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MARZO 2004

     

“VA’ PRENDI IN MOGLIE UNA PROSTITUTA”

            Dopo aver riflettuto nella Genesi sul piano divino sulla coppia umana, e aver visto come, al tempo di Noè, Dio decide di purificare la terra dal peccato, ma poi ricomincia da una coppia fedele; dopo aver visto come Dio chiama Abramo e Sara, una coppia umanamente sterile e da questa coppia si crea il popolo a cui si rivelerà, e aver visto nell’Esodo che la sponsalità appartiene a Dio, che intreccia con Israele nel deserto una storia d’amore; dopo aver visto, l’infedeltà di Davide e l’efficacia del pentimento e la grande invenzione divina del perdono, che permette alle storie d’amore di continuare, rifletteremo questa volta sulla storia del profeta Osea, definito appunto “Profeta dell’amore sponsale”.

Quando il Signore cominciò a parlare a Osea, gli disse: «Và, prenditi in moglie una prostituta e abbi figli di prostituzione, poiché il paese non fa che prostituirsi allontanandosi dal Signore». Egli andò a prendere Gomer, figlia di Diblàim: essa concepì e gli partorì un figlio.

E il Signore disse a Osea: «Chiamalo Izreèl, perché tra poco vendicherò il sangue di Izreèl sulla casa di Ieu e porrò fine al regno della casa d'Israele. In quel giorno io spezzerò l'arco d'Israele nella valle di Izreèl». La donna concepì di nuovo e partorì una figlia e il Signore disse a Osea:

«Chiamala Non-amata, perché non amerò più la casa d'Israele, non ne avrò più compassione. Invece io amerò la casa di Giuda e saranno salvati dal Signore loro Dio; non li salverò con l'arco, con la spada, con la guerra, né con cavalli o cavalieri».

Dopo aver divezzato Non-amata, Gomer concepì e partorì un figlio. E il Signore disse a Osea: «Chiamalo Non-mio-popolo, perché voi non siete mio popolo e io non esisto per voi». (Os 1,1-9)

                Che proposta strana, sposare una prostituta! Che si trattasse di una donna dedita al vizio, o di una donna dedita al culto di Baal o di una ragazza che aveva offerto la sua verginità alla dea, la cosa è comunque pesante.

            Osea non esprime, come altri profeti, i suoi sentimenti: è lo strumento fedele che si lascia guidare, non esprime una volontà propria, non ha un onore da rivendicare, una sua dignità da difendere, ha completamente fuso il suo volere con quello di Dio, è specchio integro, che lascia trasparire solo i sentimenti di Dio. E Dio è uno sposo abbandonato e tradito dall’umanità sua sposa teneramente amata, sedotta da falsi amanti, stordita nella schiavitù del vizio e dell’infedeltà.

            In questo libro viene messa in evidenza la delusione di Dio.

            L’infedeltà è sicuramente un peccato grave, che causa dolore in chi lo subisce e degrada chi la causa, ma Dio non dice al profeta Osea, di uccidere Gomer, di allontanarla da sé, di umiliarla. L’umiliazione se la procura lei stessa con la sua vita corrotta; il profeta deve tenerla accanto a sé, anche se darà l’impressione di farsi complice delle sue trasgressioni. Il compito del profeta, visto dal punto di vista umano, è veramente arduo, ma lui deve agire a nome di Dio e Dio, per nostra fortuna, non agisce come noi.

            L’abbandono dell’alleanza d’amore meriterebbe condanna e punizione, ma Dio si vendica con la misericordia, cioè dilatando il suo cuore ad un amore intriso di compassione e di rimpianto per la sua creatura perfetta, profanata dai suoi profittatori, cioè dalle passioni disordinate, dalle scelte sbagliate, dall’illusione di trovare felicità fuori di Dio.

            Imitando il Signore, saremo anche noi educati a vivere la misericordia, che è un cuore che si piega al misero, dilatando braccia, mente e cuore per accoglierlo.

            In questo libro è nascosto il tesoro della fedeltà coniugale, che è sacramento della fedeltà di Dio per il suo popolo, ma per poter trovare questo tesoro, occorre scavare nella terra del proprio cuore per dissodarla da ogni rancore, da ogni risentimento, da ogni pensiero negativo, da ogni tentazione di abbandono e di rinuncia.

            Osea, abbiamo detto, è un uomo al servizio di Dio.. La sua vita però non è teatro, è trasparenza, come dovrebbe essere ogni vera “immagine”, si lascia penetrare dai sentimenti di Dio e li esprime fedelmente. Ciò che Dio gli chiede non è certo facile: la sua famiglia deve esprimere la vita corrotta di Israele e le sue reazioni personali saranno quelle di Dio nei riguardi del suo popolo. In questa maniera Osea diventa veramente immagine di Dio, fa da specchio a Dio, il popolo guardandolo capisce quali sono i sentimenti di Dio a suo riguardo.

            Una grande missione quella di Osea. Disponiamoci perciò a penetrarne i significati profondi.

            Chi avesse ancora dei dubbi che la sponsalità appartiene a Dio, in questo brano della bibbia ne ha una prova inconfutabile: lo Sposo è Lui e la sposa è l’umanità di cui ognuno di noi è una piccola parte. Formiamo una carne sola con Lui, come è detto nella Genesi, un solo corpo, come dice S. Paolo, di cui Lui è il capo. Ma come ogni ferita, ogni dolore e anche ogni gioia del corpo, viene avvertita dal capo che interpreta le sensazioni, soffre o gode con quel membro, così nel Corpo Mistico: ogni cellula, ogni creatura infedele a Dio, provoca dolore al corpo di Cristo.

Oggi le nuove divinità sono il corpo con le sue vanità, con le sue voglie, con la sete di sessualità senza regole; la mente con il suo orgoglio, con la sua brama di notorietà, con l’avidità dell’avere, con l’eterna tentazione di essere come Dio, conoscitore del tempo. Questa tentazione antica, spinge l’uomo moderno a ricorrere ai maghi, ai fattucchieri, alle carte, ai tarocchi, agli oroscopi…, nell’illusione di avere in mano il libro della vita e i suoi segreti, per poterla orientare a proprio piacimento; ma soprattutto con i suoi talismani per esorcizzare il dolore.

            Ma, dice il Signore: Gli idoli delle genti sono argento e oro, opera delle mani dell'uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano. Hanno mani e non palpano, hanno piedi e non camminano; dalla gola non emettono suoni. Sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida”(Sl 114:4-8). La Parola di Dio è sempre attuale, cambiano i contesti, ma l’uomo continua a cercare garanzie più sicure di quelle che dà il Dio della vita.

Anche oggi Dio soffre per questo popolo che non lo ama, che non si fida di Lui, che non lo considera, che lo tiene chiuso nei tabernacoli abbandonati, senza curarsi di Lui. Siamo un popolo di prostituti, abbiamo bisogno di tornare a Dio. Se così non fosse non avremmo tanta ansia, tante paure, tanta angoscia quando un imprevisto tocca le nostre sicurezze economiche, affettive, lavorative ecc.

Applicazione alla vita matrimoniale

            Una coppia sposata nel Signore, è immagine di Dio ed è chiamata ad esprimere l’amore fedele di Dio per il suo popolo. Nell’alleanza Dio–popolo, infedele è il popolo, Dio non può essere infedele, l’infedeltà non appartiene a Lui. In questo testo Dio rende nota la situazione del popolo e i suoi sentimenti di delusione e di dispiacere per l’alleanza tradita e fa capire  che le conseguenze di questa scelta sbagliata si rifletteranno nei figli, che saranno chiamati “Izrael”, “Non amata”, “Non mio popolo”. Sono nomi simbolici, che indicano il destino di questi figli della prostituzione: Israele da valle ubertosa diventerà una landa desolata, “Non amata” sarà tale perché nessuno le ha insegnato ad amare, “Non mio popolo” sarà tale per propria scelta, condizionata dal cattivo esempio della genitrice. E’ proprio vero che il futuro è nelle nostre mani, cioè nelle nostre scelte. Solo la fedeltà a Dio e alla sua legge può garantire a noi a ai nostri figli un avvenire sereno, benedetto, aperto alla speranza. Perché “Non amata”, perché “Non mio popolo”? Perché questo hanno voluto i suoi genitori. Essi hanno chiesto il divorzio da Dio e Dio non può più colmarli delle sue benedizioni perché loro le ricusano ricorrendo ad altri dei.

            Questo discorso, pur tanto lontano nel linguaggio, ci coglie in flagrante adulterio. Pensiamo di no? Siamo onesti e chiediamoci: “Che posto ha Dio nella nostra vita, nella nostra casa, nell’educazione dei figli?”

            Ascoltiamo ancora la Parola di Dio, in questa rievocazione:

Il numero degli Israeliti sarà come la sabbia del mare, che non si può misurare né contare. Invece di sentirsi dire: «Non siete mio popolo», saranno chiamati figli del Dio vivente. I figli di Giuda e i figli d'Israele si riuniranno insieme, si daranno un unico capo e saliranno dal proprio territorio, perché grande sarà il giorno di Izreèl! Dite ai vostri fratelli: «Popolo mio» e alle vostre sorelle: «Amata».  (Os 2:1-25)

Questo era il piano di Dio, la proposta fatta ad Israele: Dio voleva mettere a parte per sé un popolo a cui avrebbe rivelato le ricchezze del suo amore, l’avrebbe sposato a sé, l’avrebbe inserito nella sua gloria, gli avrebbe dato la sua onnipotenza, l’avrebbe colmato di benedizioni e grazie, per ogni atto d’amore, avrebbe benedetto i suoi figli per mille generazioni… Ma “la sposa” è stata infedele, ha rifiutato la proposta, non si è fidata di Lui e Lui non può operare prodigi in suo favore e in favore dei suoi figli. Perciò si rivolge ai figli che hanno ereditato una così triste situazione dicendo: “Accusate vostra madre, accusatela, perché essa non è più mia moglie e io non sono più suo marito! Si tolga dalla faccia i segni delle sue prostituzioni e i segni del suo adulterio dal suo petto; altrimenti la spoglierò tutta nuda e la renderò come quando nacque e la ridurrò a un deserto, come una terra arida, e la farò morire di sete. I suoi figli non li amerò, perché sono figli di prostituzione. La loro madre si è prostituita, la loro genitrice si è coperta di vergogna. Essa ha detto: «Seguirò i miei amanti, che mi danno il mio pane e la mia acqua, la mia lana, il mio lino, il mio olio e le mie bevande».

Ed ecco il piano di riconquista del Dio geloso, che non rinuncia alla sua sposa:

Perciò ecco, ti sbarrerò la strada di spine e ne cingerò il recinto di barriere e non ritroverà i suoi sentieri. Inseguirà i suoi amanti, ma non li raggiungerà, li cercherà senza trovarli. Allora dirà: «Ritornerò al mio marito di prima perché ero più felice di ora». Non capì che io le davo grano, vino nuovo e olio e le prodigavo l'argento e l'oro che hanno usato per Baal.

Perciò anch'io tornerò a riprendere il mio grano, a suo tempo, il mio vino nuovo nella sua stagione; ritirerò la lana e il lino che dovevan coprire le sue nudità. Scoprirò allora le sue vergogne agli occhi dei suoi amanti e nessuno la toglierà dalle mie mani. Farò cessare tutte le sue gioie, le feste, i noviluni, i sabati, tutte le sue solennità. Devasterò le sue viti e i suoi fichi, di cui essa diceva: «Ecco il dono che mi han dato i miei amanti». La ridurrò a una sterpaglia e a un pascolo di animali selvatici. Le farò scontare i giorni dei Baal, quando bruciava loro i profumi, si adornava di anelli e di collane e seguiva i suoi amanti mentre dimenticava me! - Oracolo del Signore.

            Non si tratta di vendetta ma di strategie che faranno capire alla sposa il suo sbaglio e la indurranno a tornare al suo Sposo.

Il peccato, in effetti fa sperimentare la miseria più assoluta, la schiavitù totale, la mancanza di prospettive, l’angoscia e la disperazione, cose tutte che Dio permette, pur soffrendo, per indurci a conversione, ma la vera vendetta di Dio è la sua misericordia, un amore che si rigenera nel perdono, che riconquista l’amata con una tenerezza infinita, stringendola al suo cuore, accogliendola nella sua intimità, riconquistandola in un dialogo paziente e fiducioso che le fa dimenticare i suoi amanti falsi e bugiardi e le ridona stima e dignità:

Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Le renderò le sue vigne e trasformerò la valle di Acòr in porta di speranza. Là canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d'Egitto. E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - mi chiamerai: Marito mio, e non mi chiamerai più: Mio padrone. Le toglierò dalla bocca i nomi dei Baal, che non saranno più ricordati. In quel tempo farò per loro un'alleanza con le bestie della terra e gli uccelli del cielo e con i rettili del suolo; arco e spada e guerra eliminerò dal paese; e li farò riposare tranquilli. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore. E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - io risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; la terra risponderà con il grano, il vino nuovo e l'olio e questi risponderanno a Izreèl. Io li seminerò di nuovo per me nel paese e amerò Non-amata; e a Non-mio-popolo dirò: Popolo mio, ed egli mi dirà: Mio Dio.

            Questa è la fedeltà di Dio, di un Dio che perdona, dimentica e non tiene in conto, di un Dio fedele e misericordioso. Questo Dio è il Dio di cui ogni coppia deve essere specchio come Osea. La sposa infedele da sé si procura aridità, angoscia, delusioni, sventure e, attraverso la catena della vita le trasmette ai figli, che soffriranno la grande povertà di non saper amare, di non sentirsi popolo di Dio. Dio invece si porterà nel suo deserto e la raccoglierà sul suo cuore per farle dimenticare il suo disonore, le restituirà dignità e benessere, tornerà a stringere con lei un’alleanza d’amore espressa nella benedizione dei campi e nella dichiarazione che amerà “Non amata” e chiamerà “Non mio popolo” con il dolce nome di “Popolo mio”!

            Osea, esprime i sentimenti di un Dio nostalgico, che non sa proprio rinunciare alla sua sposa. Il brano che segue è di una tenerezza immensa:

Quando Israele era giovinetto, io l'ho amato e dall'Egitto ho chiamato mio figlio. Ma più li chiamavo, più si allontanavano da me; immolavano vittime ai Baal, agli idoli bruciavano incensi. Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d'amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. Ritornerà al paese d'Egitto, Assur sarà il suo re, perché non hanno voluto convertirsi. La spada farà strage nelle loro città, sterminerà i loro figli, demolirà le loro fortezze. Il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in alto nessuno sa sollevare lo sguardo. Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele? Come potrei trattarti al pari di Admà, ridurti allo stato di Zeboìm? Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all'ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Efraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò nella mia ira.

Tu ritorna al tuo Dio, osserva la bontà e la giustizia e nel tuo Dio poni la tua speranza, sempre. (Os 11,1-9)

Quanta nostalgia nella frase: “Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato” e, proprio perché lo considerava suo figlio lo ha richiamato dall’Egitto dove era ridotto in schiavitù, ed ora Israele si è rimesso in stato di schiavitù volontaria e Dio non può salvarlo se non si converte. In Egitto gli insegnava a camminare dandogli la legge come cammino di vita e lo conduceva per mano come si fa con il bambino ai primi passi e lo legava a sé con legami di bontà, con vincoli d’amore, addirittura lo prendeva in braccio e lo accostava al suo viso, per fargli sentire la sua tenerezza, per baciarlo, si chinava su di lui per dargli da mangiare…. Ma Israele non capiva e non capisce le cure divine! Più lo chiama, più si allontana da Lui, immolando vittime a Baal e bruciando incenso a divinità false.

            Questo popolo, chiamato a guardare in alto, non solleva lo sguardo, si ostina a guardare in basso, ai propri interessi, ai vantaggi immediati.

            Eppure Dio non può abbandonarlo al suo destino, Dio è Amore e l’Amore partecipa al dolore della creatura amata e non riesce a godere vedendola soccombere, anche se per sua colpa e per disprezzo nei Suoi riguardi: “Il mio cuore i commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione”. E da questa misericordia, da questo Amore Misericordioso, nasce il perdono: “Non darò sfogo alla mia ira, non distruggerò Efraim perché sono il Santo”.

            L’alleanza nuziale sarà rinnovata nella conversione e nel perdono. La storia può continuare.

Avvertimento finale

            Osea, dopo aver parlato e agito al posto di Dio dice: “Il sapiente faccia tesoro di questo insegnamento”. Noi che vogliamo essere tali, accogliamolo con amore.

 

RIFLESSIONE PERSONALE

  1. Ho deluso anch’io la fiducia che Dio ha riposto in me?
  2. Il mio matrimonio ha subito periodi di allontanamento come quello Israele con Dio?
  3. 3.   Ho mai prostituito il tuo cuore al dio denaro, al dio sesso, al dio mago, al dio alcool, droga?
  4. La mia alleanza con Dio passa attraverso la fedeltà agli impegni matrimoniali. Li onoro tutti o    c’è qualcosa nel mio matrimonio che non è secondo Dio?
  5. Ho visto i miei sbagli riflessi nei figli? Cosa mi preoccupa di più in loro?
  6. Ci sono stati momenti nella mia vita in cui ho sperimentato la gioia del perdono che dimentica, non tiene in conto gli errori commessi e ricomincia da capo una storia d’amore coniugale?
  7. Se rileggo la storia della mia salvezza, vedo la necessità di dovermi ancora purificare, per vivere la vera fedeltà a Dio e al coniuge?
  8. Che posto ha nella mia relazione coniugale e paterna / materna la tenerezza?

 

 

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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