LA CIVILTA’ DELLA MORTE Gabriele Soliani
Non è una fantasia parlare di deriva etica ma una realtà a volte imbarazzante.
L’esempio dell'Olanda rappresenta, nel continente europeo, l’espressione più avanzata della conquista dei cosiddetti “diritti civili”. Oltre all'aborto si va dai Coffee Shop autorizzati a vendere sostanze stupefacenti leggere (hashish e marijuana) a persone che abbiano più di 18 anni (ora non più ai turisti), alla prostituzione, considerata una professione legale, alla non imputabilità dell’incesto se “consumato” tra soggetti adulti consenzienti, alla costituzione del partito dei pedofili, ora sciolto, ma mai messo fuori legge. Nel 2001 i matrimoni omosessuali sono stati riconosciuti per legge, poi è arrivata l’adozione dei minori da parte delle coppie omosessuali.
Nel 2002 è stata legalizzata l’eutanasia per i malati terminali che ne facevano richiesta. Poi il Canadian Medical Association Journal (CMAJ) ha scoperto che un terzo delle soppressioni avveniva senza autorizzazione da parte del paziente. In seguito nel St. Pieters en Bloklands, un centro anziani di Amerfott, si è deliberatamente deciso di non rianimare i pazienti al di sopra di 70 anni.
Nel 2005 la clinica universitaria di Groningen e le autorità giudiziarie olandesi hanno stipulato il famigerato “Protocollo di Groningen” riguardante la possibilità di eutanasia anche per i bambini sotto i 12 anni, fino all'età neonatale. In Olanda ogni anno circa 1.000 bimbi muoiono nel primo anno di vita, e per circa 600 di questi neonati il decesso è preceduto da una decisione medica sul fine vita.
Nel 2011 la Royal Dutch Medical Association (KNMG) ha rilasciato nuove linee guida per le quali si dovrebbero includere tra i beneficiari dell’eutanasia anche chi ha “disturbi mentali e psico-sociali” come “perdita di funzionalità, la solitudine e la perdita di autonomia”.
A guardare bene si tratta di una serie crescente e impressionante di “scelte laiche”. La cosiddetta autodeterminazione sembra al centro di tutto, ma non è così perché né i poveri bimbi malati terminali né gli anziani poco lucidi possono dare un libero consenso. Sull’altare del laicismo ora neppure il libero consenso serve. Il “piano inclinato” della deriva etica porta sempre più giù.
Infatti ora si aggirano per la città di Amsterdam delle “unità sanitarie mobili” composte da medici e infermieri – tutti volontari – disposti a praticare l’eutanasia a domicilio. La controversa iniziativa denominata Levenseinde (Fine Vita) è stata introdotta in Olanda dalla NVVE, Nederlandse Vereniging voor een Vrijwillig Levenseinde, che tradotto significa “associazione per una volontaria fine della vita”, un'associazione con 130.000 aderenti che vanta il macabro primato di organizzazione eutanasica più grande del mondo.
Questi angeli della “dolce morte” intervengono quando i medici di famiglia non sono in grado o si rifiutano di applicare l’eutanasia ai propri pazienti. Basta una telefonata o una e-mail, ed entro quarantotto ore parte il servizio a domicilio. Questo sistema riesce ad aggirare “l’ostacolo” dell’obiezione di coscienza. La legislazione olandese in materia di eutanasia è una delle più liberali al mondo ma i medici possono comunque rifiutarsi di praticare la dolce morte, per motivi di carattere etico, filosofico o religioso. Da quando sono operativi, ovvero dai primi di marzo, i volontari della morte hanno ricevuto una settantina di chiamate. Non si sa molto di queste unità mobili tranne il fatto che uno dei coordinatori è un medico sessantasettenne attualmente in pensione. Ogni anno in Olanda vengono effettuati tra i duemila e i tremila suicidi assistiti, anche se pare che le cifre siano molto superiori se si considerano i casi non registrati. L’Ordine nazionale dei medici olandesi, che riconosce la legittimità dell’eutanasia, non è parso molto convinto dall’iniziativa, ma solo perché l’eutanasia sarebbe «un procedimento complicato», e perché i medici “volanti” «non possono avere il tempo di instaurare una relazione sufficientemente profonda con i loro pazienti in modo da valutare con equilibrio la loro richiesta». Inoltre lo stesso Ordine nutre perplessità sul nome dell’iniziativa (Fine Vita) perchè può indurre l’idea che il servizio non sia destinato solo ai malati terminali ma anche a chi sia semplicemente ..... «stanco di vivere».
Dunque aprire ai multiformi "diritti civili" sposta sempre più in avanti il limite della legge. Tutto diventa un "diritto" che deve solo (!) essere regolamentato. Quali altri diritti dobbiamo aspettarci ?