IL TRADIMENTO DI GIUDA Dada
Il pastore che introduceva il lupo nell’ovile e il cane Favola 317
Un pastor, dentro l’ovil spingendo il gregge, insieme un lupo per poco non ci chiuse. Ma il cane se n’avvide. “Bravo!”, gli disse, “staranno bene, codeste pecorelle, se dentro un lupo ci metti in compagnia!”.
La compagnia dei malvagi può procurare gravi danni ed essere anche causa di morte.
Giuda era un corrotto. Salì sul “carro” di Gesù, perché era certo che dalla sua avventura di apostolo del Signore sarebbe uscito vincitore. L’avidità e il senso di opportunismo erano i sentimenti che lo tenevano legato al gruppo. Intanto continuava a fare la sua vita di persona ambigua e senza scrupoli. Il suo cuore uccideva i buoni sentimenti, prima ancora che si potessero manifestare; sicché l’invidia, l’ipocrisia, il risentimento, la menzogna, il tradimento prendevano il sopravvento. Non riconobbe a Gesù gli attributi di Figlio di Dio, già annunciato nelle Scritture, né il suo amore e i miracoli che lo assimilavano al soprannaturale, ma lo considerò un uomo che, con la sua ascendenza sulle folle, avrebbe potuto diventare re del popolo ebreo e lui avrebbe potuto godere di tutti i privilegi della casta.
Intanto cercava complicità anche tra i Farisei, uomini di potere scaltri e conoscitori di “escamotages”, che permettevano di passare indenni nelle maglie della Legge. Gesù sapeva e ancora lo chiamava amico, ma il cuore di Giuda era sordo a questo richiamo d’amore; per lui “amico” era una parola vuota, senza vita. Sappiamo quale fu la sorte dei due su questa terra.
I complici di Giuda, infine, giunsero a disprezzarlo, mentre egli, tormentato dalla sua stessa coscienza, si andava pentendo di aver venduto un innocente.
Non tocca a noi giudicare che fine abbia fatto l’anima di Giuda, ma voglio citare S, Caterina da Genova, mistica del 1400. Parlando alla Santa del Suo Amore, della Sua grande misericordia, il Cristo, apparsole, le avrebbe detto con un sorriso indulgente: “Se tu sapessi quel che ho fatto di Giuda…”. Comunque sarebbe bastato che lo sventurato avesse detto con umiltà: “Gesù, perdonami!” e avrebbe salvato la propria vita…!.
La figura di Giuda, almeno sino a prima della restituzione dei 30 denari, riassume le caratteristiche dell’uomo corrotto, che non ha altri fini se non quelli volti alla conquista dei privilegi, da raggiungere se necessario con l’inganno, l’ipocrisia e l’opportunismo.
Stretto nella morsa delle sue insane abitudini, senza saperlo ne diventa schiavo. Il corrotto non ha vie di scampo; egli in fondo è un cadavere vivente in continua decomposizione.
Tuttavia Madre Speranza ci offre un esempio di redenzione di persone corrotte, che ebbe modo di conoscere. Erano 4 massoni. Essa li affiancò in un processo tanto delicato quanto esaltante, non solo come un’amica sincera, ma come una Madre piena di misericordia per dei figli che si erano persi e che stava ritrovando, convertiti e pentiti.
Questa vicenda dimostra che un corrotto, abituato a cercare soltanto dei complici e non degli amici, se accetta di accompagnarsi ad un amico vero, può, con l’aiuto di Dio, convertirsi. L’amore di Dio può passare anche attraverso l’amicizia sincera e può vincere ogni ostacolo, percorrendo vie per noi misteriose, e guarire anche il cuore più indurito. La sofferenza, data da un forte dolore, è grande maestra di vita; talvolta Dio ce la manda per aiutarci a trasformare il nostro cuore, aprendolo all’umiltà, al pentimento, alla carità.
O Dio, allontanaci dalle tentazioni, perdona sempre i nostri peccati e liberaci da ogni forma di corruzione, che ci impedisce di riconoscerci peccatori. Così sia.
Salmo 32, 10-11 “Molti saranno i dolori dell’empio,
ma la grazia circonda chi confida nel Signore.
Gioite nel Signore ed esultate, giusti,
giubilate voi tutti, retti di cuore.