L’ETICA E LO STATO
In questo mare-magnum di rotte politico-economiche, non può assolutamente essere “dolce il naufragar!”
Il porto sicuro in cui approdare è costituito dalla riscoperta dei fini sui mezzi, dell’equità sull’efficienza, dal ricongiungimento tra l’etica e l’economia.
In questa ottica, non può assolutamente “Il fine giustificare i mezzi”, sintesi grossolana del pensiero filosofico machiavelliano, prima grande espressione politica in chiave razionale e scientifica.
Hobbes vede l’uomo “lupo nei confronti degli altri uomini”, teso all’affermazione di se stesso, incline a sopraffare il suo simile, come è insito nella sua natura umana: il più forte prevale sul più debole!
Una visione sinistramente attuale!
Ma, dar vita ad una “moralità razionale”, necessaria per la giustizia distributiva, presuppone il calcolo della massimizzazione del benessere, dove tutte le azioni valutano ideali nobili come i piaceri spirituali in linea con i princìpi di equità e giustizia.
Per poter giungere a tale obiettivo è di fondamentale importanza la prevalenza del fine sui mezzi: un fine-obiettivo che costituisca un valore morale gratificante oltre che un benessere spirituale e materiale al contempo.
Allora, attualmente, è il mezzo-strumento ad essere inadatto? Certo!
Oggi, all’uomo di Stato ogni cosa è permessa! Purchè la suprema lex sia la salus rei pubblicae.
Il grande Norberto Bobbio(1984) era persuaso che la politica e la morale fossero due campi topologicamente distinti. Secondo lui, l’etica politica è di colui che svolge attività politica, ma la politica non è il potere in quanto tale, è il potere per il raggiungimento di un fine.
Il “Buon governo” si distingue dal “mal governo”, proprio a causa dell’etica del perseguimento del bene comune.
Allora, la politica governa la morale?
Nel senso che:”Il fine giustifica i mezzi?”
“I mezzi cattivi possono produrre fini buoni?”
E’ semplice! Quando la morale si pospone ai mezzi senza alcuna selezione in base ai princìpi di equità e giustizia, allora vuol dire che non si potranno avere che disastri!
In un’economia del genere, non viene garantita la libera concorrenza, ma regna la speculazione più sfrenata, aumenta la disoccupazione e si cade di conseguenza nel vortice della crisi economica, dovuta ad un inasprimento ascendente della tassazione e dell’indebitamento.
Nel pensiero aristotelico, l’economia nasce come scienza sociale e branca dell’etica. Eppure, le scelte individuali e collettive hanno del tutto offuscato l’analisi dei sentimenti!
Questo “cammino nelle tenebre porta verso la perdita della felicità. Sant’Agostino(doctor gratie), massimo pensatore cristiano del primo millennio ed uno dei più grandi geni dell’umanità in assoluto, riguardo all’etica, sostiene(come Socrate) l’intellettualismo etico, ossia che il male si manifesta per rendere l’uomo imperfetto ed infelice. L’uomo può fare il male ma ha anche la possibilità del perdono se si redime ed espia i suoi peccati…perché “Dio è Amore”.
Quando si perde di vista questo concetto, si cade nelle tenebre con conseguenze a dir poco catastrofiche.
Economia ed etica hanno il comune denominatore di essere un’arte al più alto livello. Ma, nel ventesimo secolo si assiste, purtroppo, ad una crisi della “razionalità etica”, vi è un’inversione dei valori(Nietzsche)capace di fare opinione in un sistema dinamico tale da piegare l’efficienza dell’equità.
Uno Stato basato su princìpi di equità è sicuramente uno Stato libero, il cui fine ultimo è il raggiungimento del benessere comune.
Allora, una politica basata sul rispetto dei valori morali non può che avere obiettivi alti, che tendono a massimizzare i benefìci economici attraverso quelli spirituali.
Il rispetto e la pratica delle “ Virtù” ha dato sempre come risultati buoni frutti. Ad esempio: essere onesti e corretti, vuol dire essere giusti, e la giustizia è fondamentale in un Paese libero e democratico.
Dove regna giustizia regna anche benessere, e sicuramente il fine ultimo è il ricongiungimento dell’etica con l’economia.
I vantaggi di una gestione etica dello Stato sono notevoli, soprattutto se si considera che l’effetto è il ritorno ad un’economia reale piuttosto che speculativa: “una governante equa e solidale!”
Questo vuol dire “nuovo approccio culturale”. La strada da percorrere per restituire una dimensione ed uno spessore etico all’economia, che ha come fulcro la persona nella sua dimensione sociale.
Per raggiungere tale obiettivo è necessario un nuovo senso civico, il cui punto di partenza è il rispetto delle regole e della legalità che porterà sicuramente ad un bene comune, ad un’economia di qualità!
Maria Grazia Zagaria