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NOVEMBRE 2011

     

 

Novembre

 

“ Volo di pensieri

sospeso sull'ala

di un bivio esistenziale. “

            Tu figlio mio sei uscito da questo mondo non in punta di piedi, ma lasciando l'ultima orma sulla sabbia perché si specchiasse nel cielo e perché il vento lo trasportasse ovunque come seme. Niente addii o parole di commiato per me, solo la promessa di un “ presto, a risentirci “.

            Come posso fare a meno di cercarti? Ritrovarti nella magia di un sogno, nelle sfumature dei colori dell'autunno, nel segreto linguaggio della pioggia sui vetri, nella solitudine di una rosa che si abbandona alle carezze ambrate del sole di novembre, lì nel giardino dietro casa, circondata da un molle tappeto giallo-verde di foglie dormienti, cullate da quest'aria mesta che si diverte a giocare a nascondino col cielo, per invogliarci a cercarlo più spesso.

            Così il nostro colloquio diventa muto e intimo, quasi sussurrato tra i pensieri come quando ti avevo in grembo e parlavamo sognando.

 

Come quando

già tutto eravamo e

solo eravamo

nell'universo intero

d'amorevol fusione

l'un dell'altro unico dono

 

Così ora

desiderio in attesa

siamo

come quando

tutto eravamo e

solo eravamo

morbidezze e tepore

in un bozzolo d'amore.

 

            Ti dirò, la voglia di condividere con te ogni nuovo avvenimento mi assale spesso ed è così prepotente, col suo viso rigato di lacrime e col cuore che alla rinfusa manda giù i battiti con una rabbia che mi fa paura. In questi momenti allora il mio dolore si fa piccolo piccolo come a volersi nascondere o lasciarsi accarezzare dalla speranza. Come se su di esso fosse riflesso il tuo sguardo. Allora perfino la lacrima si ferma per guardarti con gli occhi della fede.

 

Orme giganti di amare distanze

indifferenti guardano

i frantumi del cuore

mentre umile l'anima

mio anelito immortale

li ricompone in vita

per regalarmi ancora

luccichio d'emozioni.


Davanti alla tua tomba

 

Velato il pianto

e muto ti racconta

all'oleandro che ti ripara accanto

Beltà di quiete

d'intorno e di cipressi

nell'aria sospesa di silenzio

che note ascolta d'un palpitare d'ali.

Invisibile carezza che

di rosa e spina fanno

profumo di bellezza.

  

 L'inventario ( davanti alla tua tomba )

 

Fiori freschi del color del sole.

Quattro penne che ti possono servire.

Di diversi colori.

Perché diverse sono le corde del tuo cuore.

Rosso – come il sangue che hai donato

Nero – come il buio di un momento

Blu – come il livido che ti ha raccolto

Verde – come sei di radici e foglie

                                  nell'eterno.

Appesa al ferro filato attorno a un vaso

una coroncina dai grani come perle

chiuse in conchiglie di preghiere

rivolte al Crocifisso.

A ricordare che

“ oltre l'istante “

c'è Lui

che ha vinto la caducità della carne.

Ancora

due braccialetti di nastrino colorato

( bianco e celeste )

fili conduttori di sinceri affetti

di chi ti pensa nel tuo volo verso il sole.

Una tavoletta di legno con minuscola incisione.

Poche parole. D'amicizia che

non conosce la distanza

perché vibra nel tempo nella profondità del sentimento.

Una piantina di ciclamini ora sfioriti

che ricorda giorni lontani, di boschi e cieli sereni.

 

Una pianticella d'ulivo,

il sacro sempreverde che di pace e di poesia

umile racconta, sotto la tua fotografia.

Poi...

ci sei tu e ci sono io.

Noi.

Separati da filtra d'aria che sigillano l'arcano.

Tu, nel prato di astri lucenti

io, ombra di vento o brina di campo

o sospiro di mamma che ti cerca

tra trasparenze di cielo.

Sempre.

E' tutto quello che ci resta.

 

Ti bacio,

la mamma

 

 Novembre, il cielo nel cuore

 

Tornano i morti

Tornano e sono vivi

In dissolte sembianze

d'antico calore

fan presenza

nel vuoto che incombe.

 

Tornano e caldi i ricordi

son zampilli di fonte

e fruscio di carezze

che dei segreti tumulti

ricucion gli strappi.

 

Tornano e sono vivi.

In parole di sogno

a scaldare il silenzio

di notti di gelo e

nelle ore inclementi

che snodano i giorni

son faville di ceppi

e dolce tepore di un focolare

che veglia il dolore.

 

     Elena Salvatore Ferrante

    ( la mamma di Dominick )

 

La poesia nasce dal dolore, un dolore appena temperato dalla fede. La fede che viene sempre dopo il sentimento, sempre a tempo scaduto, sempre quando già il cuore è ormai sfibrato e gli occhi hanno versato tutte le loro lacrime. Ma la fede è l’ultima parola, quella che asciuga le lacrime con la certezza che Dio non delude mai i suoi figli e le sue promesse sono infallibili. Il tempo potrà ancora mettere alla prova i nostri sentimenti ma non avrà la vittoria perché la vita vince la morte. Cristo è risorto e i nostri cari sono con Lui. Lo crediamo. Amen!

 

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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