non scendere a compromessi con il tentatore. Abbiamo perciò bisogno di riconoscere immediatamente se la fantasia o il pensiero che viene ad occupare la nostra mente merita di essere assecondato oppure no.

            In questo lavoro ci è di esempio Gesù. Egli, pur essendo Dio, si è fatto uomo proprio per essere nostro modello. S. Matteo, al cap. 4,1-11, ci riporta il suo combattimento contro il tentatore.

Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto:

Non di solo pane vivrà l'uomo,ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».

Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo,ed essi ti sorreggeranno con le loro mani,perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede».Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non tentare il Signore Dio tuo».

Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai».

Ma Gesù gli rispose: «Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto».

Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano.

 

            Gesù aveva fame e il luogo era deserto. Questa situazione di bisogno era l’unico punto fragile che il tentatore poteva sfruttare, ma era sufficiente per tentare l’assalto: “Hai fame! Ma Tu sei il Figlio di Dio! Dì a queste pietre che diventino pane!”

            Noi forse in questa situazione avremmo preso in considerazione la possibilità di attuare il suggerimento, vista l’eccezionalità della cosa (si trovava in un deserto), inoltre essendo soli non avremmo scandalizzato nessuno.

            Ma la coscienza vigile di Gesù non perde tempo a trattare con il tentatore e immediata-mente si pone dalla parte del credente perfetto, che aspetta tutto da Dio e a Lui si affida, aspettando con pazienza che sia Lui a provvedere, nutrendosi intanto della Sua volontà. Risponde infatti: “Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».

Gesù, in questa occasione ci fa capire che i punti fragili dell’uomo, ferito dal peccato, sono tre: il piacere, l’avere e il potere, cioè il prestigio.

            Il tentatore, sconfitto circa la tentazione a soddisfare il piacere, per la tempestività e la fermezza di Gesù nel respingerla, prova a suggestionarlo con la brama di potere: lo conduce sul pinnacolo del tempio e lo invita a calarsi nel cortile su ali di angeli. Quale migliore biglietto da visita? Conoscendo le difficoltà che avrebbe incontrato con il sinedrio, poteva sembrare perfino un’ispirazione! Ma Gesù sa che non si può pretendere l’intervento di Dio, estorcendogli il miracolo con la temerarietà; il miracolo è sempre un dono gratuito della bontà divina. Perciò risponde: “Non tentare il Signore Dio tuo». (2° comandamento).

            Sconfitto anche su questo secondo punto, sfrutta il fatto che Gesù, durante gli anni della sua predicazione, non sapeva dove posare il capo, cioè non aveva fissa dimora, dipendeva dalla carità del prossimo e questa situazione di pellegrino, in condizioni sempre precarie, non era certo facile. Se avesse avuto un territorio su cui essere signore sicuramente avrebbe potuto annunciare la sua dottrina in maniera vantaggiosa: «Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai».

Il demonio ha sempre voluto usurpare a Dio ciò che appartiene a Lui solo: l’adorazione. Ma Gesù prontamente lo respinge con le parole della Bibbia: «Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto». (1° comandamento).

Gesù ha respinto tutte e tre le tentazioni al primo stadio, non ha perso tempo col tentatore e lo ha allontanato con le parole della Bibbia, in forma breve, ferma e decisa. Egli aveva a suo vantaggio la conoscenza della scrittura e la volontà irrobustita dalla preghiera e dal digiuno.

Noi passiamo spesso al colloquio, ci sembra di dover interpretare le possibilità con “buon senso”, ci sembra di dover essere prudenti, di non essere tenuti alla santità.

Evagrio, monaco egiziano e maestro di spiritualità, scelse 8 brani della Bibbia e li ordinò secondo le 8 categorie di pensieri malvagi:

1.  gola,           2.  lussuria,      3.  avarizia,     4.  tristezza,

5.  ira,              6.  accidia,      7.  superbia,    8.  invidia.

Questo è un metodo collaudato da Gesù stesso. Ma la gente semplice non ha dimestichezza con le scritture, si iniziò così ad usare la cosiddetta “preghiera di Gesù”, che consiste nel ripetere: Signore Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore”, perché anche il solo nome di Gesù mette in fuga il demonio. Il famoso pellegrino russo sintonizzava il nome di Gesù ai battiti del cuore e alla respirazione. Questo è il metodo più efficace per raggiungere la preghiera incessante e serve soprattutto a scacciare ogni cattivo pensiero. Facciamo la prova quando siamo tentati di adirarci, di vendicarci, di peccare di lussuria, ecc.

            Ma è proprio necessario eliminare tutte le cattive suggestioni?

            Non ci è chiesto questo, ci è chiesto solo di combatterle con l’aiuto della grazia. A S. Paolo che chiedeva a Dio: “Chi mi libererà da questo corpo di morte?”. Gesù rispose: “Ti basta la mia grazia”. Ma la grazia ci viene data istante per istante, secondo il bisogno. Dio, se vuole, può anche liberarci da qualche tentazione e farci sperimentare la pace del cuore, ma bisogna stare attenti perché c’è anche una finta pace che viene dal maligno, il quale c’illude, facendoci credere che il combattimento è finito, per indurci ad allentare la vigilanza. L’uomo spirituale sa che finché è quaggiù non può ritenersi mai al sicuro, ci sono verifiche giornaliere a cui deve rispondere, per cui deve sempre vigilare alla porta della sua mente e del suo cuore, per capire se il demonio, attraverso un sottile orgoglio o un difetto travestito, sta tendendo le sue insidie.

            Questa vigilanza della mente e del cuore si può chiamare “sobrietà spirituale” o più semplicemente “attenzione”. Il vero atto umano è sempre consapevole e libero. Anche per la vera preghiera si esige attenzione, presenza psicologica, autocontrollo. Se la mente è occupata in altro, si possono recitare formule ma non si stabilisce un contatto con l’Eterno.

            La capacità di controllarsi  è un dono della natura e di Dio, ma si può ottenere anche con l’impegno e la buona volontà, perché Dio benedice l’uomo di buona volontà. Sicuramente la capacità di attenzione può essere aumentata anche con appropriati esercizi, generalmente è favorita dall’età adulta: man mano che le cose futili perdono valore, aumenta la capacità di concentrare la vita dentro di sé. L’attenzione converge su ciò che resta: la sapienza, che è dono dello Spirito, ci permea, allora ritiriamo i nostri pensieri dalle cose vane e li convergiamo su Dio.

            Questo esercizio non è facile. Inizialmente la solitudine o la perdita di valore delle cose della terra sembrano impoverirci. Non siamo ancora in grado di apprezzare e gustare le cose divine. Questi sentimenti negativi ci bloccano ancora in noi stessi a leccarci le piaghe, ma, man mano che ce ne liberiamo, cominciamo ad apprezzare il dono del silenzio, lo stesso dono dell’impossibilità di lavorare come una volta, il dono della preghiera. Perché, checché se ne dica, tutto è dono, anche la malattia, la vecchiaia, la solitudine, la morte…

            A questo punto Dio ci prende, ci inserisce nel suo mistero e ci conduce nel suo Regno, pur lasciandoci in terra. Il dialogo con Lui ci mette a parte della Sua onnipotenza, i suoi desideri diventano i nostri desideri, vogliamo solo ciò che Dio vuole, facciamo solo ciò che Dio vuole, uniamo al sacrificio di Cristo quanto ci resta: l’attività o l’inattività, la salute o la malattia, la vita o la morte. In sintesi la nostra anima diventa un altare in cui continuamente si offre a Dio l’oro della carità, l’incenso dell’orazione, la mirra della mortificazione.

            Se siamo ancora molto distratti e se le cose di quaggiù ci occupano e ci preoccupano ancora molto, è indice che Dio ci ha preso poco. Come è difficile distrarre un accanito tifoso dalla partita della sua squadra, così è difficile distrarre un appassionato amante di Dio dalla preghiera. L’attenzione è figlia della passione. Il problema allora non è come favorire l’attenzione, ma come far crescere l’amore. Le passioni sono movimenti di attrazione o repulsione verso qualcosa o qualcuno. Si può avere passione per il gioco, per l’arte, per una persona, per Dio. Le passioni turbano la serenità e diminuiscono la nostra libertà. Esse possono essere buone o cattive in base al fine che ci prefiggiamo. Sono cattive se ci allontanano dal fine ultimo: Dio; sono buone se lo favoriscono. Se sono cattive producono frutti di tristezza ma contemporaneamente producono una sorta di voluttà che genera concupiscenza, desiderio forte di procurarsi il piacere che la passione stimola.

            Le passioni principali sono 4: tristezza, paura, voluttà e concupiscenza. Si possono paragonare a 4 donne litigiose che vivono nella stessa casa: gli stoici sostengono che non ci sarà mai pace finché non le avremo scacciate tutte e quattro.

            Il pensiero stoico però non è il pensiero di Gesù. Gesù non c’insegna a diventare insensibili ma a tenere sotto controllo le passioni: se sono cattive vanno respinte fin dal sorgere, perché è più facile non restarne travolti, se sono buone bisogna dirigerle. Come una macchina potente va guidata da mani esperte, così le passioni potenti vanno indirizzate da una persona autocontrollata.

            Le passioni nascono dalla sensibilità, che non tutti possiedono con la stessa intensità: chi ha una forte sensibilità soffre e gode di più, ma tutto è proporzionato alle possibilità dell’individuo. Anche le tentazioni sono meno forti in chi è meno sensibile. L’uomo spirituale deve solo imparare a conoscere se stesso e deve, con l’aiuto dello Spirito, imparare a riconoscere fin dal sorgere la natura delle suggestioni che popolano la sua mente, per respingere abilmente le insidie diaboliche e assecondare le ispirazioni della grazia.

            Se Dio vuole può anche darci il dono della santa apatia, cioè dell’insensibilità al male, ma questo è frutto dell’impegno costante e della grazia elargita da Dio in maniera insindacabile. In questo caso la creatura vive fin da quaggiù in uno stato di pace: è una sorta di resurrezione dell’anima prima della risurrezione del corpo. Comunque anche per le persone che hanno raggiunto questo stato di grazia, vale l’esortazione evangelica: “Vigilate!”, finché si vive su questa terra nessuno può sentirsi sicuro.

            C’è da notare che il dominio di sé ottenuto dalle persone spirituali non è insensibilità cadaverica ma è “fuoco divorante” di carità. E’ il fuoco divino che brucia le tentazioni sul nascere.

            Sant’Efrem dice: “Alla minestra calda nessun insetto si avvicina, vi cadono solo quando si raffredda, così il fuoco divino brucia le passioni cattive sul nascere. Se amiamo sinceramente Dio, la nostra stessa carità scaccia le passioni malvagie”. E S. Massimo aggiunge: “La carità tiene unite le forze dell’uomo sotto la direzione dello Spirito Santo”. Modello di tale ideale è Maria.

            La Sacra Famiglia è modello di fedeltà e armonia coniugale e familiare. Ma se i tre di Nazareth non avessero esercitato una decisa disciplina spirituale, il tentatore avrebbe portato scompiglio e disordine anche tra di loro. Discordanza = allontanamento dei cuori.

            L’elezione divina, lo stesso concepimento verginale di Maria non sono garanzia di assenza di lotta. Anche Eva era stata creata senza peccato e peccò, solo la buona volontà di aderire al piano di Dio, di fare la Sua volontà, di credere anche quando non si capisce, è garanzia di fedeltà, perché dove c’è buona volontà Dio riversa la sua grazia.

            Tutte le nostre discordanze familiari hanno origine nella nostra non disponibilità ad accoglierci, a soffrire per amore le tribolazioni familiari, a vincere la tentazione di ricercare la felicità qui in terra. Ci sembra di averne diritto, ma chi mai ci ha dato tale privilegio? Non l’ha avuto neanche l’innocente Figlio di Dio, la cui vita è stata croce e martirio fin dal concepimento. Se Gesù, Giuseppe e Maria hanno conservato la presenza di spirito nelle difficoltà, questo è successo perché si sono fidati di Dio. Per Maria e Giuseppe la fede è stato un dono di conquista. Dio guida tutti attraverso i suoi angeli e attraverso gli eventi; se noi ci smarriamo, andiamo in crisi e lasciamo il cammino di fede, è perché la nostra fede è debole, e più le difficoltà sono grandi, più pensiamo di dovercela cavare da soli; loro, al contrario, non hanno ragionato come noi, si sono fidati di Dio e Dio li ha guidati alla perfezione del dono di sé, che è il massimo a cui può aspirare l’uomo. Se il “dono di sé” passa per il calvario, si sale faticosamente ma si soffre, si offre e si muore per amore.

            Sicuramente a noi la morte non sembra un traguardo desiderabile perché ancora non abbiamo capito l’economia divina. La salvezza consiste nel fatto che la morte ha perso il suo potere distruttivo, per diventare passaggio alla Vita.

 

QUESTIONARIO DI VERIFICA PERSONALE:

 

    1. Ti sembra di essere abbastanza vigilante perché nel tuo cuore non entri nulla di cattivo?
    2. Sai distinguere un’ispirazione da una tentazione?
    3. Quali sono le tentazioni principali? Cosa fai per respingerle?
    4. Conosci il Vangelo in modo da poterti servire della Parola di Dio per respingere le tentazioni?
    5. Vuoi fare una ricerca sul Vangelo per trovare le frasi più idonee ad allontanare ogni tipo di tentazione?
    6. Che te ne pare della preghiera del pellegrino russo? Ti sembra possibile farla tua?
    7. Sai riconoscere la pace che viene da Dio dalla falsa pace che viene dal maligno?

     

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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