A proposito di Lourdes: discussioni e distorsioni
(ovvero: un esempio di relativismo culturale)
Antonella
Nel mondo, oggi come ieri, sono tanti coloro che non condividono la fede in Cristo. Pur essendo numerosi, tuttavia, essi non sono certo autorizzati a guardare a coloro che invece si professano cristiani come se fossero dei creduloni e degli sciocchi o addirittura volgari truffatori che ingannano il prossimo per chissà quali inconfessabili scopi. Eppure questo è quello che avviene quotidianamente: i mezzi di comunicazione di massa (tv, giornali e oggi anche e soprattutto Internet) non perdono alcuna occasione non dico per contrastare (il che è ovviamente legittimo), ma per sbeffeggiare, volutamente travisandole, le idee e le posizioni dei credenti, non solo in campo economico, politico e sociale, ma anche per quanto strettamente riguarda i dogmi, i comandamenti che regolano la loro appartenenza alla fede cristiana e cattolica in particolare.
Quotidianamente, ad esempio, c’è chi pretende di insegnare al Papa quello che dovrebbe dire, e ai cristiani quello che dovrebbero fare. Mi riferisco in particolare ad argomenti quali l’aborto, la fecondazione assistita, l’eutanasia, la sessualità e via discorrendo, argomenti sui quali la cultura oggi dominante ha posizioni che noi cristiani non possiamo condividere, perché ispirate a filosofie materialiste e ad una diversa concezione della persona.
Negli articoli che sono stati finora pubblicati in questa sezione del giornalino, abbiamo descritto alcune di queste“teorie”, ogni volta cercando di spiegare razionalmente i motivi della loro inaccettabilità. Continueremo a farlo. Questa volta, però, vogliamo dare un dimostrazione di come, a volte, alcuni che si ergono a critici, in nome di una intelligenza e sapienza che con grande facilità si autoattribuiscono, non esitano a nascondere e addirittura a distorcere alcune realtà che pure i loro occhi li costringono a constatare, pur di non ammettere di trovarsi di fronte almeno ad un mistero.
Come dice Antonio Socci (Libero, 19 febbraio 2010), “nella mentalità moderna, imbevuta di ideologia, quando i fatti disturbano le opinioni, tanto peggio per i fatti”.
Stravolgere i fatti è comunque un’abitudine antica: già ai tempi di Bernadette ci fu chi, pur di non arrendersi all’evidenza di guarigioni avvenute a Lourdes e non umanamente spiegabili, cercò di alterare documenti o di raccontare i fatti in modo non corrispondente alla realtà. In un articolo pubblicato il 23 febbraio 2010 sul Corriere della sera da Vittorio Messori (giornalista convertitosi al cristianesimo in età adulta), si racconta appunto come abbiano reagito di fronte alla Grotta di Lourdes alcune personalità “che, nella Francia dell’epoca, simboleggiavano la “nuova cultura“ in polemica con “la superstizione clericale“
Messori si riferisce a Emile Zola, grande scrittore ma anche “maestro del naturalismo ateo. Deciso a smascherare “l’impostura dei preti“, nell’agosto del 1892 si imbarcò sul treno dei malati del Pellegrinaggio Nazionale. Stette a Lourdes una decina di giorni, ma passò solo due ore al Bureau medico. Eppure, cosa straordinaria, in quel tempo brevissimo si presentarono due donne sanate in modo spettacolare. Per prima Marie Lemarchand, 30 anni, il volto orribilmente devastato da lupus tubercolotico, i polmoni distrutti, il respiro affannoso. Fu portata al Bureau da un medico belga sconvolto: l’aveva vista prima e dopo l’immersione e aveva constatato la sparizione istantanea delle piaghe. Gli esami proveranno che erano scomparsi anche i bacilli delle tisi. In effetti, già data per moribonda, vivrà ancora 40 anni e avrà cinque figli. Zola, che l’aveva vista anch‘egli prima e dopo, scrisse che vi era stato solo un lieve miglioramento, presto sparito, dovuto “allo choc da pellegrinaggio“.
Ma se la Lemarchand si limitò a sorridere delle deformazioni dello scrittore e a pregare per lui la Vergine di Lourdes, non così la popolana Marie Lebrauchu, che si offerse come parte lesa nel processo per diffamazione contro Zola che molti chiedevano a gran voce. In effetti, le testimonianze sono unanimi: sul marciapiede della stazione di Parigi, lo scrittore l’aveva osservata sulla barella e aveva esclamato: "Se questa guarisce, io crederò". Il fatto è che “la Grivotte”, come la chiamò in un suo romanzo, guarì davvero e fu portata essa pure al Bureau in quelle due ore in cui vi era Zola. Ridotta a 30 chili, tisica all’ultimo stadio, coperta di piaghe purulenti, quando fu immersa nell’acqua fu scossa un brivido impressionante, allontanò con forza le infermiere che la sostenevano e andò, sulle sue gambe, fino alla Grotta. Quando Zola la vide guarita, tutti osservarono che, divenuto pallido, barcollò. Ciò non gli impedirà di parlare, anche qui, di una assurda “guarigione nervosa“, seguita poi da una ricaduta e dalla morte al ritorno a Parigi. E invece, la vera Grivotte visse ancora 30 anni, si sposò ella pure, ebbe due figli e divenne inserviente al grande magazzino Au bon marché. Imbarazzato dalle lettere ai giornali della miracolata, che non sopportava la mistificazione, Zola andò a trovarla nella sua soffitta e le propose di pagarla bene se accettava di trasferirsi nel Belgio, smettendola con le denunce pubbliche. In quel momento, tornò il marito, solido operaio, che buttò il romanziere giù per le scale, gridando: “Va al diavolo, falso scribacchino!”. I giornali riferirono la clamorosa scenata”.
Messori riferisce inoltre la vicenda di un altro illustre “testimone, Ernest Renan, l’ex-seminarista che -con la sua Vie de Jésus, uno dei maggiori best seller dell’Ottocento- si propose egli pure di smascherare la credulità cristiana. Anche per lui, Lourdes costituiva un imbarazzante problema e, per cercare di rimuoverlo ricorse… al denaro. In effetti, un suo intermediario… offrì ben 40.000 franchi a Dominique Jacomet. Costui era il commissario di polizia a Lourdes al tempo delle apparizioni e, attiratosi il malcontento popolare, era stato trasferito. Aveva dunque del rancore e Renan, saputolo, gli propose la grossa somma se lo avesse aiutato a scrivere un pamphlet contro quanto era avvenuto e avveniva attorno sotto i Pirenei. Ma Jacomet era cattolico, Renan per i cattolici era una sorta di “anticristo“ e i 40.000 franchi furono rifiutati.”
Questi sono episodi del passato, ma oggi la situazione si ripete. Scrive Antonio Socci nell’articolo citato in precedenza, nel quale anch’egli racconta l’episodio che ha per protagonista Zola: “il problema non è Zola, ma una mentalità – ancor oggi dominante – che in nome del realismo nega la realtà, in nome dello scientismo, nega la scienza e in nome del razionalismo nega la ragione. Diversamente da quanto comunemente si crede, il razionalismo sta alla ragione come la polmonite sta al polmone. Ecco perché uno scrittore pieno di umorismo come Gilbert K. Chesterton, il grande convertito inglese, dirà a proposito delle diverse reazioni ai miracoli: “Chi crede ai miracoli lo fa perché ha delle prove a loro favore. Chi li nega è perché ha una teoria contraria ad essi”. Bisogna però precisare che il confronto non è alla pari. La mentalità dominante è l’ideologia di un establishment che la fa da padrone nell’industria culturale”
In questo stesso articolo Socci cita anche il caso di Alexis Carrel, (1873-1944), illustre scienziato che nel 1912 ricevette il premio Nobel per la medicina. Egli, non credente, “di fronte a un’altra guarigione analoga, riguardante Marie Bailly, una ventenne di Bordeaux – che lui aveva conosciuto e analizzato come medico – nel 1903… andando a Lourdes rivide tutte le sue convinzioni e si convertì al cattolicesimo (racconta tutto nel suo memorabile “Viaggio a Lourdes”). Prima era certo che i miracoli non accadessero. Davanti al fatto si arrese. Carrel rispose lealmente a chi lo interrogava: “Bisogna constatare i fatti”. Tuttavia, scrive Sergio Luzzatto sul Sole 24 ore (citato da Socci nello stesso articolo) “Immaginando che una testimonianza del genere sarebbe bastata a rovinargli la carriera universitaria, Carrel cercò di mantenere segrete sia la sua visita alla città dei miracoli, sia l’apposizione della sua firma nella cartella clinica della donna risanata. Ma le voci circolarono in fretta a Lione come a Parigi, e nel giro di pochi mesi egli si vide costretto a lasciare la Francia per l’America”. Tale era il clima che Carrel, anche dopo aver preso il Nobel, non si decise a pubblicare il suo “Viaggio a Lourdes”, libro che uscì postumo: “tanto poteva allora, negli ambienti della ricerca internazionale” osserva Luzzatto “l’idea che una fede nella fede fosse incompatibile con la fede nella scienza”.
Conclude Socci: “Non ha dunque ragione il papa, Benedetto XVI, quando parla di “dittatura del relativismo”?
NB: L’argomento “Lourdes”è stato molto presente sui giornali in questa ultime settimane, in occasione dell’uscita di un film della regista austriaca Jessica Hausner. Al film, intitolato appunto Lourdes è stato attribuito un premio dalla UAAR (Unione. Atei e Agnostici Razionalisti) che vedono in questa opera un mezzo per dimostrare che la fede nei miracoli non ha motivo di esistere. Questo film ha però anche avuto il premio SIGNIS che è una associazione cattolica internazionale che si occupa di comunicazione. Tutto ciò suscita qualche perplessità: riportiamo alcune frasi di un altro articolo di Messori (Corriere della Sera, 12 febbraio 2010), secondo il quale il film della Hausner è un film del tutto ateo: “l' ateismo radicale del film sta nell' annuncio che il Cristianesimo è morto perché… sono morte le tre virtù teologali che lo sorreggevano: morta la Fede, morta la Speranza, morta anche la Carità, malgrado le apparenze di chi, come i volontari, sembra esercitarla”. Viene dunque da chiedersi se quei cattolici che hanno premiato la regista austriaca non siano caduti in un grosso equivoco.