CUORI CONQUISTATI DALL'AMORE DI CRISTO
Riflessioni sull'enciclica di Benedetto XVI “Deus caritas est” nn. 34-39
La sorgente dell'amore è il Cuore trafitto di Cristo. Da quel costato, vennero fuori le ultime gocce di sangue e il siero sanguigno, per completare il dono totale di Cristo all'umanità peccatrice. Guardando a quel Cuore si impara la carità senza limiti. Gesù ha dato tutto, noi diventeremo efficaci in proporzione di quanto siamo capaci di donare. Se ci renderemo veicolo dell'amore di Cristo, il suo stesso amore agirà in noi e sapremo dare un amore di qualità.
A questo era arrivato S. Paolo quando diceva: “ Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me ”. Paolo si è lasciato possedere , si è lasciato trasformare , si è lasciato sostituire.
E' un processo graduale che non s'improvvisa. Si richiede:
- Far morire in noi l'uomo vecchio: rinunciare a tutte quelle gratificazioni, che accontentavano per un attimo il vecchio uomo peccatore e poi lasciavano l'amaro in bocca, di una nuova sconfitta, di un nuovo cedimento, di una più grande schiavitù, di un più cocente rimorso. E' un processo di liberazione, che può durare anni e può registrare ricadute, scoraggiamenti, tentativi di abbandono…. Ma se si persevera, si cresce spiritualmente, si fortifica la volontà, si acquisisce capacità di autogestirsi, si diventa più liberi. L'azione divina in questa fase di liberazione è forte, ma l'anima è spesso sopraffatta dalla sofferenza, perché la natura ribelle fatica a morire.
- Quando l'anima si arrende, si passa alla fase di contemplazione del volto di Cristo, fino ad innamorarsi di Lui, E' una fase caratterizzata dal desiderio di preghiera, di nascondimento, di intimità con Dio. La preghiera è piacevole, la grazia aiuta a perseverare nella contemplazione, che completa la pulizia dentro l'anima.
- Quindi l'anima diventa sede dello Spirito di Dio , luogo dove Lui si manifesta ed agisce e questo è già il terzo stadio di chi vuole essere posseduto da Dio, acquisire cioè la presenza operante di Gesù in Lui.
Il Papa, nella sua enciclica, ci parla di questa carità operante, ma come realizzarla se non si lavora a purificare il proprio cuore?
L'inno all'amore, scritto da S. Paolo, ci parla del primato dell'amore su tutte le cose. Le qualità dell'amore a loro volta sono virtù che corrispondono ai frutti dello Spirito:
“Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto.
Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità !” (1Corinzi 13:1-13)
Se pratichiamo la carità descritta da S. Paolo, vedremo crescere i frutti dello Spirito:
“ Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé ”. (Galati 5:22)
La carità riguarda sempre ilo rapporto con gli uomini, ma la possiamo esercitare solo se guardiamo le persone attraverso il prisma di Dio. Sovrapponendo , per così dire, alla persona l'immagine di Gesù, possiamo vedere come Lui si piega umile sul povero uomo, magari irriconoscente, pretenzioso, prepotente, scortese, offensivo e versa sul suo cuore ferito il balsamo del perdono, del pentimento, della conversione . Ma Gesù parla con la nostra bocca, benedice con le nostre mani, ascolta con le nostre orecchie, soccorre attraverso noi. Si realizza così quella possessione da parte di Dio, di cui parla San Paolo e che è stata l'esperienza di tanti santi: “ Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me ”.
Sacramento della sua presenza
Noi non siamo capaci di amare in proprio: se ci offendono, l'io si ribella; se ci calunniano, l'io diventa violento; se ci umiliano, l'io si offende; se ci si chiede un amore faticoso, l'io si lamenta… Questo “io” deve morire con la mortificazione, se volgiamo che Gesù lo sostituisca. Nella misura in cui “l'uomo vecchio” cede spazio, “l'uomo nuovo”, abitato da Dio, si può esprimere. Quando poi lo spazio è totale, agisce in noi la stessa Trinità, che opera sempre in perfetta comunione: l'amore del Padre si esprime nella Parola e nell'opera del Figlio, intrise a loro volta dei doni e dei frutti dello Spirito Santo.
Noi, nell'esercizio della carità perfetta, siamo come la scopa in mano alla massaia, come la creta in mano al vasaio: servi inutili, dice Gesù, ma se Dio ci permea e ci usa, diventiamo suoi collaboratori, prolunghiamo la sua presenza sulla terra, diventiamo luce per chi è nelle tenebre, sacramento della sua presenza.
L'esercizio della carità, allora è per noi grazia che ci valorizza , è grande opportunità. Dobbiamo bramare di poter fare qualcosa con Gesù, per Gesù, in Gesù a favore dei fratelli, anzi dobbiamo desiderare che nella nostra vita non ci siano tempi vuoti, inutili. La Madre Speranza si esprime così:
“Pensiamo che un'anima, dal momento che si consacra a Gesù, deve sforzarsi di perpetuare sulla terra il Suo sacrificio come vittima immolata. Che meraviglia! Naturalmente al sacrificio va unito l'amore e così realizzeremo la sublime dottrina del Vangelo che dice: «Non può essere mio discepolo chi non prende la sua croce e mi segue. Il mio comandamento è questo: amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato». Come vedete le parole di Gesù sono perentorie. Il suo comandamento è l'amore e solo chi ama la croce può essere suo discepolo. Neppure può essere utile alla causa del vangelo, cioè di Gesù, chi non ha il coraggio di lasciarsi umiliare come il chicco di grano, che per dar vita a molti altri chicchi, si nasconde nella terra, marcisce e muore. Dobbiamo aspirare alla maggiore perfezione; che il nostro amore sia così puro, intenso e profondo da farci dimenticare noi stessi, obbligandoci a vivere continuamente solleciti della gloria di Gesù, della salvezza e del benessere dei fratelli. Ricordiamo però che mai potremo amare di un amore perfetto senza continue rinunce. Giungeremo alla perfezione dell'amore solo attraverso la pienezza del dolore. Come vedete la cosa più gradita a Gesù è che i nostri cuori siano puri e vivano sempre disposti a sacrificarsi per amore di Dio e dei fratelli. Chiediamo a Gesù che mai entri nei nostri cuori un affetto che Lui non approva e non accetta.
Credo che ogni creatura, ma specialmente noi della famiglia dell'Amore Misericordioso, dobbiamo essergli molto riconoscenti e dimostrargli il più possibile questa gratitudine. Sforziamoci di essere molto caritatevoli, pazienti, sacrificati e impegnati ad eliminare ogni imperfezione per imitare tutte le virtù di Dio. Ricordiamoci che Gesù ci chiede di essere non anime comuni, ma sante; che con il buon esempio contribuiamo alla santificazione dei fratelli e che il nostro distintivo sia un cuore materno arricchito delle suddette virtù.” (Madre Speranza “Consigli pratici”
Le occasioni per esercitare la carità non ci mancano. Se facciamo attenzione, intorno a noi, nella nostra stessa casa, c'è sempre chi ha bisogno di qualcosa, magari della camicia stirata, della colazione preparata, del letto riordinato, di un piatto caldo, di un cuore a cui confidare un problema, un corruccio, un'idea… Basta cogliere queste opportunità e fare ciò che fa piacere al familiare, come glielo farebbe Gesù, in vece sua. Senza accorgerci otterremmo più risultati: il funzionamento della nostra famiglia e l'arricchimento spirituale e soprannaturale di tutti i membri, perché le nostre prestazioni, intrise di grazia soprannaturale, faranno circolare nella nostra casa un'aurea di cielo.
E' vero che in casa tutti si devono dare da fare, perché la gestione della famiglia non pesi solo su una o due persone, ma è ancora più bello quando, tra i membri della famiglia si instaura una gara di attenzioni reciproche e si cerca di giocare d'anticipo, per poter servire prima di essere serviti. Questo può succedere solo se ci alleniamo a vedere il coniuge, il figlio, il suocero nel prisma divino di cui abbiamo parlato. Solo vedendo i nostri congiunti nella luce di Dio, possiamo dare più peso alla loro dignità di creature che ai loro limiti e difetti. Se Dio guardasse ai nostri difetti, alle nostre incorrispondenze, nessuno di noi avrebbe speranza di salvezza, ma noi sappiamo per esperienza che, anche se noi ci allontaniamo da Dio, Dio non si allontana da noi, il suo amore ci avvolge sempre, anche se è un amore sofferente.
Il segreto allora, per amare davvero sta nel dare le nostre membra a Dio, perché sia Lui ad amare in noi e così daremo la possibilità a Dio di trasformare il suo amore soprannaturale in atti umani, concreti, anche molto ordinari per poter servire l'amore a creature incarnate e non agli angeli.
La vera carità si raggiunge quando la persona è posseduta da Dio ed esprime i pensieri, le parole e le opere, che Dio vuole continuare ad offrire agli uomini.
La gratuità
Pur impegnandosi molto ad offrire atti d'amore al prossimo, chiunque esso sia, se agiamo in Dio e per Dio, non possiamo attenderci nulla dalle creature a cui abbiamo prestato servizio, perché in realtà il referente principale non è la persona soccorsa ma Dio, nel quale viviamo ormai stabilmente. Dio, sicuramente, non si lascerà vincere in generosità, anzi sa dare il centuplo e la vita eterna, ma per questo non occorre che noi ci preoccupiamo, perché nella gara d'amore tra Dio e noi i perdenti saremo sempre noi.
La vita, in questa maniera, si semplifica, perché non si guarda al risultato, non si contano le persone da amare, non si bada al tipo di servizio che ci viene richiesto, ma si fa attenzione solo a Dio, si sta attenti solo a mettersi a sua disposizione, per fare ciò che è necessario fare nel tempo che viviamo, fosse anche l'azione più semplice come dare un bicchiere d'acqua o la più ripugnante, come accudire ad un anziano o ad un malato nelle sue funzioni vitali. Dio non ha paura di sporcarsi le mani e con Lui, per Lui e in Lui, riusciremo anche noi a vincere le nostre suscettibilità.
Se i rapporti familiari e comunitari sono vissuti così, davvero la famiglia diventa un'anticamera del paradiso, il cuore che ospita Dio sente già la beatitudine del Regno e le persone amate sentono crescere la comunione tra loro, in casa circola un'aurea celeste.
E invece, quante parole risentite, quante azioni fatte con malgarbo, quanto malumore avvelenano i nostri servizi, che non sono neanche più atti d'amore ma prestazioni da serva bisbetica, e rendono pesante il clima familiare! Quanti ragionamenti, quanti calcoli per giustificare il nostro servizio da “galeotti”, quanti difetti si vanno a spulciare negli altri, per giustificare il nostro vittimismo! E' vero, siamo umani, ma siamo chiamati a diventare divini e ne abbiamo la possibilità e l'aiuto.
Se amiamo la nostra famiglia, non aspettiamo che siano gli altri a cambiare, facciamolo noi, facciamolo presto, facciamolo bene, facciamolo definitivamente, senza termini di sorta, senza ma e senza se.
Alcuni ammettono che finché si sono donati gratuitamente, la famiglia è andata avanti bene, ma, da quando hanno deciso di riprendersi i loro spazi e a far valere i loro diritti, la famiglia è andata in crisi.
E' logico che sia avvenuto questo, perché prima, sia pure inconsciamente, il loro modo di agire corrispondeva a quello di Dio, poi c'è stato lo scollamento, con la decisione di potenziare l'io e l'amore non ha più unito i cuori, le persone sono andate in attrito.
Ricordiamolo: i primi beneficiari dell'atto d'amore siamo noi stessi.
La Madre Speranza ci dice che la carità non deve avere altri limiti che l'impossibilità morale. (Costituzioni delle EAM)
Cos'è questo blocco che ci autorizza a non favorire il fratello?
L'impossibilità morale scatta quando il fratello ci chiede la soddisfazione di un desiderio peccaminoso. Ad esempio: il coniuge che chiede di soddisfarlo sessualmente, con un'azione contro natura; l'amico che ti chiede di favorirlo, testimoniando il falso; il datore di lavoro che ti chiede di favorirlo, falsificando i prodotti; il figlio che ti chiede di soddisfarlo, intervenendo per vendicarlo di un affronto….
L'elenco potrebbe continuare ma per capire il concetto può bastare così.
In questi casi il vero atto d'amore non è soddisfare un'esigenza peccaminosa del prossimo, ma fargli capire che sbaglia e non può pretendere la nostra complicità, che ci coinvolgerebbe nei suoi errori e nelle conseguenze. Se poi l'ottusità della persona dovesse essere tale da farci perdere la sua amicizia, il lavoro, o dovessimo complicare le relazioni familiari, ci sono le parole inequivocabili di Gesù: “ A che serve guadagnare il mondo intero se poi perdi l'anima tua ?” Non si può cedere: l'amicizia con Dio vale più dell'amicizia con gli uomini, l'amore di Dio vale più dell'amore degli uomini.
Nell'immediato, questo atteggiamento sembrerà perdente, ma nei tempi lunghi la virtù ripaga, mentre il vizio rovina. Quanti aborti sono stati fatti per timore di perdere il coniuge e poi il coniuge si è perso lo stesso, perché non avendo più la pace dell'anima, la donna non ha potuto più riacquistare il sorriso e la spensieratezza!
Al contrario, quante opportunità, rifiutate perché inquinate dal peccato, hanno portato poi le persone ad avere altre opportunità molto più favorevoli e le hanno vissute con la benedizione di Dio e con la pace dell'anima.
La carità, sì, ma nell'ordine : prima Dio, la sua legge, la sua volontà, la sua benedizione e poi i fratelli, che si possono servire in tutto, anche con sacrificio personale, ma non nelle loro esigenze peccaminose. Sarebbe come prendere il frutto dell' albero proibito e poi averne tutte le conseguenze dolorose.
Il Signore ci illumini, ci dia discernimento e ci educhi al vero amore.
Questionario per la verifica personale.
- Chiediti con sincerità: Il Signore, sta veramente conquistando il mio cuore?
- Ho fatto il sufficiente vuoto interiore, per liberarmi dall”uomo vecchio” e per riempirmi dei sentimenti di Cristo?
- Contemplo il volto di Cristo per innamorarmi sempre più di Lui?
- Il mio cuore sta diventando sede dello Spirito Di Dio?
- Riesco a fare atti d'amore, vedendo il fratello in Dio e operando in vece sua, dandogli l'amore che viene da Dio, senza inquinarlo con i miei pensieri e le mie impressioni umane?
- M'impegno sempre più a diventare sacramento della presenza di Dio?
- Permetto a Dio di trasformare, per mio mezzo, il suo amore soprannaturale, in atti umani, consoni alle esigenze dei fratelli?
- Pratico questo amore in famiglia, impregnando tutti quanto dico e faccio di Dio, del suo amore, della sua misericordia?
- A casa mia si respira aria di paradiso o ci sono ancora momenti di ripicche, di rivendicazioni, di rinfacci, di vittimismo che fanno star male tutti?
- Per verificare se in casa tua si pratica il vero amore chiediti se ci sono i frutti dello Spirito: amore, gioia, pace, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé.
- Sai dire no quando ti viene chiesto qualcosa di contrario alla volontà di Dio?