LA CARITA’ REGINA DELLE SCIENZE UMANE
Il nostro mondo è in evoluzione continua, per certi aspetti questa evoluzione è positiva, come nel campo della tecnologia, che ci fornisce sempre nuovi strumenti, che facilitano il nostro lavoro, per altri aspetti è negative, soprattutto sul piano dei valori che sono alla base del vivere civile perché una sorta di orgoglio stolto, che noi chiamiamo progresso, ci dà l’ardire di sradicarci dalla nostra millenaria cultura umana e cristiana.
Ma cosa sono i valori?
I valori, direbbe il Papa, sono principi non negoziabili, generalmente condivisi, in base ai quali i legislatori formulano le leggi che devono governare i popoli.
Volendoli paragonare ad un edificio, i valori sono i pilastri di base, che danno solidità alle fondamenta; sono i muri maestri, che non vanno toccati, pena il crollo dell’edificio stesso.
La nostra società, infarcita di una filosofia relativista, ha preteso o pretende di sradicare i valori universali quali:
- il diritto alla vita,
- il diritto all’alimentazione e all’acqua, beni indispensabili alla vita,
- il diritto alla libertà religiosa
- il diritto alla fedeltà nel coniugio,
- l’uso equilibrato della libertà, che ha i suoi confini dove comincia quella altrui,
- il diritto al piacere, sempre che non sia procurato a scapito degli altri,
- il diritto all’uso dei beni procurati lecitamente, ecc.
L’uomo moderno, essendo stato confuso da idee non ponderate, ha reclamato diritti che non ha e ha preteso, valendosi della legge della democrazia, che si fonda sui numeri (cioè sulla maggioranza numerica dei votanti, ottenuta spesso con una propaganda falsa e disonesta), “leggi secondo l’opinione pubblica” e non secondo il retto pensare.
Così si è ingenerata una confusione incredibile, che scatena conflitti tra ragione diseducata e coscienza.
Questo conflitto si ripercuote sulla famiglia, dove non ci si capisce più, perché i singoli membri di essa danno più importanza al proprio piacere, al proprio benessere che a quello degli altri membri. Questi ultimi si sentono trascurati, usati, mortificati psicologicamente e spiritualmente, tristi e soli. La famiglia si riduce spesso ad un albergo, dove ognuno provvede a se stesso, senza incontrarsi e arricchirsi nella relazione amorosa, ma rimanendo nella propria povertà e solitudine creaturale.
I politici, dell’enciclica del Papa pare che abbiano capito che tutti i cittadini del mondo, hanno diritto al cibo e all’acqua; non so se hanno capito che più del pane e dell’acqua gli uomini hanno bisogno di senso, di valori, di ordine, di armonia interiore, di pace del cuore… e queste cose si ottengono rifondando la loro vita sulle basi solide dei valori evangelici, della carità nella verità dell’essere. La verità dell’essere è che uomo non è come gli animali che, dopo aver soddisfatto i loro bisogni si tranquillizzano, l’uomo ha un’anima che ha bisogno di Dio, ha una psiche che ha bisogno di amore, ha un’intelligenza che ha bisogno di verità. La sola scienza, la sola tecnologia non bastano. Se gli italiani sono cellulari-dipendenti è perché hanno bisogno di relazioni per dare senso al loro vivere, perché nonostante tutti gli sforzi di Satana, il senso della famiglia è vivo; la famiglia italiana è malata, ma non è morta, come alcuni vogliono farci credere. Ma a dare tranquillità sono le relazioni stabili non il “mordi e fuggi” che comunque sta inquinando il nostro tessuto sociale.
FORMAZIONE DI UNA COSCIENZA SOLIDALE
La globalizzazione ci obbliga a pensare e a programmare a dimensioni mondiali. Questo vuol dire che non possiamo preoccuparci unicamente di procurare, cibo, acqua, lavoro, cure mediche, scuole, ecc agli Italiani o a quelli della nostra famiglia, della nostra cultura, della nostra religione. Oggi il mercato e quindi il lavoro si può procurare solo se non si esclude nessun popolo, solo se, sia pure investendo a fondo apparentemente perduto, procuriamo questi beni anche agli altri: ai terzomondiali, ai Paesi emergenti, ai profughi e quelli di culture diverse.
Oggi il dialogo, che in politica si chiama diplomazia, è diventato un obbligo, se non vogliamo soccombere per crisi finanziaria o altro. Ma il dialogo, forse, è la cosa più difficile in assoluto. Ne abbiamo una palestra di allenamento nelle famiglie: vogliamo il bene dei nostri cari, ma mentre noi individuiamo il bene in certe cose, i figli lo individuano in altre cose, che noi riteniamo pericolose.
C’è allora da fare un lavoro di tessitura delle idee, perché si armonizzino in un disegno accettato da tutti. Se questo è difficile in casa e non si ottiene nulla finché qualcuno/a non decide di pagare di persona, rinunciando alle sue ragioni, ai suoi diritti e non s’impegna a cambiare il suo atteggiamento, perdendo se stesso/a, per far crollare le difese altrui; così, a livello mondiale, non si otterrà niente se i Paese cosiddetti progrediti, non penseranno in termini di gratuità, di promozione, di facilitazione dei problemi altrui, per alzare il livello dei popoli oppressi e favorire così l’osmosi di una civiltà a livello globale, dove i membri si confrontino alla pari, difendendo le proprie prerogative, che sono ricchezza dell’umanità, dove tutti possano attingere alle fonti comuni, per valorizzare le proprie risorse.
Ormai si deve pensare al mondo come ad una famiglia, dove l’amore, il vincolo del sangue ci fa promuovere i fratelli, le sorelle, anche aiutandoli, se è necessario, gratuitamente e per amore.
L’altro, sia esso fratello, extracomunitario, popolo oppresso, deve essere un assillo per me, quasi mi deve rincrescere di godere dei miei beni, se l’altro ne è sprovvisto.
E’ una sfida che si pone al nostro tempo, ricco di promesse e di incognite. Se riusciremo a superare indenni questo nodo della nostra storia, potremo vivere sereni per molto tempo.
INTERDISCIPLINARIETA’ ORDINATA
Per raggiungere questi traguardi di riorganizzazione dei progetti umani, di ridimensiona-mento di noi stessi, è bene interpellare tutte le scienze che riguardano l’uomo: la sociologia, l’antropologia, la psicologia, lo studio dell’ambiente, la storia dei popoli, la religione, devono essere ordinatamente e rispettosamente prese in considerazione, senza discriminarne alcuna, perché forse quella che discriminiamo, può custodire il segreto della riuscita. Finora la discriminata è stata la religione, il rapporto con Dio, la relazione dell’uomo con Lui; l’Illuminismo aveva dato l’illusione che la scienza avrebbe dato all’uomo tutte le risposte, ma il tempo e le applicazioni di queste teorie hanno dimostrato la loro inconsistenza: l’uomo moderno non è felice, l’uomo moderno continua la sua ricerca, appesantito e ostacolato però da un’ignoranza colpevole da parte dei genitori e della società tutta.
Un intervento, un provvedimento che si rispetti, deve partire sempre dal più svantaggiato dei fruitori del provvedimento stesso. Se l’ultimo non è compreso, vuol dire che il provvedimento lascia fuori qualcuno e quindi non è universale, non è globale, non crea comunione.
Così in famiglia non si possono organizzare le spese straordinarie, le vacanze, gli studi dei figli se non si parte dal più fragile della famiglia, che può essere il genitore anziano o malato, il neonato, il ritardato, lo svogliato, il labile mentale, ecc
Questo modo di pensare e di agire richiede la sapienza del cuore che è dono dello Spirito.
Il Papa dice testualmente: “La carità non esclude il sapere, anzi lo richiede, lo promuove e lo anima dall’interno. Il sapere non è mai solo opera dell’intelligenza. Può certamente essere ridotto a calcolo e a esperimento, ma se vuole essere sapienza capace di orientare l’uomo alla luce dei principi primi e dei suoi fini ultimi, deve essere ‘‘condito’’con il «sale» della carità. Il fare è cieco senza il sapere e il sapere è sterile senza l’amore. Infatti, «colui che è animato a una vera carità è ingegnoso nello scoprire le cause ella miseria, nel trovare i mezzi per combatterla, nel vincerla risolutamente». Nei confronti dei fenomeni che abbiamo avanti, la carità nella verità richiede prima di tutto di conoscere e di capire, nella consapevolezza e nel rispetto della competenza specifica di ogni livello del sapere. La carità non è un’aggiunta posteriore, quasi un’appendice a lavoro ormai concluso delle varie discipline, bensì dialoga con esse fin dall’inizio. Le esigenze dell’amore non contraddicono quelle della ragione. Il sapere umano è insufficiente e le conclusioni delle scienze non potranno indicare da sole la via verso lo sviluppo integrale dell’uomo. C’è sempre bisogno di spingersi più in là: lo richiede la carità nella verità. Andare oltre, però, non significa mai prescindere dalle conclusioni della ragione né contraddire i suoi risultati. Non c’è l’intelligenza e poi l’amore: ci sono l’amore ricco di intelligenza e l’intelligenza piena d amore .
Questo significa che le valutazioni morali e la ricerca scientifica devono crescere insieme e che la carità deve animarle in un tutto armonico interdisciplinare, fatto di unità e di distinzione. La dottrina sociale della Chiesa, che ha «un’importante dimensione interdisciplinare», può svolgere, in questa prospettiva, una funzione di straordinaria efficacia. Essa consente alla fede, alla teologia, alla metafisica e alle scienze di trovare il loro posto entro una collaborazione a servizio dell’uomo. E’ soprattutto qui che la dottrina sociale della Chiesa attua la sua dimensione sapienziale. Paolo VI aveva visto con chiarezza che tra le cause del sottosviluppo c’è una mancanza di sapienza, di riflessione, di pensiero in grado di operare una sintesi orientativa, per la quale si richiede «una visione chiara di tutti gli aspetti economici, sociali, culturali e spirituali». L’eccessiva settorialità del sapere, la chiusura delle scienze umane alla metafisica, le difficoltà del dialogo tra le scienze e la teologia sono di danno non solo allo sviluppo del sapere, ma anche allo sviluppo dei popoli, perchè, quando ciò si verifica, viene ostacolata la visione dell’intero bene dell’uomo nelle varie dimensioni che lo caratterizzano. L’«allargamento del nostro concetto di ragione e dell’uso di essa» è indispensabile per riuscire a pesare adeguatamente tutti i termini della questione dello sviluppo e della soluzione dei problemi socio-economici”.
Quanto detto dal Papa è vero anche per il singolo, per la famiglia, per tutti, piccoli e grandi: se non prendiamo in considerazione tutti gli aspetti del nostro essere: il corpo, la psiche, l’intelligenza, l’anima… Se non diamo la stessa importanza alla salute, allo studio, alla psiche e all’anima non ci educheremo nella nostra integrità, ci mancherà sempre qualche tassello, non saremo interamente realizzati, ci sentiremo perciò mancanti, insoddisfatti, vuoti.
Se questo è vero a livello personale, lo è a maggior ragione a livello planetario. Il Papa considera la globalizzazione come una grande opportunità offerta all’uomo moderno e alla Chiesa, purché sia pilotata adeguatamente. Ecco le sue parole:
“La novità principale (del nostro tempo) è stata l’esplosione dell’interdipendenza planetaria, ormai comunemente nota come globalizzazione. Paolo VI l’aveva parzialmente prevista, ma i termini e l’impetuosità con cui essa si è evoluta sono sorprendenti. Nato dentro i Paesi economicamente sviluppati, questo processo per sua natura ha prodotto un coinvolgimento di tutte le economie. Esso è stato il principale motore per l’uscita dal sottosviluppo di intere regioni e rappresenta di per sé una grande opportunità. Tuttavia, senza la guida della carità nella verità, questa spinta planetaria può concorrere a creare rischi di danni sconosciuti finora e di nuove divisioni nella famiglia umana. Per questo la carità e la verità ci pongono davanti a un impegno inedito e creativo, certamente molto vasto e complesso. Si tratta di dilatare la ragione e di renderla capace di conoscere e d’orientare queste imponenti nuove dinamiche, animandole nella prospettiva di quella «civiltà dell’amore» il cui seme Dio ha posto in ogni popolo, in ogni cultura”.
Ma è inutile che ci illudiamo: La civiltà dell’amore nasce dalla culla. Se non si risana la famiglia, non possiamo sperare in un risanamento della società. La società siamo noi, la civiltà dell’amore è nelle nostre mani, nasce nel nostro cuore illuminato dall’intelligenza sapiente, che non lascia fuori l’artefice principale: Dio, il nostro Creatore e Signore. “Ma da chi andremo, Signore? disse Pietro, Tu solo hai parole di vita eterna!” e S. Agostino completa: “Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te”, e lui aveva bevuto alle polle inquinate del mondo, aveva sperimentato la trasgressione, ma la sua sete di felicità, di pienezza, di senso l’aveva trovata solo quando si era arreso al Dio vero, al Dio unico e aveva accettato il suo piano divino completamente, senza sconti di sorta.
LA CARITA’ ANIMA DELLA RICERCA SCIENTIFICA
La scienza da sola non basta a soddisfare le esigenze dell’uomo, nato per un destino eterno. L’uomo moderno tenta di scardinare il creato dal Creatore, ma la sua mente blasfema partorisce aborti mostruosi e i giornali se ne fanno portavoce. Ma per quanto si possa imbrattare, nel fondo del suo cuore resta sempre il morso della coscienza che lo rende infelice.
L’uomo moderno con la clonazione pensa di risolvere il problema della sterilità maschile e risolvere così il rapporto uomo – donna, diventato difficile.
Per rendersi indipendente dal Creatore, cerca la particella intelligente da cui ha avuto origine il big – ben della creazione, in maniera spontanea o casuale e non da una volontà d’amore da parte di Dio onnipotente e buono.
Si vuol clonare perfino Gesù Cristo per poter dire che era un uomo come un altro e non il nostro Redentore e Salvatore…
Ma come si possono clonare le anime? Come spegnere l’anelito verso l’eterno inscritto nella nostra natura fin dal nascere?
Di queste e di infinite altre aberrazioni la famiglia ha qualche responsabilità, perché non educa i figli alla fede e se lo fa si limita ad una fede tradizionale, fatta di qualche partecipazione sporadica alla vita della Chiesa, sottovalutando i mezzi di grazia che abbiamo per poter alimentare e fortificare la fede, per difenderci dalle tentazioni del materialismo, per tener vivo il nostro rapporto con Dio. Una fede tradizionale non basta per fronteggiare le sfide serie che il nostro mondo ateo ed edonista ci pone.
Se non rimediamo tempestivamente a questa situazione, le nuove generazioni dovranno lottare fortemente per impermeabilizzare la coscienza, la psiche, la stessa intelligenza, e difendersi così dal male che sapranno farsi a vicenda.
Siamo ancora in tempo per evitare il peggio e Dio è con noi, per aiutarci ad uscire dalla strozzatura dei disvalori in cui ci siamo cacciati, ma la nostra fede è debole, il nostro rapporto con Dio è imbalsamato in formule vuote di significato; solo un intervento dall’Alto ci può svegliare da questo narcotico soporifero, che ci tiene come sonnambuli incapaci di deciderci per Dio. La Madonna a Medugorje ce lo chiede da 28 anni, diamole il nostro sì.
Interroghiamoci:
- In che consiste la nostra fede? In chi crediamo? In chi speriamo? Che significa il nostro andare in chiesa? La preghiera è forse un soliloquio verso un cielo vuoto?
- Abbiamo capito che per risolvere i problemi del nostro tempo dobbiamo aprirci alla solidarietà universale, ma a cominciare dalla famiglia?
- Cerchiamo di educarci e di educare i nostri figli integralmente: corpo, cuore, mente, anima?
- Siamo capaci di andare contro corrente, per non essere travolti dalla cultura di morte fisica e spirituale del nostro tempo?
- Approfondiamo con passione la Parola di Dio, per conoscerlo sempre meglio e intensificare il nostro rapporto personale con Lui?
- Capiamo l’importanza di questa enciclica del Papa per ripensare ad un mondo a dimensione planetaria e cercare di stabilire in esso la civiltà dell’amore?