Eutanasia e scenari inquietanti Gabriele Soliani
I sostenitori dell'autodeterminazione sul “fine vita” definiscono il disegno di legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento un documento “proibitivo”, “illiberale”, “liberticida”. Il signor Englaro in un'intervista recente su “L'espresso” addirittura la definisce “... una legge diabolica che cancella il più fondamentale diritto: decidere da soli le terapie cui ci sottoponiamo”.
Potremmo guardare in un altro paese europeo per farci un'idea del reale e incontrollabile “piano inclinato” che l'apertura alla “dolce morte” inevitabilmente porta con sé. Del resto anche l'aborto legale in Italia, previsto inizialmente per evitare l'aborto clandestino, si è trasformato in strumento di prevenzione delle nascite con il dramma di oltre 5 milioni di bimbi non nati.
Da uno dei pochi paesi europei dove l'eutanasia nel 2002 è stata legalizzata, il Belgio, provengono notizie che dimostrano quanto sia possibile il rischio di abusi o derive. In Belgio siamo già ben oltre le Dichiarazioni anticipate di trattamento perché loro prevedono le “dichiarazioni anticipate di eutanasia”. A fine 2010 erano state registrate presso le autorità competenti - l'SPF (Servizio Pubblico Federale) Salute Pubblica - 24.046 di queste dichiarazioni, delle quali tre quarti nelle Fiandre, la parte più popolosa del paese. Nel corso del 2010 sono state registrate 8.000 “nuove” dichiarazioni, ossia una media settimanale di 170, cifra ritenuta..... troppo bassa !!
Per il quotidiano “Le Soir” di Bruxelles a frenare la divulgazione di questa pratica sarebbe l'obbligo di recarsi presso i servizi pubblici accompagnati da due testimoni di età adulta ed anche il fatto che il documento vada rinnovato ogni cinque anni per essere valido. Uno sviluppo preoccupante legato alla “dolce morte” è quello segnalato il 25 gennaio scorso da Wesley J. Smith, chiaro oppositore dell'eutanasia e del suicidio assistito. Sul sito della rivista statunitense First Things lo stesso Smith ha richiamato l'attenzione su un progetto presentato nel dicembre 2010 da tre medici belgi (Dirk Ysebaert, dell'Università di Anversa, Dirk Van Raemdonck, dell'Università Cattolica di Lovanio, Michel Meurisse, dell'Università di Liegi) durante un convegno sulla donazione e il trapianto di organi, organizzato dall'Accademia Reale di Medicina del Belgio.
I tre medici hanno proposto una serie di linee guida per il prelievo di organi per trapianti da persone morte per eutanasia, dato che il 20% (cioè 141 su 705) delle persone che nel 2008 hanno scelto ufficialmente l'eutanasia in Belgio soffriva di disturbi neuromuscolari. E poiché si tratta di pazienti con organi di una qualità relativamente "alta", rappresenterebbero una categoria di potenziali “donatori” per combattere la penuria di organi in Belgio e gli altri paesi membri dell'organizzazione Eurotransplant. Proposta a dir poco urtante, ma che rivela lo scenario possibile.
Altri due studi pubblicati l'anno scorso (il primo a maggio sul Canadian Medical Association Journal e il secondo ad ottobre sul British Medical Journal) rivelano che il 32% dei casi di "morte medicalmente assistita" nella regione delle Fiandre avviene senza richiesta o consenso del paziente. In più della metà di questi casi (il 52,7% ) la persona cui è stata applicata l'eutanasia senza la sua esplicita richiesta aveva 80 anni o più. Dalla seconda inchiesta emerge che solo il 52,8% di tutti i decessi per eutanasia nelle Fiandre è stata comunicata all'organismo competente, la Commissione Federale di Controllo e di Valutazione, anche se la legge richiede di farlo. Non solo, ma in quasi la metà dei casi non segnalati (il 41,3%) la procedura dell'eutanasia è stata eseguita da un infermiere in assenza di un medico, mentre la legge belga prevede che esclusivamente il medico possa praticare l'eutanasia. Inoltre il professor Wim Distelmans, esperto in cure palliative della Vrije Universiteit Brussel, ha lanciato di recente un appello per creare in Belgio una vera e propria "clinica dell'eutanasia" (De Morgen, 22 gennaio). Come se non bastasse aumentano le richieste di estendere l'eutanasia anche ai minori, che ovviamente non possono dare il consenso e legalizzando in questo modo una prassi già ben radicata. Uno studio reso pubblico nel marzo del 2009 sull'American Journal of Critical Care ha rivelato che in cinque delle sette unità di cure intensive pediatriche del Belgio i casi sono stati almeno 76 nel biennio 2007-2008. Questi dati ci dicono molto sugli scenari possibili, e sappiamo che non sono fantasie.
Proprio per questo, e non solo, diciamo convintamente che il “diritto” alla vita è indisponibile e che lo Stato deve codificarlo come tale.
NIENTE ADOZIONI PER I CRISTIANI
PERCHE' NON ACCETTANO PIENAMENTE L'OMOSESSUALITA':
SAREBBERO PESSIMI GENITORI (SECONDO LE LEGGI INGLESI)
(Ricerca a cura di barbara)
''Volevamo offrire amore e una casa ai bambini che hanno bisogno; siamo stati esclusi per le opinioni morali basate sulla nostra fede e, per questo, un bambino in difficoltà ha perduto l'occasione di trovare un'abitazione sicura e un'assistenza''
Londra, 10. L'Alta Corte di Giustizia d'Inghilterra e Galles ha emesso una sentenza in base alla quale a una coppia di coniugi cristiani, appartenente alla comunità pentecostale, è stato confermato il divieto di affidamento di bambini a causa dei loro principi morali in materia di educazione sessuale e omosessualità. L'Alta Corte ha di fatto stabilito che i principi morali basati sulla fede dei coniugi sono «ostili» per l'educazione dei bambini. I coniugi, Owen e Eunice Johns, in particolare, avrebbero espresso - secondo quanto stabilito dalla Royal Courts of Justice - opinioni contrarie all'omosessualità, violando per questo il rispetto dell'«Equality Act» 2010 (la legge che punisce discriminazioni sulla base del sesso) che condensa una serie di normative che tutelano i diritti degli omosessuali. La legislazione in materia, risalente al 1965, si era infatti notevolmente arricchita nel tempo anche in attuazione di alcune direttive europee. I coniugi - che nel passato avevano già ricevuto in affidamento una quindicina di minori - si erano appellati all'Alta Corte contro un provvedimento del municipio di residenza (Derby), con il quale era stata bloccata la loro richiesta di accogliere e assistere per brevi periodi nella propria abitazione anche bambini e bambine al di sotto dei dieci anni di età, senza famiglia naturale o con problemi psichici, in quanto si erano rifiutati di aderire all'Equality Act. Il Christian Legal Centre, il servizio di assistenza legale, aveva fornito supporto alla coppia nella causa contro i funzionari del servizio municipale di affido di Derby. Secondo l'Alta Corte la decisione non sarebbe stata presa tenendo conto della fede dei due coniugi ma, hanno puntualizzato i giudici, «è fondamentale, per la legge e per il nostro modo di vivere, che a ciascuna persona sia garantita l'uguaglianza. Noi viviamo in questo Paese, in una società democratica e pluralistica, in uno Stato secolare e non teocratico». L'organo giudiziario ha concluso, pertanto, che le leggi che garantiscono la non discriminazione sulla base degli orientamenti sessuali hanno la precedenza sulle convinzioni religiose.
I coniugi hanno sottolineato che la propria fede cristiana non ha comportato alcuna discriminazione. In una dichiarazione scritta rilasciata dopo la sentenza è scritto: «Volevamo offrire amore e una casa ai bambini che hanno bisogno senza alcuna distinzione. Ora siamo stati esclusi dall'affidamento per le opinioni morali basate sulla nostra fede e, per questo, un bambino in difficoltà ha probabilmente perduto l'occasione di trovare un'abitazione sicura e un'assistenza». E concludono: «Non riteniamo che i nostri principi morali cristiani siano dannosi. Essere cristiani non significa ostilità nei confronti delle leggi e non dovrebbe essere considerato di ostacolo nella crescita e nell'educazione dei bambini». Il responsabile del Christian Legal Centre, Andrea Minichiello Williams, ha osservato che attualmente in Gran Bretagna c'è «un grande disequilibrio a livello legislativo», aggiungendo che «non possiamo avere una società dove una persona risulta esclusa in base all'etica sessuale prevalente. La Gran Bretagna in questo momento sta guidando in Europa l'intolleranza contro i principi morali della fede».
L'Equality Act vieta qualsiasi discriminazione nei confronti delle coppie omosessuali e prevede, fra l'altro, anche la possibilità, per queste, di adottare bambini. In pratica, le agenzie britanniche di adozioni che ricevono finanziamenti pubblici, non possono fare differenza sulla base degli orientamenti sessuali delle persone che chiedono di poter avere cura dei bambini, ma questo ha implicato per diverse strutture cattoliche la chiusura delle attività. Le agenzie cattoliche coprono circa il 4 per cento del totale delle adozioni. Secondo alcune stime, dal 2007 almeno tredici agenzie cattoliche di adozioni hanno deciso di interrompere l'attività o di limitarla fortemente. In una nota pubblicata dalla Conferenza episcopale d'Inghilterra e Galles, pubblicata in occasione del lungo dibattito nazionale che ha accompagnato la stesura e la promulgazione dell'Equality Act, era stato evidenziato che la legge avrebbe costretto le agenzie cattoliche «ad agire contro i principi della fede». Le agenzie cattoliche, già nel 2007, avevano chiesto di essere esentate dall'applicazione di quanto stabilito nell'Equality Act, ma la proposta ha incontrato il rifiuto delle autorità statali. Anche la Comunione anglicana aveva espresso disappunto per la decisione di non concedere l'esenzione. In una lettera pubblica, l'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, osservava come molte persone che fanno volontariato nel settore delle adozioni siano animate da motivazioni religiose e che è già prevista in altre leggi, come nel settore sanitario, l'obiezione di coscienza. L'arcivescovo di Canterbury aveva anche aggiunto che il Governo, pur garantendo i principi di non discriminazione non dovrebbe, su questioni morali controverse, compiere scelte indistinte per tutti.
(Articolo tratto da L'Osservatore Romano dell'11 marzo 2011)