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NOVEMBRE 2001

     

 

LA GIOIA

 

Dio, fonte della gioia

            “Dai frutti, dice Gesù, riconoscerete l’albero”

            La gioia è un frutto dello Spirito. Dio è gioia e dona gioia. Noi, creature di Dio, sentiamo il bisogno di essere felici. Se nel mondo c’è dolore, tristezza e tribolazione non è certo opera di Dio, ma del grande tentatore che ha seminato la zizzania nel campo di Dio, con il consenso dell’uomo libero. Ora la zizzania cresce insieme col grano, ma al momento del raccolto gli Angeli faranno la dovuta separazione e auguriamoci di essere trovati buon grano per i granai di Dio.

 

Cos’è la gioia?          

La gioia è una forte emozione che nasce dal cuore puro e innamorato. Questa sensazione è così piacevole che si può dire che l’uomo vive quasi solo per procurarsela e non di rado la cerca dove invece trova tristezza, angoscia, dubbi, dolori, rimorso...

            La vera gioia è appagamento completo, forse sulla terra non l’ha mai provata nessuno, perché è troppo esigente. La potrebbe provare solo un cuore completamente libero, completamente staccato dalla condizione terrena, completamente fuso in Dio. La gioia è la situazione permanente dei beati. Essa non può andare d’accordo con la paura, ma la situazione terrena è così precaria che solo chi ha una grande fede riesce ad affidarsi completamente in Dio e a non avere più paura di niente, neanche della morte propria e dei propri cari.

            Dio però non ci penalizza se non riusciamo a raggiungere questa pienezza, Gesù stesso, venendo sulla terra, ha vissuto croci e tribolazioni e spesso ha pianto. Non ha perso però l’intimo contatto con Dio, quindi la Sua anima era nella pace, ma la gioia l’ha espressa nei momenti migliori, nelle estasi che lo univano al Padre, quando era circondato da cuori innocenti e puri, quando gli uomini, anche peccatori, si arrendevano al messaggio evangelico e si convertivano: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11,25-27).

            Per noi la gioia è quasi sempre conseguente al dolore superato, alle intime battaglie vinte, all’amore donato gratuitamente ed è causata dall’approvazione della coscienza. E’ esultanza di anima e l’anima canta quando Dio viene glorificato in noi.

            La gioia è armonia di cuori che esultano per il bene che la coscienza approva o per l’amicizia con Dio teneramente e fedelmente amato.

            Nella condizione umana, aperta ancora ad ogni soluzione, la gioia perfetta è sempre minacciata, ma se cresce la nostra fiducia in Dio, l’anima riesce a respingere meglio il turbamento, la paura, il dubbio, le  insidie del nemico.

 

Angoscia e paure psicologiche

            Ci sono persone che anche in assenza di colpa o di pericoli sono sempre angosciate. L’angoscia fa parte della loro personalità, vedono sempre tutto tetro, si spaventano di ogni piccola variazione nell’ambiente, sospettano di ogni persona, non sanno pensare positivo... E’ una malattia.

            Non è una colpa avere una psicologia malata che non ci permette di sperimentare la gioia, ma è necessario scoprire la causa della propria angoscia per porre i dovuti rimedi anche farmacologici se necessario. A questo scopo è bene consultare uno specialista che può aiutarci a ritrovare la necessaria fiducia e autostima, per affrontare la vita con i suoi problemi.

            L’angoscia è uno dei sintomi della depressione, che è una malattia curabile; essa è spesso ereditaria, ma un certo ambiente educativo può favorirne l’insorgere o peggiorarne i sintomi. Dal processo di formazione della personalità, secondo Erikson, sappiamo che il bambino, nei primi mesi di vita, capta il clima affettivo che trova nell’ambiente familiare e lo somatizza nell’inconscio. Se questo clima è favorevole alla gioia, il bambino si sente accettato, amato, importante per i suoi genitori,... acquista ottimismo, autostima, fiducia in se stesso e negli altri; in caso contrario diventa pauroso, ansioso, irrequieto, sta sempre attaccato alla mamma, stenta a camminare, a parlare, a orientarsi nello spazio, a sperimentare gli oggetti, a giocare, ha difficoltà di alimentazione, è geloso dell’affetto dei genitori...

            Questo umore, così dipendente dagli altri, non favorisce certo il coraggio di vivere, la capacità di progettarsi la vita, la capacità di fare progetti a medio e lungo termine, bloccano anche le normali relazioni e attività vitali giornaliere. L’infelicità fa quasi sempre da substrato emotivo in tutte le situazioni, la stessa fede in Dio viene ostacolata dal grande pessimismo, dal senso di colpa, dalla propria disistima.

 

Cosa può fare chi si trova in questa situazione?

  • Prendere consapevolezza della propria situazione.
  • Fare ciò che è umanamente possibile per guarire la propria psiche (curarsi).
  • Imparare a convivere con i propri limiti psicologici, senza proiettarli sugli altri complicando le relazioni familiari, amichevoli o lavorative.
  • Invocare lo Spirito Santo perché ci guarisca e ci dia i Suoi doni che produrranno in noi i frutti, tra i quali quello della gioia.
  • Fare un cammino anche di formazione umana che ci liberi dalla dipendenza psicologica dagli altri, che ci rende sempre vulnerabili, facili alla delusione perché gli uomini non sono perfetti.
  • Addentrarsi nella conoscenza di Dio come Amore Misericordioso, per trovare l’ardire di rivolgersi a Lui.
  • Considerarsi figli di Dio, opera Sua, quindi creature degne di rispetto, venerazione, dignità.
  • Fare di Dio l’unico riferimento interiore. Ritenere importante solo di essere trovati giusti da Lui.
  • Ridimensionare l’importanza che diamo al giudizio umano, per non lasciarci angosciare da giudizi relativi, come sono i giudizi umani.
  • Avere di noi un concetto equilibrato: riconoscerci imperfetti, stimolarci per progredire nel vivere il Vangelo, giubilare nell’intimo, perché Dio accoglie il peccatore e fa festa per la sua conversione. 

In sintesi, per provare la vera gioia è necessario vivere in intima comunione spirituale con Dio. Questa compagnia confortante ci permette di vincere le nostre paure psicologiche, le nostre ansie per l’avvenire, le nostre carenze affettive, perché l’amore di Dio colma davvero ogni vuoto.

 

Come favorire la serenità familiare

            Innanzitutto è necessario curare la relazione coniugale senza drammatizzare. Si sa che il matrimonio mette a confronto quotidiano continuativo due individui diversi per sesso, educazione, istruzione, valori, religiosità, ecc. Questo confronto non può essere facile. E’ già abbastanza se si riesce a gestirlo tenendolo sul piano del rispetto e della civiltà. Sicuramente può aspirare a divenire unanimità di sentimenti, di affetti, di ideali, di ispirazioni, ma si tratta pur sempre di un cammino che ha bisogno di tempo. Lungo il cammino di solito si cade, ma sarebbe riprovevole fare un dramma per la caduta, l’importante è aiutare l’altro a rialzarsi o accettare l’aiuto dell’altro per rialzarsi e godere ogni volta che ci si reincontra nell’amore, dopo aver superato una prova. La gioia deve essere sempre l’ultima carta da giocare, perché ciò che importa è camminare.

            In famiglia è estremamente positivo il volto sorridente, comunica serenità e stimola alla fiducia. Un uomo che vive tutto il giorno fuori casa per il lavoro, quando torna a casa vorrebbe almeno trovare la moglie e i figli sereni che lo attendono e fanno festa ad ogni suo rientro. Questo dà un senso al suo lavoro e motiva anche la lotta contro le tentazioni e le difficoltà che incontra nel lavoro. Un sorriso non costa nulla ma illumina la casa, alimenta l’amore, lo fortifica, mette in fuga lo sconforto, nello scoraggiamento riaccende la speranza. Nei momenti terribili dell’esistenza diventa preghiera fiduciosa, abbandono in Dio.

            Con i figli succede la stessa cosa: non sono altri noi stessi, sono creature nuove, bisognose di aprirsi alla vita con fiducia. Se è difficile nascere, crescere lo è ancora di più. I genitori sono posti accanto ai figli, per aiutarli in questo compito, semplificando loro i problemi non ingigantendoli, caricandoli di significati, suggeriti magari dalla nostra ambizione di genitori. Saper sorridere su ciò che capita ogni giorno, è virtù che incoraggia il giovane, soprattutto se attraverso l’azione educativa, l’eventuale risultato negativo viene fatto vedere come conseguenza di scelte non troppo sagge. In questa maniera il ragazzo impara a dare valore alle sue scelte, senza cedere allo sconforto quasi che  una sconfitta fosse un indelebile marchio di infamia.

            Quando si vive così, la serenità, la gioia, il canto fanno parte del clima imperturbabile della famiglia e i figli lo respirano e crescono sani fisicamente, psicologicamente e spiritualmente.

            Un clima sereno favorisce l’accoglienza reciproca, la comunicazione spontanea, l’apertura dei cuori e allontana ogni forma di doppiezza, di bugia, di sotterfugi.

 

Condizione per l’equilibrio educativo

            Questo equilibrio nel compito educativo lo possono avere solo i coniugi che lavorano su se stessi e vanno acquistando una gerarchia di valori sempre più in armonia con la sapienza evangelica.

            La persona che fa un vero cammino di fede, si va progressivamente liberando da molte esigenze dell’egoismo: ha meno bisogno di gratificazioni, di consensi, di riconoscimenti, di espressioni di affetto. Anche all’interno della coppia, man mano che si progredisce, si ha sempre meno bisogno di quell’amore morboso che usa e abusa della persona amata. Sicuramente il corpo può partecipare della gioia dell’anima, ma deve essere un corpo che vive in sintonia con l’anima e diventa delicato, attento e premuroso come lo è l’anima.

            E’ bello venire a contatto con persone serene, gioiose, aperte alla speranza, chi ha questa dote la ritenga un grande talento, chi pensa di non averla la chieda a Dio nella preghiera. Se è vero che la gioia è uno dei frutti dello Spirito, si può chiedere allo Spirito stesso e ce ne darà l’intima esperienza. Secondo l’esperienza dei mistici, lo Spirito dà i suoi doni soprattutto alla persona di buona volontà che si impegna a lavorare sui propri difetti, a purificare il suo cuore. Si sa che l’azione di purificazione suppone sacrificio, rinuncia, umiliazione, esperienza di povertà, di distacco dalle cose terrene, di fiducia in Dio. Quando la persona ha dato sufficiente prova di buona volontà, interviene lo Spirito e comunica per dono ciò che faticosamente si è cercato con il proprio impegno, e quello che prima risultava difficile diventa abituale. A quel punto si è acquistata la virtù contraria al difetto originario. Questo vale anche per la gioia. E quando la gioia arriva non ci si ricorda più del dolore, proprio come fa la partoriente che grida nel travaglio del parto, ma quando il bambino è nato, la gioia fa dimenticare il dolore.

            Il salmo 30 dice: “Alla sera sopraggiunge il pianto e al mattino, ecco la gioia”. Mentre Ghibran, poeta orientale dice che gioia e dolore vanno sempre insieme, sempre perché il nostro è tempo di purificazione e la gioia piena sarà il premio, la nostra anima non è pure, il nostro corpo è soggetto a malattie, stanchezza, disturbi vari, la mente stessa non possiede la verità ed è facile ad essere ingannata da ragionamenti non saggi. Solo la vigilanza continua e la grazia divina che non è negata a chi la chiede, potrà sostenerci nella lotta.

            Questa situazione però, secondo l’esperienza di Paolo, deve occuparci ma non preoccuparci:

“Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi. Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale. (2Cor 4,7-11).

            Il sorriso affiora sulle labbra solo quando il cuore è in pace, perché il sorriso ha la sua sorgente nell’intimo di noi stessi; chi lo possiede rivela un’anima limpida, una coscienza pacificata. Il sorriso non ammette surrogati. La bellezza dei lineamenti non può reggere al paragone. Il riso malizioso, adescatore, ha un linguaggio che non ha niente a che vedere con il sorriso luminoso che nasce dall’innocenza o dalla bontà d’animo. La persona si qualifica dal di dentro, è lì che si fa la differenza.

            Il sorriso di Gesù, il sorriso della Vergine e dei Beati, il sorriso degli Angeli faranno il Paradiso.

            Il nostro Paradiso può cominciare in terra, nella nostra casa, quando impareremo a sorriderci con il cuore.

 

 

Questionario di approfondimento:

 

  • Hai un aspetto sorridente o serio e preoccupato?
  • Cosa comunichi a chi ti incontra? Analizzati serenamente e sinceramente.
  • Sai distinguere il riso dal sorriso? Quale la differenza?
  • Hai vissuto nella tua vita attimi di vera gioia?
  • Cosa ti dava gioia?
  • Hai provato anche angoscia, tristezza, disgusto, scoraggiamento, disperazione?
  • Cosa stava succedendo nella tua vita?
  • Ti sembra di avere dei problemi psicologici che ti rendono angosciato, diffidente, timoroso, pessimista?
  • In caso positivo, hai fatto o pensi di fare qualcosa per risolvere il tuo problema?
  • S. Paolo dice che uno dei frutti dello Spirito è la gioia. Hai mai chiesto allo Spirito di darti questo dono?
  • Chi in casa tua è più gioioso, fiducioso, sereno?
  • Riconosci che la persona gioiosa è una grazia di Dio?
  • Ringrazi Dio se tu o altri nella tua famiglia hanno questo talento?
  • Se dovessi definire la tua famiglia in base alla gioia la definiresti un paradiso, un purgatorio o un inferno? (sia pure inteso nel modo di dire usuale)
  • Stai educando i tuoi figli alla gioia, alla serenità o di ogni problema fai un dramma e crei angoscia?
  • La gioia oltre che un dato del temperamento è anche frutto di un lavoro di purificazione del tuo cuore. Cosa pensi di fare per rafforzare in te questo dono?

 

Proposito: Facciamo un sorriso ad ogni persona che incontreremo anche casualmente.

                  In famiglia procuriamo di non drammatizzare quando capita qualche contrattempo.

 

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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