I vip e le campagne pro aborto: la morte che rende
Scorrendo internet e sfogliando le varie riviste patinate ci si accorge che, in questo periodo, pare essere improvvisamente scoppiata una nuova tendenza tra i vip, quella di rendersi protagonisti di campagne rigorosamente filo-abortiste. Pensiamo alla recente sfilata di Gucci a Roma con i datatissimi slogan femministi degli anni ’60 stampati sulle giacche o l’ultimissima trovata pubblicitaria utilizzata nella campagna lanciata da Marc Jacobs e che ha il volto della discutibile cantante Miley Cirus. La giovane donna ha postato una serie di immagini volgari per promuovere l’aborto e finanziare, tramite la vendita di una felpa, il lavoro di Planned Parenthood, l’organizzazione che ogni anno uccide oltre 320 mila bambini. Una di queste immagini la ritrae mentre lecca in maniera allusiva una torta recante la scritta «l’aborto è assistenza sanitaria».
Insomma, una “commovente” levata di scudi generale, probabilmente contro l’ascesa dei movimenti pro life che parte dall’America e che si sta concretizzando in leggi che offrono maggior tutela ai nascituri in vari Stati americani, ma che di fronte agli enormi interessi economici e di ritorno di immagine che ci sono dietro, fa apparire quasi nulla, a confronto, il problema di fondo che questo tipo di martellamento mediatico sottende: un capovolgimento della realtà e della libertà d’espressione che vanno strettamente a braccetto l’una con l’altra: ovvero, oggi, la libertà d’espressione autenticamente minacciata, non è quella di chi per “espressione” sottintende l’uccisione di un innocente, ma è paradossalmente quella di chi difende il diritto del concepito, che non può parlare, a venire al mondo.
Notiamo quanto sia difficile dire la propria a chi difende la vita, pensando ai polveroni mediatici sollevati per i manifesti di Pro Vita o i feti di plastica al Congresso mondiale delle Famiglie. Insomma promuovere la morte sembra essere diventata l’ultima moda dei media e dello star system: vuoi essere sempre sulla cresta dell’onda? Bene, devi avere almeno uno spot abortista nel tuo curriculum: un modo come un altro per vendere la propria vita al dio denaro. Ma anche battersi per il perverso sovvertimento del piano della logica e della realtà oggi è à la page e rende molto: ovunque sono spottoni mediatici pro fecondazione eterologa e utero in affitto, strizzando preferibilmente l’occhio alla condizione single e alla coppia gay. Non c’è attore o attrice che non si sbracci per apparire di mentalità “aperta” e “progressista” su queste tematiche. È il sovvertimento del piano del reale che presenta l’infertilità strutturale come libertà e la libertà come infertilità (pensiamo alla promozione dell’aborto e degli anticoncezionali) e che mira a far riprodurre artificialmente chi biologicamente non può e spinge a uccidere il proprio figlio chi la vita la può trasmettere in modo naturale.
Perché tutto questo? Verrebbe da dire che molto spesso, in certi ambienti, si vende la propria primogenitura per un piatto di lenticchie. Ma talvolta la cosa è talmente eclatante e sfacciata che si rischia di cadere nel ridicolo: cosa che è successa a Sophie Turner, una delle protagoniste di Game of Thrones, nonché del nuovo film degli X-Men, che si è vantata del suo boicottaggio pro aborto contro la Georgia, dichiarando che in questo Stato, in cui è stata approvata una legge che restringe l’aborto alle prime sei settimane di gestazione, ovvero alla rilevazione del primo battito cardiaco fetale, non lavorerà mai più. Eppure persino la stampa di sinistra le ha fatto notare che per ben 10 anni ha girato una serie tv in Irlanda del nord, dove le leggi sull’aborto sono ancora più severe, ma all’epoca tutto ciò evidentemente non fruttava nulla e se n’è infischiata beatamente.
Ma adesso la morte è diventata di moda e ciò significa che rende ma, come al solito, stiamo parlando della morte degli altri.
Manuela Antonacci