ROMA, METAFORA DI UNA CERTA SOCIETA’
LA VOLPE E LA MASCHERA favola 43
Una volpe penetrò nella casa di un attore e, frugando in mezzo a tutti i suoi costumi, trovò anche una maschera da teatro artisticamente modellata. La sollevò tra le zampe ed esclamò: “Una testa magnifica! Ma cervello, niente”.
Ecco una favola per certi uomini belli di corpo ma poveri di spirito.
A 15 anni dall’ultimo premio Oscar conferito all’Italia, per il miglior film straniero, la scorsa primavera Hollywood ci ha di nuovo premiati per l’opera “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino. La trama si svolge sullo sfondo di una Roma antica, dalle sfumature cariche di fascino. I personaggi onirico – realistici si muovono come tanti fantocci, senza etica né interrogativi esistenziali. Jepo, l’interprete principale, è uno scrittore – giornalista fallito che attraversa quel mondo ormai in disfacimento e vi si mescola con un certo sguardo ozioso, di chi vede senza guardare. Ormai tutto va sfumando in una degenerazione antropologica: potere, piacere, cultura, follia, poesia; bellezza e bruttezze si mescolano nel tentativo irrisolto, forse di recuperare una certa identità.
Le figure sono misere, senza speranza. Sullo sfondo di una Roma che lascia intravvedere meraviglie e antichi fasti, emerge una società in completa dissoluzione, avulsa da ogni valore.
Jepo si muove in questo mondo e ne vive la vacuità; da spettatore assente, forse in attesa che succeda qualcosa, forse la fine.
In questa bolgia si ammassano cultura ed emarginazione, fatuità e tedio, prostituzione ed interessi personali. E’ l’immondezzaio umano di certe feste, che annoiano tutti e la cui superficialità, senza confini forse fa da scudo alla disperazione, non mai affiorata alla ragione. Anche la volontà si è dissolta nel liquame.
Roma rappresenta un mondo, che purtroppo si sta facendo strada impunemente nella società odierna; essa è metafora di una certa umanità corrotta, debole, dalla coscienza in dissoluzione. Una musichetta dozzinale, ripetitiva e l’espressione di Jep, vagamente godereccia, rimarranno a lungo nell’immaginario di coloro che hanno visto il film, giudicandolo bello o brutto. Costruire un’opera d’arte è privilegio di pochi. Consapevole che il mio giudizio critico poco conta, voglio dire comunque che il messaggio che il regista ci ha consegnato, è arrivato allo spettatore attento. Rimane tuttavia il rimpianto di certi film del grande Fellini, a cui il regista si è ispirato, ma senza fargli onore.
LETTERA A TITO (2,11-15) Tito 2:11-15
È apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo; il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone.
Questo devi insegnare, raccomandare e rimproverare con tutta autorità. Nessuno osi disprezzarti!