SENZA MADRE, SENZA DIO
Un mondo fondamentalmente maschile nel quale la donna non ha alcuna funzione è sempre più un mondo senza Dio, poiché, senza madre, Dio non può nascervi. Alle porte del Natale è lei a presentarsi davanti a noi, Maria di Nazaret, una donna incinta come tante altre madri, ma destinata a custodire in sé il mistero cristiano per eccellenza. Tutte le madri portano in sé un figlio adottivo di Dio, lei invece il Figlio di Dio senza altre specificazioni. Mentre lei avanza tra le strade di Betlemme col suo sposo Giuseppe alla ricerca di un alloggio, mentre per quelle stesse vie s'affollano coloro che devono registrarsi all'anagrafe imperiale romana, noi che a distanza di secoli contempliamo quella scena, ascoltiamo le parole di un teologo laico ortodosso, Pavel Evdokimov, vissuto e morto a Parigi nel 1970. Dal suo saggio La donna e la salvezza del mondo (1958) abbiamo estratto questo bel canto della femminilità. Certo, se sfogliamo la letteratura, è più facile che imperi l'ironia e persino il disprezzo che fluisce da penne di uomini convinti del loro primato arrogante. Purtroppo ci sono anche donne che si sono allineate a questo stile di spavalderia e di prevaricazione, imitando il maschio. Per fortuna, però, il mondo non è tutto maschile e, proprio per questo, il mondo non è senza Dio. Infatti, «senza madre, Dio non può nascervi». Ecco, allora, lei, la madre di Cristo, che salutiamo alle soglie del suo parto che è anche la nostra festa di Natale, giorno in cui la nostra solitudine nelle lande spesso desolate della nostra storia viene infranta da una presenza che ci supera e ci salva. Pur senza l'enfasi di quel poeta, con Gozzano possiamo dire: «Donna: mistero senza fine bello!».
IL TUTTO NEL NULLA
I fanciulli trovano il tutto nel nulla, gli uomini il nulla nel tutto. Dopo aver amato Leopardi nella mia adolescenza per la sua straordinaria poesia, molti anni più tardi ho imparato a conoscerne un altro profilo leggendo il suo Zibaldone, uno specchio della sua anima, dei suoi tormenti, delle sue insofferenze e ostilità. Sono pagine spesso roventi nella loro essenzialità e, in quest'anno trascorso insieme, ne abbiamo offerto più volte squarci ai lettori. È ciò che faccio per l'ultima volta oggi, nella festa dei Santi Innocenti, vittime della crudeltà e brutalità degli adulti; e ben sappiamo quanto fitta sia la folla degli Erodi che s'insinua nelle case, nei parchi, tra i giochi dei bambini e persino nelle chiese. Ora, però, il poeta di Recanati ci invita a una più lieve ma sempre seria riflessione. Tutti abbiamo provato talvolta a osservare un piccolo che gioca o che si fissa su un particolare minimo della natura: la realtà più semplice si trasfigura ai suoi occhi in un microcosmo in cui egli è ospite e signore, immerso nel suo desiderio di scoprire e sviscerare. Egli trova veramente il tutto in un nulla. Proprio al contrario della nostra superficialità di adulti che passa in mezzo a un mondo di meraviglie, a presenze luminose, con l'indifferenza di un mercante che calcola solo costi e ricavi, rischi e vantaggi. Il tutto, col suo mistero immenso, sembra a molti solo un campo di esercitazioni per filosofi o predicatori. Anche in questo senso ha valore la lezione di Gesù a «diventare piccoli» per saperci stupire e per scoprire la grandezza di ciò che vediamo, incontriamo, sperimentiamo. Nel terreno della storia potremmo trovare anche noi – come diceva il poeta Mario Luzi – «il bulbo della speranza… in attesa di fiorire alla prima primavera». Da Il Mattutino di Gianfranco Ravasi
DIO E IL PENSIERO
L'uomo non si deve accontentare di un Dio pensato perché così, quando il pensiero ci abbandona, ci abbandona anche Dio. La pensée fait la grandeur de l'homme: non c'è bisogno di tradurre questo che è uno dei Pensieri del grande filosofo francese Pascal. Il suo contemporaneo e altrettanto celebre Cartesio aveva coniato quel Cogito, ergo sum che abbiamo imparato a scuola e che univa intimamente essere e pensiero umano. Ma molti secoli prima, nella lontana India, tra le sentenze buddhiste del Dhammapada si leggeva: «Tutto quello che siamo è il risultato di ciò che abbiamo pensato: è fondato sui nostri pensieri, è formato dai nostri pensieri». Lode, quindi, al pensiero umano, che si inoltra nei meandri dell'essere, dell'esistere e del mistero. C'è, tuttavia, un «ma» che proprio Pascal ha scritto subito dopo nei suoi Pensieri esaltando, come è noto, le «ragioni del cuore» e concludendo che «l'ultimo passo della ragione è riconoscere che ci sono infinite cose che la sorpassano». A questo punto entra in scena la fede, una conoscenza che segue un altro percorso parallelo a quello dell'amore. E qui vale la considerazione sopra citata sul Dio solo «pensato» che faceva Meister Eckhart, un geniale mistico e teologo domenicano tedesco contemporaneo di Dante. Nei suoi scritti egli spesso procedeva quasi sulla lama di un coltello, inoltrandosi nel mistero divino o in quello dell'essere e del nulla, lungo territori labili di frontiera. Un Dio che alberga solo nel ragionamento è insufficiente perché, se dovesse scricchiolare l'argomentazione razionale, anch'egli si dissolverebbe. Esemplare l'itinerario di Giobbe che a lungo s'interroga su Dio, ma alla fine è l'incontro a svelarlo: «Io ti conoscevo per sentito dire, ora i miei occhi ti vedono» (42,5).