CITTA' DEL VATICANO, 25 Ottobre 2014
La difesa della famiglia e del matrimonio è stato uno dei punti centrali del discorso tenuto da papa Francesco nell’udienza concessa ai rappresentanti del movimento apostolico Schoenstatt, ricevuti oggi in Aula Paolo VI, in occasione del centenario della loro fondazione.
Sulla scia dei dibattiti scaturiti nell’ambito del recente Sinodo dei Vescovi, il Santo Padre ha sottolineato quanto la famiglia venga “colpita” ed “imbastardita” e quanto numerosi siano i matrimoni “rotti” e le famiglie “divise”.
Lo stesso “Sacramento del Matrimonio”, ha sottolineato il Pontefice, è segnato dal “relativismo” e la “crisi della famiglia” è una realtà perché in tanti “la bastonano da tutte le parti e la lasciano ferita”.
Il matrimonio è quindi ridotto a un mero “rito” ed il relativo sacramento a un “fatto sociale” che oscura “la cosa fondamentale che è l’unione con Dio”.
Il Pontefice, forse con riferimento ai dibattiti sulle unioni civili in corso in Italia e altrove, ha dichiarato: “Quello che stanno proponendo non è un matrimonio, è una associazione”. Ha poi osservato quanto sia necessario ‘perdere tempo’ nell’accompagnare le coppie e le famiglie nei loro cammini, così come Gesù “ha perso il tempo accompagnando, per far maturare la coscienza, per curare le ferite, per insegnare”.
La formazione prematrimoniale, ha proseguito Francesco, deve essere “approfondita” e finalizzata a capire quel “per sempre”, oggi messo in discussione dalla “cultura del provvisorio”, senza per questo “scandalizzarsi” dei “drammi” che portano alla “distruzione delle famiglie”, con grave trauma in particolare per i “bambini”.
Parlando delle convivenze, il Santo Padre le ha definite “nuove forme, totalmente distruttive e limitative della grandezza dell’amore del matrimonio”. L’antidoto a tante separazioni e divorzi è un paziente aiuto “corpo a corpo, accompagnando e non facendo proselitismo”.
Sollecitato dalle domande dei membri di Schoenstatt e con riferimento all’immagine della Vergine Pellegrina, il Papa ha sottolineato le virtù educatrici di Maria, senza la quale la Chiesa “è un orfanotrofio”.
Maria è “madre” innanzitutto perché “ci porta a Gesù e ci aiuta con la forza dello Spirito Santo perché Gesù nasca e cresca in noi, che continuamente ci sta dando vita”.
Se da un lato è impossibile concepire Maria senza il suo attributo di “madre”, dall’altro, nessun cristiano ha “diritto di essere orfano” e tutti “abbiamo una madre”.
Parlando della vocazione missionaria di Schoenstatt, il Pontefice ha ricordato la necessità della “testimonianza”, ovvero del “vivere in modo tale che altri abbiano voglia di vivere, come noi”. Gesù “ci salvò tutti” e noi siamo chiamati a trasmettere questo concetto, tenendo però in mente che “non siamo salvatori di nessuno”.
La testimonianza da rendere, ha proseguito, è quella di una Chiesa capace di “uscire”, di “andare in missione”, senza la paura di sbagliare, perché “è tanto bello chiedere perdono quando si sbaglia”. Al contrario “una Chiesa, un movimento o una comunità chiusa è malata” e “tutte le malattie sono chiusure”.
La preghiera, ha poi detto il Santo Padre, aiuta a “non guardare solo le cose dal centro” ma anche dalla “periferia”, dove le cose “si vedono più chiare”. Chiudersi nel “piccolo mondo” della “parrocchia”, del “movimento” o della “Curia” non permette di afferrare la verità, la quale “forse si afferra in teoria ma non si afferra la realtà della verità in Gesù”.
Ci sono, ha proseguito Bergoglio, progetti pastorali in cui tutto è “ben organizzato”, eppure, spesso, si può fare molto di più “con meno funzionalismo e più zelo apostolico, più libertà interiore, più preghiera”.
Con riferimento alla riforma della Curia Vaticana, il Papa ha spiegato che si tratta di “rinnovamenti esterni”: nessuno tuttavia “parla del rinnovamento del cuore che è la santità”.
È solo con un cuore rinnovato che può andare oltre i “disaccordi familiari” o “di guerra”, oltre la “cultura del provvisorio, che è una cultura di distruzione di legami”, ha detto papa Francesco, in chiusura dell’udienza, dicendo di portare con sempre sé, per la sua preghiera personale, un’immagine della Madre di Schoenstatt.