Come preannunciato nello scorso numero, questo mese l’articolo di questa rubrica è dedicato ad un illustre convertito dall’anglicanesimo al cattolicesimo:
JOHN HENRY NEWMAN
John Henry Newman nacque a Londra il 21 febbraio 1801; aveva sedici anni, quando - dopo la lettura di alcuni libri di teologia - si convinse dell’esistenza di Dio della quale aveva prima dubitato e aderì al cristianesimo, naturalmente nella sua forma anglicana: fu questa quella che viene definita la sua “prima conversione”. Si iscrisse poi all’Università di Oxford dove strinse amicizia con alcuni ferventi anglo-cattolici (vedi articolo sull'Anglicanesimo nel precedente numero del giornalino), dai quali fu fortemente influenzato e maturò la decisione di scegliere la vita clericale. All'età di 24 anni fu ordinato prete anglicano; esercitò il suo ministero proprio nel collegio dove era stato studente e si dedicò con passione alla formazione culturale e spirituale degli universitari. Fu anche parroco della chiesa universitaria St. Mary. Nel 1832 fece un viaggio in Europa, visitò Roma e andò poi in Sicilia, dove si ammalò gravemente: fu proprio durante questa malattia che Newman maturò la convinzione di dover progredire nella ricerca della verità e che la Provvidenza lo avrebbe guidato in questa missione Compose allora un poemetto, dove figurano questa parole: Guidami, Luce gentile,/ Guidami nel buio che mi stringe./ La notte è scura, la casa è lontana/ Guidami, Luce gentile.
Tornato in Inghilterra, continuò ad approfondire i suoi studi: già da tempo si era dedicato alla lettura approfondita dei Padri della Chiesa, lettura che lo spingeva a riflettere sulla situazione spirituale della Chiesa anglicana. Cercava di trovare le radici della dottrina anglicana per capire in che cosa consistessero le differenze e le eventuali incompatibilità con il cattolicesimo. Insieme ad un gruppo di studiosi suoi amici di Oxford, scrisse numerosi saggi su questi argomenti, attirandosi le critiche degli anglicani, che lo vedevano quasi come un cattolico infiltrato nell'anglicanesimo. In seguito a queste critiche, Newman lasciò il suo incarico nella parrocchia universitaria: visse ancora diversi anni nell’incertezza e quasi nell’isolamento, combattuto tra anglicanesimo e cattolicesimo, finché nel 1845, mentre stava scrivendo un libro sullo sviluppo della dottrina cristiana, sentì di avere ormai le idee chiare: comprese cioè che solo il cattolicesimo poteva essere considerato come il depositario della originaria chiesa degli Apostoli e della prima cristianità. Chiese così al missionario passionista italiano Domenico Barbieri di essere accolto nella Chiesa cattolica.
A questo punto fu definitivamente allontanato da Oxford; si recò a Roma, dove fu poi (nel 1848) ordinato prete cattolico e, avendo capito che la sua missione si sarebbe dovuta svolgere in Inghilterra, chiese al Papa il permesso di fondare nel Regno Unito un Oratorio sul modello di quelli di san Filippo Neri. L'Oratorio di san Filippo Neri era ed è una Congregazione formata da sacerdoti secolari che vivono in comunità secondo uno stile di vita familiare. Le numerose attività cui si dedicano (scuole, assistenza spirituale, pastorale giovanile, direzione di convitti ecc.) sono svolte anche con il concorso di fedeli laici anch'essi facenti parte della Congregazione. Il primo Oratorio era stato creato da san Filippo Neri e autorizzato nel 1575 dal papa Gregorio, che lo affidò alla Chiesa di Santa Maria in Vallicella a Roma (conosciuta anche come Chiesa nuova) dove ancora oggi esiste l'Oratorio dei Filippini. Newman quindi ebbe il permesso di fondare un Oratorio in Inghilterra, a Birmingham, dove per due anni si dedicò all’assistenza dei poveri. Fu poi nominato rettore dell’Università cattolica di Dublino, in Irlanda, dove per cinque anni cercò di applicare le sue idee sulla educazione cattolica. Incontrò molte difficoltà, soprattutto per le sue teorie - veramente innovative per il suo tempo - sul ruolo dei laici nella Chiesa, teorie non comprese dai vescovi dell’epoca e per le quali fu anche accusato di eresia. Solo dopo il 1864, anno in cui pubblicò il libro Apologia pro vita sua - una autobiografia nella quale espone con semplicità e umiltà il suo percorso spirituale e le convinzioni da lui raggiunte - le critiche si attenuarono; poté così dedicarsi alla sua opera pastorale e ai suoi studi; fu guida spirituale di molti giovani e meno giovani sulla via della santità. Nel 1879, il papa Leone XIII lo nominò cardinale. Newman disse ad un amico: “Ho sempre cercato di lasciare la mia causa nelle mani di Dio e di essere paziente ed Egli non mi ha abbandonato”. Morì l’11 agosto del 1890.
Papa Benedetto XVI lo ha proclamato beato il 19 settembre 2010.
Hanno detto di lui:
- “Un insopprimibile desiderio di verità ha spinto questo Ulisse cristiano ad avventurarsi con intelligente ed indomabile audacia alla ricerca di una “voce” che gli parlasse con l’autorità del Cristo vivente. Il suo esempio costituisce un costante appello per tutti gli studiosi e i discepoli sinceri della verità.” (Giovanni Paolo II).
- “Il segno caratteristico del grande dottore nella Chiesa mi sembra essere quello che egli non insegna solo con il suo pensiero e i suoi discorsi, ma anche con la sua vita, poiché in lui pensiero e vita si compenetrano e si determinano reciprocamente. Se ciò è vero, allora davvero Newman appartiene ai grandi dottori della Chiesa, poiché egli nello stesso tempo tocca il nostro cuore e illumina il nostro pensiero” ( Benedetto XVI, allora Card. Joseph Ratzinger, 28 aprile 1990).
Benedetto XVI, nell’omelia pronunciata durante la S. Messa per la beatificazione del cardinale Newman, ne ha ricordato alcune parole; le trascriviamo, perché pensiamo che abbiano molto da dire a noi laici di oggi:
“ Voglio un laicato non arrogante, non precipitoso nei discorsi, non polemico, ma uomini che conoscono la propria religione, che in essa vi entrino, che sappiano bene dove si ergono, che sanno cosa credono e cosa non credono, che conoscono il proprio credo così bene da dare conto di esso, che conoscono così bene la storia da poterlo difendere”.
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A proposito di convertiti
Nell’articolo sulla “Comunità anglicana” dello scorso numero ho ricordato la Costituzione apostolica “Anglicanorum coetibus”, recentemente promulgata dal Papa, che fissa le norme per il passaggio dall’anglicanesimo al cattolicesimo, garantendo agli anglicani che rientrano nella Chiesa cattolica il rispetto della loro liturgia e delle loro tradizioni. Molto numerose sono state infatti le conversioni negli ultimi tempi, soprattutto da quando la comunità anglicana ha dato il via libera alle ordinazioni sacerdotali ed episcopali delle donne e all’ordinazione sacerdotale degli omosessuali. E’ di questi giorni la notizia del primo vescovo anglo-cattolico che passa alla Chiesa di Roma: si tratta del vescovo ausiliare di Londra, John Broadhurst, sposato con quattro figli, che è appunto presidente di una organizzazione che si oppone alla ordinazione femminile. Si ritiene che molti dei fedeli delle parrocchie a lui affidate ne seguiranno l’esempio. Intanto altri due vescovi hanno preannunciato la propria conversione.