TENTAZIONI TRAVESTITE
Spesso il tentatore, quando non riesce a non farci fare il bene, tenta di farcelo fare male e spesso ci riesce, lavorando nel nostro cuore per svuotare la buona azione con intenzioni non rette.
Ad esempio, se facciamo un atto di carità, ci fa ritenere in dovere di umiliare il beneficato, dicendogli, paternalisticamente, che ci si è cacciato lui in quella situazione, facendo scelte sbagliate; oppure ci fa trovare il modo di vantarci di ciò che abbiamo fatto, raccontandolo a destra e a sinistra; oppure ci rende presuntuosi addirittura verso Dio stesso, chiedendo in cambio di quel gesto una grazia particolare e minacciandolo di non fare più buone azioni se non ci esaudisce.
In realtà noi vendiamo cara la nostra pelle e non ricordiamo che tutto è dono ed è dono due volte poter fare del bene, dando del nostro superfluo in beni, in forze fisiche, in tempo. Tutto è dono!
Altro esempio: quando il tentatore non riesce ad allontanarci dalla vita parrocchiale impegnata, ci tenta a strumentalizzare il gruppo, rivendicando un tipo di partecipazione secondo i nostri criteri; criteri che spesso non tengono conto delle situazioni particolari in cui si trovano gli altri e quindi non rispettando la libertà di ciascuno a cercare e trovare la propria strada; imponendo tempi, luoghi e frequenza a nostra dimensione.
Spesso si pensa di sapere tutto degli altri e non si suppone che forse ci manca di sapere proprio il particolare che genera quei comportamenti che noi riteniamo “stranezze”.
Ricordiamo che è sempre la persona portatrice di diritti e non il gruppo. Il gruppo è funzionale alla persona. Se una persona, all’interno di un gruppo, si accorge di essere sottoposta a tentazione e, per la delicatezza della cosa non ne parla con i fratelli, ma magari decide di allontanarsi, noi non abbiamo diritto di sindacare su tale scelta e nemmeno di attribuire intenzioni arbitrarie che ci allontanano dalla verità. Dopo aver chiesto se siamo noi a crearle problemi ed aver chiesto scusa per eventuali indelicatezze, non dobbiamo fare altro che pregare per la persona che camminava con noi, perché i suoi problemi siano risolti a gloria di Dio.
Il tentatore è astuto: egli sa quanto è importante un cammino di fede, come palestra di allenamento alla vigilanza e perciò crea scompiglio tra i partecipanti, insinuando intenzioni contorte, interpretazioni arbitrarie; anche partendo da piccoli avvenimenti riesce a fare un polverone infernale. Il suo compito è quello di gettare veleni e divisione.
Per questo non si ripeterà mai abbastanza che il vincolo che deve unire i gruppi ecclesiali non deve essere l’amicizia umana, ma la fraternità evangelica, a base della quale c’è il perdono immediato di ogni contrattempo.
Quello che si dice del gruppo vale per la famiglia: quanto controllo reciproco dettato dal sospetto! Quante parole offensive dette con il pretesto di correggere gli sbagli del coniuge, quando egoismo con la scusa che altrimenti gli altri ne approfittano!....
E intanto l’amore non circola o circola “a singhiozzo”, come quelle lampadine che, per un contatto difettoso, si accendono e spengono in continuazione, dando solo fastidio.
Purificare il cuore. Vedere gli altri con gli occhi di Dio, questa è l’esigenza prima per un vero cammino di fede.
Anche per la nostra vita spirituale vale lo stesso discorso. A volte siamo capaci di imporci anche delle penitenze, delle mortificazioni, ma poi ce ne stiamo tutto il giorno angosciati e creiamo intorno a noi un clima pesante o magari critichiamo chi non fa le nostre stesse scelte, accusandoli di essere superficiali e poco impegnati.
Ricordiamo che la carità di giudizio vale più del sacrificio. Gesù ci dice: “Quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt 6,16-18).
Perciò, per non farci derubare dal tentatore il frutto delle nostre buone opere, teniamoci sempre nella luce dello Spirito e riveliamo al padre spirituale tutto ciò che agita il nostro cuore, perché egli possa indirizzarci sulla via retta. Le persone dedite alla vita spirituale acquistano maggiore sensibilità per ciò che riguarda la vita dell’anima e perciò possono aiutarci a scoprire le trame del tentatore.
Le persone in cammino di perfezione sono meno soggette alla tentazione aperta, ma più esposte all’inganno del nemico, perciò attraverso il discernimento devono porre attenzione a come il pensiero si traveste per smascherarlo, come fa il padrone di un castello che vigila in continuazione perché il nemico non lo inganni: “Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà” (Mt 24,43-44).
Sant’Ignazio dice che a coloro che procedono di bene in meglio l’angelo buono tocca l’anima dolcemente e soavemente, come una goccia d’acqua che cade sulla spugna, mentre il cattivo la tocca acutamente, con strepito e inquietudine, come quando l’acqua cade sulla pietra.
Bisogna seguire il corso del pensiero dal principio alla fine: se porta a cose buone è segno che viene da Dio, se inizia con cose buone ma poi porta, come conseguenza, ad una cosa cattiva, vuol dire che nasconde l’insidia del nemico.
Malattie della fantasia.
Alcuni pensieri-tentazione non sono esplicitamente cattivi ma superficiali, futili, mondani.
Oggi la maggior parte della gente ha la mente sempre occupata in pensieri futili: cronaca giornaliera, moda, sport, spettacolo.... Alcuni maestri di spirito ritengono questo inganno peggiore della tentazione aperta, perché questa è facilmente riconoscibile e ci stimola alla lotta, quella ci svuota piano piano dal di dentro e inoltre ci fa perdere tempo prezioso.
L’anima vittima di questo inganno, avverte una crescente malinconia che indebolisce la sua fede, la forza della preghiera, fa perdere la speranza e il coraggio di perseverare.
La fantasia quando non è usata per il bene, ci può caricare di aspettative, ci può fare immaginare una vita irreale, al di fuori delle nostre possibilità, ci indispone comunque verso la vita reale, che è molto più prosaica, fatta di doveri a volte pesanti, di impegni, di situazioni che richiedono pazienza, di ingratitudini. Cioè ci allontana dalla vita che dobbiamo santificare, facendoci desiderare il “frutto proibito”.
La fantasia ha il compito di accumulare dentro di noi “materiale grezzo” come: aspettative, desideri, progetti... ma è sempre la mente che deve dare ordine a questo materiale secondo un progetto che per noi cristiani dovrebbe essere quello di Dio. Questo lavoro di cernita e di orientamento lo può fare solo la mente sostenuta e orientata dalla “buona volontà”. Se la fantasia non è orientata, ci rende capricciosi, volubili, incapaci di portare a termine i progetti, incoerenti....
Malattie della mente:
Naturalmente noi siamo soggetti non solo alle malattie della fantasia ma anche a quelle della mente, nel senso che possiamo seguire una logica che non ci porta al vero bene. Questo implica uno sbaglio di obiettivo. Di questo inganno è spesso responsabile la filosofia dominante, cioè il modo di concepire la vita che caratterizza il tempo che viviamo.
La nostra ragione, per essere una buona guida, ha bisogno di essere illuminata dallo Spirito Santo. La retta ragione è un dono preziosissimo di Dio ed è a Lui che si deve chiedere per non errare.
Teofane distingue tra “ragione” e “intelletto”: la ragione agisce meccanicamente, distingue anche il vero dal falso, ma l’intelletto giudica il valore dei pensieri. L’intelletto è dono dello Spirito; chiediamolo con umiltà nella preghiera.
La malattia della ragione di chiama: “razionalismo” e tende a farci fermare ai nostri sillogismi, a ridurre tutto alla nostra dimensione, si può rischiare di pretendere di far passare anche il “piano di Dio” nel piccolo imbuto della nostra mente, fino a travisare completamente la stessa “Buona Novella”. (Gli omosessuali vedono nella relazione di Gesù con Giovanni una relazione omosessuale, nella Casa di Betania, (la casa dell’amicizia per eccellenza), una specie di ritrovo per invertiti....). La cecità è assoluta; si interpreta e si giudica a misura di ciò che si è.
Il razionalista perde molto tempo a porsi i problemi che la ragione non può risolvere. E’ più preoccupato di come risolvere i misteri che di come viverli.
E’ davvero importante purificare il cuore e chiedere allo Spirito Santo, nella preghiera, di aprirci alla dimensione spirituale della vita, di liberarci da questo materialismo ostinato, da questo razionalismo ateo, che pretende di ridurre Dio alla dimensione umana peggiore, invece di prendere stimolo dalla Parola, per elevarsi al soprannaturale.
Santificare il momento presente
Cosa saggia è fare per amore e in conformità al volere di Dio, ciò che siamo chiamati a fare in forza del dovere e delle circostanze che viviamo. Ogni momento ha le sue esigenze: se preghiamo, impegniamoci a stabilire un intimo contatto con Dio; se lavoriamo, facciamolo con senso di responsabilità, concentrando la nostra attenzione su ciò che stiamo facendo; se parliamo di qualcuno, stiamo attenti a non ferire la carità......
Il concentrarci su ciò che viviamo, senza pensare con acredine, rancore o vanagloria al passato, senza angosciarsi inutilmente per il futuro, disporrà la nostra anima nella pace e ci farà vivere in atteggiamento di offerta il presente, cioè ci permetterà di santificare l’attimo che passa.
Se noi lavoriamo con impazienza, serviamo i familiari con vittimismo, occupiamo la mente con mille fantasmi fatui, sicuramente vivremo angosciati e non daremo gloria a Dio né serenità alla nostra famiglia.
Per armonizzare la nostra vita nell’amore è necessario curare tutti i particolari: se sei sposato non puoi coltivare nel tuo cuore progetti da adolescente, se i figli sono grandi non puoi rimpiangere il tempo in cui li accudivi; se lavori fuori casa non puoi caricarti di stress perché lasci la casa in disordine; se sei in pensione, non puoi rimpiangere il tempo in cui lavoravi.... E’ bene, invece, fare ciò che resta e farlo nel migliore di modi, cioè santificando le circostanze che il tempo e le situazioni ci offrono. Sicuramente ogni situazione ha il suo vantaggio, compresa la malattia, l’impossibilità di lavorare, l’inutilità nei riguardi dei figli.
Molta gente dice che non ha tempo, che è impossibilitata a fare tante cose buone perché gli impegni familiari glielo impediscono, dice che non può dedicare tempo alla preghiera perché oberata dal lavoro...
Può essere vero... e allora, quando tutto questo da fare, per qualsiasi motivo diminuisce, perché non approfittare per intensificare la preghiera, per dedicare più tempo alla vita spirituale, alla meditazione, alla collaborazione in parrocchia, al volontariato?
I più, quando si allentano gli impegni cominciano a piangersi addosso. Se questo succede, è evidente che abbiamo il vizio di lamentarci, che comunque vadano le cose c’è sempre un pretesto per giustificare il nostro malcontento e comunque è segno che Dio non ci basta, abbiamo bisogno dell’attenzione delle persone, di sentirci utili per qualcuno, quasi che la nostra vita non potesse essere utile altro che prestando qualche servizio materiale, vuol dire che non abbiamo capito ancora l’utilità della preghiera, della pazienza, del buon esempio.
Unire la mente al cuore
Teofane il Recluso, un maestro di spirito, diceva ai suoi figli spirituali. “è necessario unire la testa al cuore”, pensare con lo Spirito che risiede nel cuore e stabilirsi nella pace.
Allora, per distinguere l’utilità o la dannosità dei nostri pensieri è necessario conoscersi, riflettere sugli impegni presi in passato, sulla nostra vocazione, cioè sul disegno che Dio ha su di noi.
La vocazione, cioè la chiamata alla vita e alla missione precede la nostra esistenza: «Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni». (Ger 1,5 )
E’ Dio che ci pensa, ci ama, ci coinvolge nel suo disegno di salvezza, ci associa al suo destino di gloria. Noi possiamo accettare o respingere la proposta.
Quelli che seguono perfettamente la proposta divina, diventano immagine di Dio nella sua perfezione; i trascurati ne danno un’immagine sfocata o deformata, quelli che la respingono diventano a immagine di ciò che scelgono.
Gesù, parlando di sé poteva dire: “Chi vede me vede il Padre”, perché sia pure soffrendo e gemendo, ha accettato di fare la volontà del Padre, che è sempre volontà perfetta.
Maria è passata da un “sì” all’altro, in un crescendo di generosità e di oblatività, fino ad arrivare al “sì” sotto la croce, che la immolava con il Figlio, meritando perciò di divenire “Corredentrice” con Gesù, nuova Eva, sposa fedele dello Spirito.
I santi hanno detto i loro “sì” anche quando altri avrebbero detto “No, questo è troppo!”, sono stati docili all’azione dello Spirito, e ora sono additati nella Chiesa come modelli.
Noi siamo in cammino: possiamo ancora rivisitare la nostra vita e capire come abbiamo risposto nelle varie circostanze; possiamo ancora chiedere perdono se la risposta è stata inferiore alle attese, se non siamo stati generosi, se ci siamo appostati nella zona dei mediocri; possiamo decidere oggi, di dare alla nostra vita una energica spinta verso la santità, riparando anche al passato, se ci accorgiamo che è utile farlo.
Per fare questo è necessario seguire la voce del cuore puro, che indica la strada di Dio, quella che Lui ha scelto per noi, la migliore, respingendo le voci della malizia, che tentano di allontanarci dalla perfetta realizzazione dell’immagine di Dio in noi.
Per la verifica personale
- Sai riconoscere quando il tentatore ti vuol derubare il bene che fai, mettendo nella tua mente pensieri e atteggiamenti che svuotano dal di dentro l’opera buona?
- Ti capita di mettere in evidenza e di vantarti del bene che fai?
- Ti presti al pettegolezzo, alla critica, a interpretare le azioni del prossimo in senso negativo?
- In famiglia metti in evidenza i difetti del coniuge e dei figli anche in forma inopportuna?
- Pensi di avere qualche malattia della fantasia?
- La tua fantasia ti fa desiderare una vita diversa, indisponendoti verso la vita che vivi?
- Tendi a lamentarti, creando in famiglia un clima insopportabile?
- Fai confronti con gli altri?
- Ti sembra di peccare di razionalismo, pretendendo di interpretare tutto quando accade secondo la logica umana?
- Che significa per te aver fede?
- Sai santificare l’attimo presente, vivendolo con la pazienza e accettando della volontà di Dio?
- C’è nella tua vita qualche “no” detto a Dio che ha bisogno di essere riparato?
- Con il passar del tempo noti in te una maggiore capacità di accoglienza della sofferenza?
- Sei più capace di capire la voce del cuore?
- Sai cosa vuole Dio da te in questa fase della tua vita?