Santa Angela da Foligno
Ricerca a cura di Elisabetta
Poco dopo la sua conversione, ebbe prove durissime, per lo spazio di due lunghi anni.
«Per paura, ella dice, che la molteplicità delle rivelazioni e visioni non mi inorgoglisse e il loro diletto mi inebriasse, mi furono dati parecchi tentatori, che moltiplicavano in me le tentazioni e le afflizioni, sia dell'anima, che del corpo.
Sono in balìa di parecchi demoni, che fanno rivivere in me i vizi che erano morti e che mi fanno orrore; ve ne aggiungono, poi, altri che non ho mai avuto. Un vizio che non ho mai avuto (quello dell'impurità) viene in me e vedo chiaramente che ciò è per permissione di Dio. Esso sorpassa tutti gli altri. Ma, per combatterlo, mi è stata data manifestamente da Dio una virtù che me ne libera. Quando questa forza si nasconde un istante e finge di abbandonarmi, il vizio, che non oso nominare, diviene tanto violento, che né vergogna, né castigo sono capaci di impedirmi il peccato. Ma, improvvisamente questa forza divina mi ritorna e mi libera ».
Questa santa era spesso tentata di disperazione. Allora, «io dico a Dio: se devo essere dannata, che almeno io lo sia subito; non ritardate. Giacché voi mi avete abbandonata, finite, e gettatemi nell'abisso. Coll'anima immersa in questo abisso, io rotolavo ai piedi di quei miei fratelli, che si chiamano miei figli, e dicevo loro: non mi credete più! non vedete che sono indemoniata? Voi, che vi chiamate miei figli, pregate la Giustizia di Dio, affinché i demoni abbandonino l'anima mia, e manifestino al mondo l'orrore della mia condotta, e Dio non sia più disonorato per causa mia... Sappiate pure che io sono arrivata ad un grado inaudito di disperazione. Ho disperato assolutamente di Dio, e questo è un affare ormai sistemato fra di noi. Sono certa che non vi è al mondo una creatura tanto cattiva e tanto degna di dannarsi quanto me. Tutti i favori di Dio avevano lo scopo di condurmi ad uno stato più terribile di disperazione e di dannazione ».
«Qualche volta mi sento presa da tal furore contro me stessa, che, a fatica, posso resistere al bisogno di farmi in pezzi. Altre volte non posso fare a meno di percuotermi orribilmente, tanto che la mia testa e le mie membra ne sono gonfie». Ebbe pure tentazioni e disturbi di falsa umiltà.
«Io provo continuamente un'umiltà che mi fa vedere priva di ogni bene, di ogni virtù, immersa in una sì grande moltitudine di peccati e di difetti, che Dio non può usarmi più misericordia. Mi pare di essere come la casa del diavolo, il suo agente, il suo trastullo, la sua figlia, estranea a qualunque rettitudine e a qualunque verità, degna del più profondo dell'inferno. Tale umiltà non è quella che ho altre volte; quella che mi rallegra e mi fa intendere la bontà di Dio; questa, invece, mi porta mali innumerevoli».
Altre volte le pareva di essere quasi abbandonata da Dio e nell'impotenza di pregare. Una di queste prove durò un mese: «Io non vedevo più nessuna traccia di Dio in me, eccetto la volontà assoluta di non peccare».
Finalmente ella si sentì rivolgere queste parole: «Più ti credi abbandonata, più tu sei amata da Dio e più sei stretta da lui».
Poco prima di morire, essa diceva ai suoi figli spirituali: «Dio non mette fine alle tentazioni e alle tempeste, se non quando tutto l'uomo è stato calpestato, schiacciato, stritolato. Tale è il contegno speciale verso i suoi veri figli!».