20/11/2005
Caro Dominick,
stamani mi sorprendo in attesa di una tua telefonata che non arriva mai. L’ultima volta che ci siamo sentiti, anzi visti in web cam, mi hai promesso di chiamarmi a breve, ma da allora ostinatamente il mio stupido cuore aspetta. Aspetta! Aspettare in fondo è come sperare, illudersi di cambiare l’ordine cronologico degli eventi, stravolgere il presente per ricomporre il nostro equilibrio esistenziale. Cancellare per sempre il ricordo dello squillo di un telefonino, messaggero di un incubo che ha spezzato il nostro cuore. Svegliarmi… dimenticare tutto.
Stamani avrei tanto voluto condividere con te il meraviglioso spettacolo che ci ha regalato la neve arrivata stanotte. Silenziosa, candida, brillante e ballerina ha cambiato il volto del paesaggio. Vorrei tanto anch’io con la forza dell’amore cancellare il deturpato scenario del nostro mondo fatto di schianto, rabbia, amarezza, lacrime… tante lacrime inutili di tanti “ se “ “ perché “ ” perché? ”
Vorrei tanto sognare che nulla è cambiato, sentire ancora il tuo forte abbraccio e il calore della tua pelle, la dolcezza del tuo sguardo e respirare con te all’unisono in una profonda stretta d’amore. Gustare la morbidezza delle tue labbra sui miei occhi stanchi e… sentire le tue mani bagnate dalle mie lacrime; ascoltare la tua voce profonda, recitarmi oggi (mio compleanno) una nuova poesia per me e assaporare il messaggio che trasmettono i tuoi pensieri e così…nel calore ovattato che mi procura la tua esistenza, lasciarmi trasportare dai sogni e sognare ancora... per te, per me, per noi.
Vorrei cantarti parole dolci e illudermi di cullarti ancora, stringerti, rimproverarti, farti piangere, vederti soffrire, sbagliare… vederti crescere. Tornare io bambina, crescere e riprovare la gioia della tua nascita per urlare al mondo questa felicità …
questa disperazione.
All’improvviso squarci di ricordi, come guizzi di lampi nella notte, scuotono la mente. Immagini tumultuose si affollano, trafiggono il cuore, mozzano il respiro.
Rintocchi lenti, cupi, laceranti, fendono l’aria, frustano l’orecchio, spezzano il cuore, sconvolgono l’anima.
Suona campana …suona… suona ancora… e le note amare disegnano nel cielo un libro, il libro della tua esistenza, quello che tu scrivevi con impegno e gioia, scompaginato da una folata di vento malvagio e sigillato per sempre da un’onda crudele.
I sensi si ribellano, i sogni scompaiono, gli orizzonti si chiudono; la giostra della nostra esistenza si ferma incredula sospesa nel vuoto del nostro futuro, incagliata dal dolore... dall’assurdo.
Prepotenti, indifferenti al nostro tormento, scorrono sul bordo di questo baratro, i nostri giorni.
Piano piano, il pianto diventa ricerca, la disperazione pretende certezze, gli occhi appannati da lacrime, stanchi, cercano la luce e così... dallo smarrimento totale sorge la luce della fede, nasce la forza della preghiera che dà la certezza che tu ci sei ancora e che ci ritroveremo ancora e per sempre!
Intanto la vita più benevola (o meno crudele?) con noi, ci offre ancora, fino a quando lo vorrà, il gioco ritmico dei colori che si susseguono nei giorni.
Luci, ombre, buio, calore, stagioni, suoni, vento, pioggia, neve, e ancora... sonno, veglia, solitudine, rumori, folla, odori, sapori, sentimenti, disperazione, rassegnazione, lacrime e sorrisi.
Dolci sorrisi che affiorano sulle mie labbra incorniciate da calde lacrime quando parlo e racconto di te, del mio “ piccolo grande uomo “ che per “ cercare se stesso “ si è “ immerso nell'aurora all'orizzonte “ e all'infinito.
Angelo di luce
Della mia vita
perduto senso,
nel silenzio sospeso
in ogni dove,
inconscio spesso
io ti cerco
e linfa trasparente
talora torni a nutrimento.
Alito d'amore
di una perduta giovinezza
fuoco incandescente
teneramente ardi
nella preghiera mista
al mio dolore.
Pegno sacro
di un incontro amaro
tra cielo e mare
angelo di luce
riappari
a definire l'orizzonte
di un buio sentiero
che volge verso sera.
la mamma
Ti bacio con tanto amore.
Cercando me stesso
E il vento scorre silenzioso;
ascolto il suo passo fuggiasco
che sfiora la donna che canta
l'uomo che ride, il bimbo che urla.
Soffia sui capelli degli alberi,
scuote le acque dei torrenti,
spinge le nuvole bianche...
Mi trapassa... è un attimo:
io, fermo, che guardo lontano
fermo, che cerco un raggio di luce,
e il vento scorre silenzioso e
accarezzandomi mi strappa due lacrime.
Dominick Ferrante
Cara Elena,
Quanto è comprensibile il tuo sentimento, quanto condiviso il tuo dolore! Ma quanto è bella la tua fede! La fede è ala che ci trasporta oltre il limite angusto del tempo, per immergerci nella realtà più vera, che è l’eternità. La visita ai cimiteri ci grida questa verità, che ci livella tutti nell’assoluto di Dio, Signore della vita e dell’Amore. Egli non strappa per ferire ma per fecondare. I nostri cari sono in Lui, più vivi che mai, più attivi che mai. Più puri nei loro sentimenti che mai.
Questa bella e certa fede, asciughi fin da oggi le nostre lacrime e conforti i nostri cuori.