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OTTOBRE 2006

     

 

EROS, PHILIA, AGAPE

Riflessioni sull'enciclica di Benedetto XVI “Deus caritas est”

 

Cos'è l'amore?    

  Amore, una parola usata e abusata, logorata, snaturata… ma chi la usa, sia pure in maniera impropria, sa di appellarsi a qualcosa di fronte al quale bisogna chinare la testa, anche se ciò che chiama “amore è solo una passione disordinata. Nessun impudico direbbe: “Ho commesso un adulterio”, preferisce dire: “Mi sono innamorato”. Che poi il sentimento sia ordinato in un piano di relazioni stabili, responsabili, generose, oblative… non si tiene conto; si vive il momento senza crearsi problemi. In realtà in questo caso si vive il proprio egoismo, si ricerca la propria gratificazione, senza pensare ai problemi che si causano all'altra persona o alle altre persone a cui avevano legato la vita; si vive il “Carpe die” degli Epicurei o il “Cogli l'attimo, assaporalo e poi gettalo via!” degli Umanisti, oggi diciamo: “Usa e getta”. Le frasi cambiano ma l'uomo è sempre stato egoista e il tempo che passa non lo porta a perfezionarsi nella virtù ma nel vizio.

  Questo modo di vivere può chiamarsi amore?

  No, esso è l'esatto contrario dell'amore. Il nome che corrisponde a questo modo di vivere è “erotismo” , ed è esigenza di placare le pulsioni della natura, per altro super eccitata da immagini, parole, modelli che esaltano questa malattia psicologica , questa incapacità di gestire le proprie pulsioni, questa sorta di condizionamento psicologico che ci fa vedere tutto e tutti nell'ottica della soddisfazione sessuale.

   L'eros crea dipendenza come la droga: blocca l'attività cerebrale come la droga, ci rende schiavi della passione, ci riduce allo stato di mendicanti, ci fa perdere la nostra dignità! A che serve presentarsi in ufficio in giacca e cravatta se poi si mendicano prestazioni sessuali all'ultima apprendista, alla segretaria o anche alla donna delle pulizie? Tutte le passioni disordinate generano dipendenza e schiavitù e “ la passione erotica è la più veemente delle passioni(Madre Speranza)

   L'eros, allora, non è amore!

  “ Philia” è parola greca che indica amore di amicizia.

  L'amicizia è uno dei sentimenti più nobili dell'animo umano. E' sentimento denso di significato e quindi di attese. La philia crea relazioni; l'amico è un cuore che accoglie un altro cuore, è un altro se stesso, è colui col quale si abbassano tutte le barriere protettive, si tolgono tutte le maschere e ci si rivela così come si è. All'amico si confidano gioie, dolori, attese, speranze, progetti, delusioni… L'amico, se è tale, vive con noi le nostre vicende, gode dei nostri successi, soffre per i nostri insuccessi, ci sostiene nei momenti di sconforto, c'incoraggia a non desistere se la prova si fa dura. Tutto nell'amicizia è all'insegna della gratuità. Frequentando l'amico, si finisce per avere gli stessi gusti, gli stessi sentimenti, perché nella frequentazione si riceve e si dà molto.

  La Madre Speranza ha scritto questa meravigliosa frase che esprime proprio questo concetto:

  " Siamo stati creati gli uni per gli altri e viviamo gli uni negli altri perchè in noi c'è qualcosa degli altri e negli altri qualcosa di nostro. Questo qualcosa degli altri che c'è in noi è la loro vita, e quel qualcosa di nostro che c'è in loro è la nostra vita. Le nostre esistenze si compenetrano scambievolmente e si identificano più o meno secondo quello che si riceve e che si dà....

  Dio mio! ti ringraziamo perchè ci hai uniti così per l'eternità e perchè fin d'ora ci fai vivere gli uni negli altri e tutti uniti a Te " (Madre Speranza)

  La “philia” è già un tipo d'amore nobile , è già una forma di condivisione, ma non coinvolge tutto l'essere, soddisfa la parte affettiva della persona, è molto utile ai giovani nel processo di identificazione di sé, aiuta a scrutare e ad esprimere i sentimenti del cuore, dà conforto, crea una relazione, per sua natura destinata a durare nel tempo, ma non crea legami così forti da esigere l'integrazione totale dell'uno nell'altro. L'amico rispetta il progetto di vita dell'amico, lo aiuta nella realizzazione dello stesso, ma lo lascia libero di seguire la sua strada; semmai lo segue a distanza e lo sostiene dall'esterno.

  L'amore di amicizia è un grande amore, un amore esigente: dall'amico si attende la condivisione, il ricordo, la fedeltà, il segreto, il consiglio, anche la correzione se necessaria e soprat-tutto l'aiuto spirituale, se le persone amiche hanno sviluppato l'aspetto soprannaturale della vita.

  Non è facile trovare un vero amico, il proverbio dice che è così raro come è raro trovare un tesoro. I tesori ci sono ma sono nascosti e spesso noi cerchiamo ciò che è in vista: ci vantiamo dell'amicizia con i grandi, cerchiamo autografi dalle persone momentaneamente alla ribalta della vita e li mostriamo con orgoglio; ma queste sono solo conoscenze che non aggiungono nulla alla persona e servono solo per riempire i tempi vuoti di confronto con gli altri, nel tentativo di stupirli; sono vanità di nessun conto.

Agape

   La parola agape è anch'essa parola greca e indica un amore di amicizia che include anche l'aspetto spirituale e soprannaturale della vita. Ciò che si condivide con l'amore-agape, è molto di più di ciò che si condivide con l'amore–philia, perché sul piano spirituale e soprannaturale, le persone possono incontrarsi senza violentarsi, senza coinvolgere l'aspetto affettivo particolare, che c'è tra coniugi: la vita soprannaturale può essere condivisa senza ledere i legami familiari e affettivi di nessun genere; è un amore vero, puro, grande, coinvolgente, anche molto esigente, perché si prende cura dell'altro come fosse un altro se stesso, proprio come dice il Vangelo: “Ama il prossimo tuo come te stesso ”. Chi ha questo tipo d'amore nel cuore è capace di scomodarsi in mille modi per la persona amica: veglia su di lei se è malata, la soccorre togliendosi del proprio se versa nel bisogno, la soccorre e la sostiene se vive travagli di ogni genere, gode con lei, anche a sua insaputa, se vive momenti di pace, di benessere materiale e spirituale, se realizza i suoi sogni e i suoi ideali.

  I santi di tutti i tempi hanno amato e amano in questa maniera, perciò si sono sentiti e si sentono liberi nell'esprimere i loro sentimenti, perché sono sentimenti puri, scevri di ogni ambiguità. Basti pensare al Papa Giovanni Paolo II: lui non aveva difficoltà ad abbracciare anche una bella ragazza o una persona di altra fede, perché lui abbracciava l'anima e abbracciava con l'anima, il corpo era solo il mezzo espressivo esterno. Per questo S. Agostino diceva: “ Ama e fa' quello che vuoi ”, perché l'amore vero, profondo, spirituale rende liberi, può essere espresso anche con gesti, ma i gesti conservano la loro funzione di veicolo di un'energia pura, altruista, oblativa e perciò non sono soggetti a giudizi negativi da parte di Dio. Dio vede il cuore e sa cosa intendiamo trasmetterci quando c'incontriamo; a Lui non sono nascoste le intenzioni dei nostri gesti e sono proprio le intenzioni quelle che danno significato alle azioni: se il cuore è puro, tutto nell'uomo è puro.   L'amore – agape non è inquinato da nessun tipo di egoismo.

  Questo tipo d'amore, come ogni altro sentimento dell'uomo, può essere accolto o rifiutato. Mentre il rifiuto dell'amicizia ci ferisce molto, perché dall'amicizia ci si attende la corrispondenza, dall'amore–agape non ci si aspetta niente ; la persona cui è rivolto questo tipo d'amore può anche non accorgersi, può anche pensare che certe azioni si fanno per dovere o per altri motivi personali, ma chi pratica questo tipo d'amore, non aspettandosi niente dagli uomini, non avverte l'altrui ingratitudine, resta in atteggiamento di offerta di sé, semplicemente perché lui ormai sa solo amare e vuole solo amare. Perciò non abbandona la persona in difficoltà nemmeno se questa la rifiuta, nemmeno se la umilia, nemmeno se interpreta arbitrariamente le sue azioni e le travisa: quando non riesce a raggiungere la mente, il cuore della persona che ama, la presenta a Dio e prega perché il Signore le cambi il cuore; poi resta in attesa paziente

  L'agape è amore del tipo dell'amore divino.

  L'amore, di qualunque tipo esso sia, non è comunque privo di gratificazioni, perché il fatto stesso di amare dà gioia all'anima, dà senso di benessere. Questa soddisfazione è l'approvazione della coscienza che ci fa sentire gratificati, a prescindere dalla corrispondenza della persona a cui è rivolto l'amore. Le persone siamo tutte molto limitate, molto condizionate dai nostri giudizi e dai nostri pregiudizi, quindi non da loro possiamo attenderci un giudizio morale sulle nostre azioni: se le persone sono buone, positive, serene, riconoscenti, non finiranno di ringraziarci anche di cose forse non troppo perfette, che abbiamo fatto per loro; se invece sono disturbate da una psiche difficile, da uno stato di salute che rabbuia la loro vista, o da problemi vari, rifiuteranno anche le prestazioni a loro necessarie, ma chi sa amare di amore–agape, continuerà ad offrire le sue prestazioni, sapendo che sono necessarie alla persone a prescindere dai suoi umori. Così fa Dio con noi, altrimenti, il sole dovrebbe essere già scomparso da tempo dal nostro orizzonte.

  Giovanni, l'apostolo dell'amore, è riuscito a seguire Gesù al Pretorio e al Calvario, proprio perché aveva questo tipo di amore, che si lascia coinvolgere anche nel fallimento dell'amico, mentre Pietro, pur impetuoso, sincero, sicuramente capace di amare il suo Maestro, ma non del tipo “agape”, ha ceduto per eccesso di emotività, che lo ha fatto cadere nel panico e poi giù fino al rinnegamento.

  Per purificare l'amore occorre lavorare molto sulla propria natura, occorre imparare a gestire le proprie emozioni, bisogna imparare a rinunciare ad ogni tipo di piacere personale, raggiungere la piena libertà da se stessi, in modo da permettere all'altro di passare davanti a noi, cioè l'altro deve venire prima di me, il suo bene deve essere anteposto al mio bene, si deve vivere per l'altro e non per se stessi. San Paolo era riuscito a compiere questa purificazione, quando scriveva: “ Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me! ” Ma se non si passa per Gesù, difficilmente si raggiunge questo traguardo.

L'amore coniugale

  L'amore coniugale è amore completo . Due giovani che si sposano, mettono in gioco tutta la loro vita, che è l'unico vero bene che ognuno di noi possiede.

  Per compiere una simile scelta, bisogna davvero essere permeati da questa energia, per sua natura divina, che è un valore così grande da poter richiedere anche il prezzo della vita.

  Noi viviamo questa esperienza in maniera istintiva, ma, a pensarci bene, si tratta davvero di firmare una cambiale in bianco, di correre un rischio grande. Eppure tutti, in una maniera o nell'altra lo abbiamo fatto, garantiti dall'amore . L'amore è davvero una potenza!

   Nel matrimonio si gioca tutta la persona , perciò è coinvolto anche il corpo, che, dovendo assolvere al servizio alla vita, ha la sua piccola gratificazione nella soddisfazione sessuale, che, come il lubrificante per gli ingranaggi, ne faciliti la funzionalità. Purtroppo la piccola gratificazione spesso diventa lo scopo e il fine dell'incontro coniugale. In questo caso s'incontrano due egoismi per un divertimento a basso costo, e non una fusione di anima, di mente, di cuore e quindi anche di corpo. Questo non è amore ma erotismo, ricerca del piacere per se stessi.

   Quando è tutto l'essere che s'incontra , allora si può parlare davvero di esperienza sacramentale di comunione , dove il corpo, come la materia nei sacramenti, è la parte visibile, che esprime anche sensibilmente la comunione dei coniugi a immagine della Trinità. In questo caso il corpo, materia pesante ed esigente, è sublimato in un atto di sua natura divino, che è l'atto d'amore. Solo in questo caso si può chiamare “amore” l'atto sessuale . Esso naturalmente decade, fino a diventare prostituzione, anche se avviene tra coniugi, quando manca la comunione dell'anima, della mente, del cuore, quando c'è violenza e sopraffazione, quando c'è superficialità e voluttuosità irresponsabile, quando si cerca il piacere evitando le conseguenze dell'atto stesso. Quando la coppia non è pronta per accogliere la vita, deve praticare l'astensione nel periodo fecondo, che implica sacrificio, ma è la via indicataci da Gesù per redimere quanto in noi c'è di irredento.

  Vi sono situazioni matrimoniali in cui la disposizione ottimale è solo in uno dei coniugi , mentre l'altro/a resta a livello di animalità. In questo caso l'incontro diventa difficile, perché la persona rifiuta l'atto senz'anima.

  Si parla allora di “dovere coniugale” . Già la parola “dovere” ci dice che siamo usciti dall'alveo dell'amore, che tende alla fusione perfetta, gratuita, spontanea, generosa…

  Che fare?

  La condizione umana, purtroppo, non è perfetta a causa del peccato che vive in noi, ma il coniuge fedele può anche trasformare quest'atto in immolazione volontaria e offrirlo per la guarigione spirituale del coniuge. In questo caso, attraverso l'atto fisico sofferto, si comunica il frutto dell'immolazione, che si trasforma, prima o poi, in grazia di conversione.

  Sicuramente non è facile vivere l'immolazione, richiede una crescita spirituale avanzata, ma si può raggiungere con la preghiera, la pazienza, lo spirito di sacrificio.

  Naturalmente, nel dialogo paziente si deve cercare di aiutare il coniuge a riportare a galla i sentimenti migliori, sommersi sotto cumuli di egoismo, trasformati in pretese, in vere droghe della mente e del cuore, in perdita dell'uso elementare della ragione e hanno ridotto la relazione coniugale in schiavitù.

  Questo è un rischio che corriamo tutti; occorre tanta vigilanza per non perdere lentamente il vero senso della vita e dell'amore, per non essere travolti dal nostro egoismo, fino a non riuscire più a metterci in relazione rispettosa e vicendevole.

   La vita coniugale è bella se vissuta nella dimensione soprannaturale, spirituale, mentale, affettiva e fisica, tanto che Gesù l'ha elevata a sacramento , cioè a veicolo del sacro, della grazia, dell'amore vero, che ha la sua origine e il suo modello in Dio.

  La Madre Speranza ci parla largamente dell'amore sponsale di Dio per la sua creatura:

  “ Credo che un'anima che non si unisce a Gesù in tutto non possa amarlo; e senza amore il cuore si raffredda. Turbata sarà la sua immaginazione, instabili i suoi sentimenti verso il prossimo, non potrà aiutare i fratelli e provvedere nutrimento solido alle anime….. Io credo che prima di tutto dobbiamo unirci all'Amore Misericordioso, considerarlo nostro buon Padre e chiedergli che ci tenga sempre uniti a Lui. Allora potremo fare del bene ai nostri fratelli, particolarmente in questi tempi nei quali l'inferno è impegnato a strappare Gesù dal cuore dei piccoli, privandoli di ogni istruzione religiosa.

  Sforziamoci di far capire ai fratelli che Gesù è, per tutti, un Padre buono, che ci ama di amore infinito, senza distinzioni. L'uomo più perverso, il più miserabile e perfino il più abbandona-to è amato con immensa tenerezza da Gesù, che è per lui un Padre e una tenera Madre. Gesù non fa differenze tra le anime; se non per concedere ad alcune grazie straordinarie o particolari, per prepararle a maggiori sofferenze e ad essere parafulmini dei fratelli.

  Io paragono l'amore di Gesù al cuore umano che manda il sangue fino alle estremità del corpo, portando la vita anche alle membra più povere. I palpiti dell'Amore Misericordioso fanno altrettanto. Il cuore di Gesù batte con amore immenso per tutti gli uomini. Batte per le anime tiepide, per i peccatori, per le anime sante e quelle fervorose, per gli infedeli e gli eretici, per i moribondi e le anime del Purgatorio e per i beati che glorifica in cielo.

  Così deve essere il cuore del cristiano. Dev'essere grande come il mondo; il suo amore deve abbracciare ogni essere vivente, comprese le anime del purgatorio. Tanti sono i motivi per amare gli altri, ma a noi deve bastare questo: «Gesù ha dato la sua vita per loro; io devo sacrificarmi e contribuire alla salvezza di tutti gli uomini e alleggerire le sofferenze delle povere anime del Purgatorio». Per loro offriamo la nostra sofferenza e ogni nostro lavoro”.

  Se non abbiamo raggiunto questi traguardi, non scoraggiamoci : la santità coniugale si raggiunge attraverso un cammino, spesso sofferto, di purificazione. Sottomettiamoci tutti alla potente mano di Dio, che vuole fare di tutti noi i santi del terzo millennio , per arricchire di tanti piccoli fari l'orizzonte del mondo, che cammina nelle tenebre.

Questionario per la verifica personale:

•  Quale tipo di amore prevale nel tuo cuore?

•  Hai fatto esperienza della schiavitù del piacere?

•  Hai conosciuto l'amore di amicizia, lo vivi con fedeltà, con senso di responsabilità?

•  Il tuo amore coniugale conserva le tre forme di amore in maniera equilibrata, o c'è squilibrio?

•  T'impegni a purificare il tuo amore, per raggiungere la perfezione?

•  Ti ispiri a Dio nel manifestare il tuo amore ai familiari e al prossimo?

•  Vuoi accogliere il desiderio di Dio, di fare di te un santo del terzo millennio?

•  Volete accordarvi come coppia, per vivere l'amore santamente?

 

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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