IL NICHILISMO Antonella
Nichilismo
“Nihil” è una parola latina che significa “nulla”: da essa deriva il termine “nichilismo” che sta ad indicare la posizione di chi nega qualsiasi verità, compresa l'esistenza di Dio e la sua presenza nella storia: la vita, di conseguenza, gli appare totalmente priva di ogni senso. Chi la pensa così, prova dentro di sé un profondo disprezzo per l'uomo, compreso sé stesso; è incapace di concepire l'idea che si possa agire disinteressatamente, o per il bene degli altri e della società; vede solo l'atto che sta per compiere, riconoscendo in esso solo ciò che soddisfa quelle che sono in quel preciso momento le sue esigenze. E' come se pensasse: “Esisto solo io, ma so che la mia stessa esistenza è nulla: esiste solo l'immediato presente”. Non si pone quindi il problema di fare un progetto che vada al di là dell'attimo che vive. Non pensa al futuro, perché il futuro non esiste: di conseguenza la speranza non è presente nel suo orizzonte, perché non ha fondamenti su cui basarsi. La sua reale, continua condizione di vita è - e non può non essere – la disperazione.
Il nichilismo, nel secolo scorso, è stato teorizzato da filosofi come Nietzsche, che hanno descritto questo atteggiamento e lo hanno presentato come l'unico possibile nel mondo a loro contemporaneo e in quello che immaginavano come futuro. Oggi forse se ne parla un po' meno, ma esso è presente in molta parte della cultura contemporanea. Riprendendo l'espressione già usata da Nietzsche, alcuni pensatori odierni sostengono che esso si aggiri nel mondo come un “ospite indesiderato” influenzando scelte e atteggiamenti. In un mondo come quello in cui viviamo, nel quale spesso l'esistenza di Dio è negata o dimenticata, si capisce come possa diffondersi, magari non del tutto consapevolmente, una sorta di nichilismo pratico (che è l'unico del quale qui ci occupiamo).
Conseguenze sociali
Tale atteggiamento ha conseguenze socialmente rilevanti: è evidente, infatti, che, come si diceva prima, nell'ottica nichilista, comportamenti ispirati al rispetto verso gli altri o alla solidarietà, non hanno motivo di esistere. Dice Benedetto XVI nell'omelia pronunciata in San Pietro il primo gennaio 2010."L'uomo è capace di rispettare le creature nella misura in cui porta nel proprio spirito un senso pieno della vita, altrimenti sarà portato a disprezzare se stesso e ciò che lo circonda, a non avere rispetto dell'ambiente in cui vive, del creato”. Ed ha aggiunto:” Se l'uomo si degrada, si degrada l'ambiente in cui vive; se la cultura tende verso un nichilismo, se non teorico, pratico, la natura non potrà non pagarne le conseguenze”. Inoltre, il pensare solo a sé stessi e al soddisfacimento delle proprie immediate esigenze, ha – anche questo è evidente- come conseguenza comportamenti asociali, che non tengono conto dei diritti degli altri, come se si ritenesse che nessuna legge può essere valida se non quella che l'individuo pone a sé stesso, ispirata solo e soltanto ai propri bisogni. Comportamenti egoistici, di prevaricazione sugli altri, e addirittura di aggressione vera e propria, sono ritenuti non solo normali, ma anche legittimi.
Il nichilimo e i giovani
In un recente libro Umberto Galimberti analizza il fenomeno del disagio giovanile, descrivendo le situazioni esistenziali dei giovani di oggi e spiega i tanti comportamenti devianti che li caratterizzano, come la conseguenza di una mentalità nichilista che, forse senza che essi se ne accorgessero, ha invaso le loro vite. Essi si sono così convinti che la vita non ha e non può avere alcun senso e che a nulla servono quindi comportamenti ispirati alla solidarietà, alla giustizia, all'onestà o al rispetto per gli altri; persino la propria vita non ha alcuna importanza e non vale quindi la pena prendersene cura. In preda ad una sorta di disperazione profonda, molti giovani distruggono così la propria vita utilizzando droghe e alcool o percorrendo le strade ad altissima velocità; oppure mettono in serio pericolo la vita degli altri lanciando sassi dai cavalcavia. Comportamenti che appaiono senza senso, così come priva di ogni senso è per essi la vita.
Responsabilità educative
Di fronte a tutto questo, noi adulti abbiamo - tutti -la nostra parte di responsabilità, perché spesso anche noi, che mai ammetteremmo di non credere più a nulla, mettiamo in atto comportamenti che negano, di fatto, ciò che a parole affermiamo. Da noi i giovani – e prima di loro – i bambini, esigono coerenza: le nostre incoerenze distruggono le loro certezze o non permettono loro di nascere. Non a caso Benedetto XVI parla spesso di “emergenza educativa”, sottolineando con ciò la responsabilità di noi adulti nel confronti delle nuove generazioni e sollecitandoci ad esercitare senza debolezza il nostro compito di educatori, cui spetta proporre ai giovani solide certezze e criteri sui quali fondare la propria vita. Tuttavia, nota il Papa, gli stessi adulti “nell’attuale contesto sociale e culturale impregnato di relativismo e anche di nichilismo, difficilmente riescono a trovare sicuri punti di riferimento, che li possano sostenere e guidare nella missione di educatori come in tutta la loro condotta di vita.”(Discorso del 10 gennaio 2008, agli amministratori della regione Lazio,del comune e della provincia di Roma)
Come rispondere al bisogno di senso che rende così disperate le vite di tanti giovani? La risposta è semplice e, al tempo stesso, difficilissima: occorre riproporre loro, in modo credibile, la persona di Cristo. La difficoltà della risposta sta nel fatto che c'è forse un unico modo di proporre Cristo in modo credibile: questo modo è la testimonianza. Ecco quindi che ritorniamo al problema della coerenza, cui si accennava più sopra. I giovani devono percepire, attraverso i nostri atti, prima ancora che attraverso le nostre parole, che per noi la vita ha un senso profondo perché abbiamo incontrato Cristo e, attraverso di Lui, abbiamo trovato Dio ed abbiamo fatto esperienza del Suo amore per noi. Un Amore che ci ha fatto diventare Suoi figli, e, come tali, destinati alla vita eterna: questa è la buona notizia che vince il nichilismo. Le filosofie della disperazione e della morte saranno sconfitte nella misura in cui noi cristiani saremo capaci di partecipare ai giovani e al mondo intero la notizia dell'Amore che fin dall'eternità e per l'eternità ci avvolge e dà senso alla nostra esistenza.
A Gabriella, grazie
Agosto 1988, Montecompatri
“Va' a fare una passeggiata con tuo marito: ai bambini pensiamo noi”
E mentre io e Antonio ci allontaniamo sotto gli alberi, chiacchierando tranquillamente, Rinaldo spinge la carrozzina di Marco, senza farsi spaventare neanche dalle salite ripide che caratterizzano il piccolo centro dove stiamo passando le vacanze, e Gabriella gioca alle signore con Elisabetta e sorregge Paolo, ansioso di esercitarsi a camminare.
A me sembra che questa immagine riassuma efficacemente la vocazione alla solidarietà, nei fatti e non nelle parole, che ha caratterizzato la coppia formata da Gabriella e Rinaldo.
Quell'anno ci trovavamo a Montecompatri, proprio perché loro due si erano offerti di trovare un appartamento che potessimo prendere in affitto per il mese di agosto. Furono accanto a noi per tutto il tempo, ci aiutarono nelle difficoltà di ogni giorno, ci permisero di avere un po' di tempo per noi, fecero compagnia a Marco e fecero divertire i suoi fratellini, ci fecero sentire la vicinanza affettuosa di chi condivide gioie e dolori con gli amici e si offre di fare con loro un pezzetto di strada.
Di Gabriella ho, fra gli altri, un altro ricordo, molto tenero, risalente probabilmente al Natale precedente a quella estate: la vedo ancora presentarsi a casa con un pacchetto, contenente un dolce a forma di albero di Natale, cosparso di zucchero a velo, come se fosse neve. Ricordo il sorriso di Marco e l'allegro stupore di Elisabetta. che quasi non osava mangiarlo...
Piccoli, grandi gesti, poche parole: questa era Gabriella, questo è Rinaldo, al quale rimane il compito di continuare un percorso, certo ora molto più difficile; lui certo sa che la solitudine che ora vive è solo apparente, anche se questa consapevolezza non diminuisce il dolore. Gabriella è con lui, al suo solito modo, discreto ma efficace. Gabriella, vorrei dire, è ancora con tutti noi.
E mi consola il pensiero che ora lassù lei abbia incontrato Marco (che ha più volte sognato – così mi ha detto – nei mesi successivi alla sua morte) e l'abbia abbracciato anche per me.
Antonella