Nel numero di novembre scorso ho presentato la figura di un grande convertito vissuto nel 1800 e da poco beato, il cardinale Newman. Questa volta invece, presenterò la figura di un convertito dei nostri giorni, uno scrittore e giornalista che compirà fra qualche mese 70 anni e vive a Desenzano sul Garda: si tratta di Vittorio Messori. Dato il suo percorso, intitoleremo la storia che sto per raccontare
Dall’agnosticismo alla fede
Vittorio Messori è nato nel 1941 a Sassuolo, in provincia di Modena, in una famiglia dichiaratamente atea. Lui stesso dice: “con il latte materno avevo succhiato la diffidenza per il nero della tonaca dei preti e il rifiuto della Chiesa come istituzione” (F. Cevasco, Vittorio Messori, Corriere della sera, 29/01/2000). Il suo anticlericalismo ed il suo agnosticismo, si erano consolidati a Torino nel corso degli studi liceali e universitari, condotti sotto la guida di illustri intellettuali che furono per lui e per tanti altri dei grandi maestri, ma che “snobbavano le questioni religiose come domande da brufoli, da ragazzini”(id.) e per i quali non c’era possibilità di conciliare fede e ragione: o fede o ragione dunque, ed essi ritenevano di doversi schierare dalla parte della ragione. Come Benedetto XVI ci ripete tante volte, noi sappiamo che al contrario fede e ragione non sono incompatibili, ma che anzi si illuminano a vicenda (e la vicenda di Messori lo conferma).
Da quei maestri Messori aveva imparato ad usare la ragione per conoscere la realtà e arrivare a comprenderla: aveva imparato che quando nella nostra mente o nel nostro cuore nascono dubbi e si affacciano domande, abbiamo il dovere di cercare le risposte e soddisfare le esigenze di conoscenza con tutti i mezzi che la nostra ragione ci mette a disposizione. A 23 anni, nel 1964, Messori per motivi puramente culturali, decide di affrontare la lettura dei Vangeli: è quasi impossibile comprendere la storia dell’arte se non si conosce la vita di Gesù, come i Vangeli la presentano. Quella lettura, però, non è come le tante altre da lui fatte fino allora: non è, come lui credeva, l’incontro con la storia di un personaggio, ma l’incontro con una persona, la Persona di Gesù. Il Gesù dei Vangeli lo conquista, lo attira a sé. Messori parla di questo evento come un “Incontro misterioso”. “Un incontro – e uno scontro – con il Protagonista del Vangelo che mi sembrò uscire dalle pagine per divenire presente. Nel senso fisico, vero: tanto reale era la certezza di quella Presenza. Da carta che era, per me il Verbo si fece davvero carne, dandomi gioia e inquietudine, esultanza e timore, soddisfazione per il dovere compiuto e rimorso per le infedeltà. Ciò che posso testimoniare è almeno questo: ho provato su me stesso che la fede, per il cristiano, è imbattersi in una Persona al contempo misericordiosa e severa, umana e divina, subendo la necessità incoercibile di seguirLa e di obbedirLe. In una mescolanza di slancio e di affetto; ma anche di reverente soggezione, non esente da un enigmatico spavento” (intervista a Messori, pubblicata nel Giornale, il 21 ottobre 2008)
La conversione del cuore è totale. Dice ancora Messori nell’intervista sopra citata: “L’evidenza della verità del Vangelo, in quei primissimi tempi, fu davvero del cuore più che della mente; la quale, peraltro, non protestava, intuendo che ragione e sentimento coincidevano con la realtà... Mi fu dato quello che gli autori di spiritualità chiamano il dono dello stupore”. Dopo alcuni mesi, coerentemente con la sua formazione intellettuale e culturale, vuole che anche la ragione sia soddisfatta e – soprattutto – vuole rendere ragione della speranza che ora è in lui. Comincia così a studiare la vita di Gesù, utilizzando tutti gli strumenti che la scienza mette a disposizione, come se si trattasse della figura di un politico o di un generale del passato; nel 1966 si iscrive all’Istituto di Cristologia per laici della Pro Civitate Christiana ad Assisi, ne frequenta i corsi e la grande biblioteca facendo ricerche approfondite. Si pone tutte le domande possibili e per ognuna di esse cerca la risposta più ragionevole: “Era Gesù un oscuro predicatore ebraico o era il Cristo figlio di Dio? Non ho escluso niente. Nemmeno che quella di Gesù fosse una figura puramente mitologica. Ma, studiando come un professore e indagando come un cronista, sono arrivato alla più ragionevole delle ipotesi. Paradossale e imprevista, ma ragionevole: la cosa più sensata è scommettere sul mistero” (F. Cevasco, cit.): sì, il Gesù dei Vangeli è veramente figlio di Dio, è morto per noi ed è risorto, sconfiggendo la morte. Dice ancora Messori: “Non volevo diventare cristiano e meno che mai cattolico. Mi vergognavo. Andavo a messa di nascosto. Mia madre quando mi scoperse chiamò il medico di famiglia e gli disse che avevo un grave esaurimento nervoso. Avevo anche un problema culturale e una prospettiva professionale: se continui così, mi dicevo, non diventerai mai nessuno all' Einaudi. Mi costò andare avanti.”(id.)
Tornato a Torino nel 1968, lavora presso la casa editrice SEI e nel quotidiano “La Stampa”. Nel frattempo, ha raccolto il risultato dei suoi studi in un libro “Ipotesi su Gesù”, ma la SEI fa difficoltà a pubblicarlo: teme che sarà un insuccesso. Quando però il libro esce, nel 1976, ha subito un enorme successo che continua ancora oggi: un milione e mezzo le copie vendute in Italia, tradotto in venti lingue in tutto il mondo. Karol Wojtyla era a Roma nel 1976: legge il libro, ne rimane colpito e tornato a Cracovia, vuole che sia tradotto in polacco. Il regime fa difficoltà ed allora egli lo pubblica a puntate sul settimanale della diocesi. Questo primo contatto fra il futuro Giovanni Paolo II e Messori avrà più avanti un interessante seguito. Ma procediamo con ordine. Negli anni seguenti Messori collabora, tra l’altro, con Famiglia Cristiana e Jesus e continua ad approfondire i suoi studi su Gesù. Dice: “Intendevo continuare il programma che, sin dall’inizio, mi ero proposto... Volevo, cioè, cercare di rispondere alla domanda, semplice o terribile, che sorge davanti al vangelo: ‘E’ vero o non è vero?‘. Dopo avere riflettuto sul dossier di notizie storiche di cui disponiamo su Gesù Cristo, era il momento di confrontarsi con la credibilità , con la verità del suo messaggio: che è un annuncio di vita eterna aperta a tutti. E’ questo il cuore del Vangelo, che non a caso è tutto basato sulla vittoria di Gesù sulla morte: una risurrezione che è speranza per tutti che la morte non sia l’ultima parola e che questa nostra vita terrena non sia che un prologo della vita vera, quella che tutti attende nell’eternità” (citato nella biografia di V:M:, pubblicata nel sito www.nonsolobiografie.it). Frutto di questi studi è un libro, pubblicato nel 1982, che si intitola “Scommessa sulla morte”.
A questo punto, l’interesse di Messori si sposta sulla Chiesa e gli sembra che la persona più adatta ad aiutarlo in questo percorso di studio sia il cardinale Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Inaspettatamente, il card. Ratzinger accetta di essere intervistato: i due si incontrano a Bressanone, nell’agosto del 1984. Risultato di quell’incontro è un libro- intervista “Rapporto sulla fede”, pubblicato nella primavera del 1985: altro grande successo, letto in tutto il mondo.
Arriviamo così al 1994: Giovanni Paolo II prende l’iniziativa di contattare Messori, sembra voglia farsi intervistare. Messori gli presenta una trentina di domande, pur non essendo molto convinto che il progetto possa andare in porto. Il Papa però decide di rispondere per iscritto a quelle domande, un po’ per sera, compatibilmente con i suoi impegni. Qualche mese dopo, Messori riceve le risposte del Papa. Nasce un altro libro, dal titolo particolarmente intenso: “Varcare le soglie della speranza”, anche questo pubblicato e letto in tutto il mondo.
Quanto detto finora, non esaurisce tutta l’attività di Messori, che ha scritto e pubblicato molti altri articoli e libri, oltre quelli che ho citato [vedi www.vittoriomessori.it]. Qui però si voleva mettere in evidenza due aspetti della vicenda umana di questo scrittore:
- la conversione in sé: il seme della Parola ha dato i suoi frutti perché il terreno in cui è caduto, pur essendo sassoso e non adeguatamente concimato, non era irragionevolmente chiuso all’accoglienza del nuovo e del vero;
- una volta che la Luce della Verità è penetrata nel cuore e nella mente, non è più possibile mettere la fiaccola sotto il moggio. Occorre invece innalzarla quella lampada, perché possa illuminarci sempre di più e diffondere la sua luce anche a coloro che ci circondano. Perché le ragioni della “speranza che è in noi”, possano contagiare anche gli altri.
(a cura di Antonella)