LI WEN LIANG
In questi giorni sta circolando su internet una lettera testamento che avrebbe scritto Li Wen Liang, il medico cinese che aveva denunciato per primo l’epidemia di coronavirus.
Lo scorso 6 febbraio, il medico cinese Li Wen Liang che per primo aveva lanciato l’allarme in merito al coronavirus è deceduto per aver contratto il virus. Il dottore 34enne, dopo aver parlato dell’epidemia, era stato accusato dalla polizia della diffusione di notizie false in merito, accuse dalle quali fu scagionato, una volta che il 2019 N-Cov si era diffuso. La storia di Li ha commosso il web e non solo, soprattutto dopo il suo decesso, anch’esso oggetto dalla censura del regime cinese tra smentite e conferme. In queste ultime ore su internet sta circolando una sorta di commovente lettera-testamento che il medico avrebbe scritto prima di morire.
Ecco il testo integrale:
“Non voglio essere un eroe.
Ho ancora i miei genitori, i miei figli, la mia moglie incinta che sta per partorire e ci sono ancora molti miei pazienti nel reparto. sebbene la mia integrità non possa essere scambiata con la bontà verso gli altri, nonostante la mia perdita e confusione, devo ancora continuare, Chi mi ha lasciato scegliere questo paese e questa famiglia? Quante lamentele ho? Quando questa battaglia sarà finita, io guarderò il cielo, con lacrime che sgorgheranno come pioggia.
Non voglio essere un eroe, ma solo un medico, non riesco a guardare questo virus sconosciuto che fa del male ai miei pari e a così tante persone innocenti. Anche se stanno morendo,mi guardano sempre negli occhi, con la loro speranza di vita.
Chi avrebbe mai capito che stavo per morire? La mia anima è in paradiso, guardando quel letto bianco di ospedale, su cui giace il mio stesso corpo, con la stessa faccia familiare. Dove sono mio padre e mia madre? E la mia cara moglie, quella ragazza per cui stavo lottando fino all’ultimo respiro. C’è una luce nel cielo! Alla fine di quella luce c’è il paradiso di cui spesso la gente parla.
Preferirei non andare, preferirei tornare nella mia città natale a Wuhan. Ho la mia nuova casa lì appena acquistata, per la quale devo ancora pagare il prestito ogni mese. Come posso rinunciare? Come posso cedere? Per i miei genitori perdere il figlio quanto deve essere triste? La mia dolce moglie, senza suo marito, come potrà affrontare le future vicissitudini?
Me ne sono già andato Li vedo prendere il mio corpo, metterlo in una borsa, dentro la quale giacciono molti connazionali. Andati come me, spinti nel cuore del fuoco, all’alba.
Arrivederci, miei cari. Addio, Wuhan, la mia città natale. Spero che, dopo il disastro, ti ricorderai che qualcuno ha provato a farti sapere la verità il prima possibile. Spero che, dopo il disastro, imparerai cosa significa essere giusti. Mai più brave persone dovrebbero soffrire di paura senza fine e tristezza profonda e disperata.
Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede.
Ora c’è in serbo per me la corona della giustizia”
(Li Wen Liang).