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NOVEMBRE 2014

     

Sliding dreams 3                                                    

Elena Ferrante (La mamma di Dominik)

(Continuazione dal numero precedente)

 

            L’inverno e il suo disgelo! quel fascino così straordinariamente coinvolgente, che porta in sé tutta la carica passionale dell’attesa e le meraviglie della vita che rinasce.

 

Mi vien da pensare all'addormentamento, alle sue carezzevoli sinuosità, volteggi nebulosi che si perdono nella profondità del sonno, essenzialità di vita e preludio di risveglio rinvigorito. 

 

Così la morte e il suo sonno di gelo! Quell'estraneità ad ogni evento che lo circonda, ad ogni voce di richiamo, ad ogni carezza che lo sfiora è, oltre il nostro orizzonte, rinascita, volo d'eternità, palpito immortale. 

   

Mi tornano in mente le parole dell’Apocalisse di S. Giovanni: Egli asciugherà ogni lacrima … e non ci sarà più la morte...  perché le cose di prima sono passate…ecco io faccio nuove tutte le cose...

 

Penso a tutto questo e divento tenera con me stessa e con il resto del mondo.

                                                                                                          

Frecce di lampi improvvisi, seguiti a raffica da rombi di tuoni minacciosi, accompagnarono le prime gocce di pioggia giù a picchiettare vetri, a punteggiare qua e là l’asfalto asciutto. Poi vennero giù sempre più fitte e veloci, quasi a competizione con il tergicristalli che li spazzava via. M’incuriosiva il loro rincorrersi nell’aria, sui vetri, sulle mie mani aperte a toccare il vetro del finestrino.

È un altro mondo, pensai, e mi trovai a chiudere gli occhi per indovinare, per ascoltare voci nascoste. Strizzavo gli occhi chiusi, ma vedevo.

Vedevo il mondo fuori di me cambiare abito, vestirsi di veli sfuggenti, creare nuovi equilibri,

 evocare voci da profondi silenzi.

Dove sei, dove sei, ostinata chiedeva la voce del cuore, sei vita, luce? Sei nel sole ammantato di nuvole scure? sei nelle gocce che mi picchiettano il cuore? Sei musica in mezzo a loro?

            Dove sei!!

I pugni stretti sulle ginocchia, i denti a digrignare, accompagnando un lieve ciondolamento del capo.

Intanto la pioggia scrosciante, continuava a venire giù nel suo muto linguaggio imperlato di gocce che filtravano l’aria, spalmandola di sospensione e di presagio come…come certe musiche di film thriller che ti allertano creando suspense!

 

All’improvviso … ti vidi!

Solo, seminudo, bagnato, sfinito! Eri finito in quella valle oscura in preda a struggente smarrimento per una transizione inaspettata.

Cominciai a gridare a squarciagola-amore, non avere paura, sono qui, sono la mamma vieni, vieni qui, non inoltrarti in quella tremenda oscurità, perderai l’orientamento. Io sono qui, ti prego non andare “oltre”, non mi lasciare.

Una nebbia ondulante, ci divideva come un mare tempestoso e tu non ti giravi e io piangevo. Pazza di disperazione!

Ecco, ora raccoglierò tutte queste lacrime e ti vestirò d’amore, asciugherò la tua fronte livida di fatica col soffio del mio sguardo e spianerò dolcemente quelle rughe di cemento- ma quando ti sono comparse? Quale fatica, struggimento l’ha scavate così profonde e dure e gelide eterne in così breve tempo? Non andare, Fermati! Non ti vedo più, questa nebbia, questa nebbia che mi danza davanti come onde di mare e ti disegna tante volte, mi confonde e ti confonde con le ombre -Misericordia! una schiarita vorrei, per un attimo solo, per guidarti, torna indietro, ecco c'è la luce dei miei occhi che ti farà da faro e il mio battito è ago per la tua bussola, non andare ti prego, così poco vestito e bagnato, prenderai un malanno.

Ma tu hai continuato a camminare nell’oscurità, ombra tra le ombre, e il mio richiamo, sempre più perso nel vuoto della mia angoscia.

 

Il silenzio profondo, il cuore in frantumi, la testa infocata, le forze impotenti a vincere la distanza spazio temporale che c’era tra noi, presto avvolsero le mie carni in un torpore pesante. Un brivido anestetico mi strisciò lungo la schiena, il petto, le gambe.

Sto diventando di sasso, pensai allucinata e subito dopo, è un incubo, presto mi sveglierò e non ricorderò più niente.

 

Avvertivo la presenza di mio marito accanto a me. Indifferente, viaggiava su un altro pianeta; lui continuava a guidare e io a gridare. Lo sentivo fare di tanto in tanto commenti sul tempo che si divertiva, tra una schiarita e un acquazzone, a rendere tutto più difficile.

Ti prego, per carità, accosta la macchina, aiutami, D si sta allontanando, lo perderemo, si perderà in quella valle così buia, in quella nebbia così fitta che lo inghiottisce come un’onda tempestosa- Fiamme di pensieri si susseguivano all’impazzata nella mia stupida impotenza, ma come ci sarà capitato?   

 

Ma lui guidava e io urlavo.

Tentai allora nella mia disperazione di allargare le braccia, per un abbraccio lungo che ti avvinghiasse, come le gru su per i palazzi, ma erano pesanti e tu sfuggivi, ti assottigliavi, ti confondevi nella nebbia che ci separava, che continuava a danzare vorticosamente in un vento gelido che sferzava le mie braccia rigide e che sapeva di morte.

Le mie lacrime continuavano a venir giù con violenza, come la pioggia che mi bagnava di dolore e di impotenza.

 

L’angoscia attanagliante cercò rifugio nella mia infanzia e l’infanzia, mi riportò al mondo magico delle fiabe; così, quasi d’istinto, lentamente incominciai a sciogliere i capelli e mentre, con dita tremanti e frenetiche d’ansia, l’intrecciavo, mi dicevo: saranno funi- non si spezzeranno! L’amore li renderà forti e lunghi abbastanza da coprire ogni nostra distanza e tu nello smarrimento che ti circonda , sentirai il loro profumo e il richiamo del mio cuore , ti aggrapperai e tornerai a me,  tra i miei capelli, nella mia testa.

            Nella mia mente.

            Nel mio cuore.

            Tornerai  bambino, crescerai, sarai uomo, padre e da vecchio, rivivrai i tuoi lunghi giorni nei giochi nascosti e  sfumati del tramonto, rapirai lo sguardo alle stelle e canterai alla luna i tuoi pensieri. Tra le rughe del tuo cuore  troverai, sorpreso, i miei capelli spezzati e il bruciore delle mie lacrime sul fuoco della tua giovinezza.

            Non ti chiederai “perché”, semplicemente perché, le emozioni si vivono senza spiegazioni e non esistono confini per l’amore di una madre, né c’è ragione che possa arginare la fantasia più sfrenata. E’ pura follia e basta!

            I tuoi giorni! Lunghi, lontani! Oggi, domani, ancora dopodomani, mese dopo mese, anno dopo anno; come soffio di vento attraverserai tante stagioni che incideranno le tue azioni, i tuoi pensieri, le tue conquiste o sconfitte, sulla roccia della tua vita.

            Il dolore ha mille volti e mille sfumature, quello di una madre non è disperazione, è passione.

(Continua al numero successivo)

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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