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MARZO 2011

     

2K- from Kalena to Kosovo

            Così è stata denominata la missione umanitaria che mi ha visto partecipe come volontaria assieme al comitato “Festa del sorriso”, al Centro Ricerche e Studi per la Protezione e Difesa civile e altri Enti ed istituzioni. La missione in Kosovo è stata portata a buon fine grazie anche alla indispensabile collaborazione con i militari dell'esercito italiano di KFOR il “MNBGW” che opera nella regione PEC in Kosovo per salvaguardare la libertà di movimento e sicurezza della popolazione, le cui ferite di guerre fratricide ancora oggi stentano a rimarginare.

            L'operazione è partita da Casacalenda (CB) per portare aiuti umanitari di vario genere tra cui l'intero ambulatorio medico- ginecologico di mio marito completo di ecografo ad alta definizione, donato all'ospedale di Istok, inaugurato il 19-03-2010 con il taglio del nastro e dedicato alla memoria del dott. Domenico Ferrante, padre di Dominick.

            Personalmente, nel corso di questa operazione umanitaria, ho avuto anche l'opportunità di visitare i bambini della Caritas Umbria e della Caritas Veneziana di Klina e di sentire l'innocente profumo di esistenze segnate da ferite indelebili.

            I bambini del Kosovo, anche i più piccoli, non piangono quando vengono visitati dalla pediatra.

Attimi di una missione

            È difficile raccontare ciò che ho provato nel corso di questa mia piccola esperienza umanitaria. È stata così ricca e travolgente in emotività che si vive forte la sua pulsione ogni volta che se ne evoca il ricordo.

Sono stati:

  • Attimi spesi in un impegno di credo, frementi d'attesa e di speranza condivisa.
  • Attimi vissuti nel luccichio di un’emozione, colmi di sguardi comunicanti, impressi nel calore di una stretta di mano.
  • Attimi di preghiera in cerca di luce per profonde riflessioni nell'apnea di segrete tensioni, in comunione con gli assenti, presenze sempre vive nell'anima, che avrei voluto accanto per condividere quella ricchezza di gratificazioni, di gioiosità, di doni che allargano il cuore alle Tue meraviglie Signore.

            Mi piace immaginare l’Umanità come un immenso giardino con tante aiuole comunicanti in interscambio continuo tale da creare, non uno stato di appiattimento o grigia monotonia paludosa e stagnante o ancora meno una soporosa alienazione, ma fermento di vitalità e di operosità per invogliare incondizionatamente ognuno a dare il meglio di se, per il vantaggio di tutti. Un luogo di pacifica atmosfera dove ogni componente darebbe la sua fioritura, sì da rendere lo spazio esistenziale armonicamente vivibile nella variegatura di un arcobaleno di solidale fratellanza.

            Ma il giardino della nostra umanità è colmo di vasi frantumati da bolle di potere; da aiuole che valicano i propri confini, sequestrando linfa altrui e creando deserti infocati di odio, aride steppe di sconfinata solitudine, vulcani in eruzione dove il sangue vero scorre come lava e la sofferenza come acqua che non disseta né idrata la terra dove esseri appena nati, giacciono a morire su seni sterili sotto cieli indifferenti.

            Così riparare i cocci è faticoso e il restauro di tele faticosamente dipinte, squarciate poi da rombi funesti, richiede tempo e impegno, in primis, quell’indispensabile risveglio di coscienza che permette di configurare “l’altro” nella propria identità.

            L’idea di partecipare ad una missione di solidarietà, è nata come un bel fiore di campo e tale si è espansa in colore e profumo nell’aria che ho respirato e vissuto in attimi che ho salvato nel cuore. Per la verità qualcuno (mio marito) tanto tempo prima, aveva gettato il seme, un seme colmo di buona volontà e generosità, ma al momento del raccolto, i suoi giorni, quelli che si contano nell’alternanza di buio e luce, si erano esauriti e così mi sono trovata sola a raccoglierne la fioritura, anche se i profumi, quelli carichi di luce e di verità hanno riempito il vuoto e riportato gli assenti.

            Spole preziose manovrate da abili mani, ricche di indefessa volontà d’azione, hanno tessuto con accuratezza un ordito prezioso, composto da tante altre mani operatrici, anch’esse  voci di coscienza tutte tese a rammendare con pazienza gli strappi del tessuto umano, per restituirgli quella dignità che è pilastro reggente della nobiltà di ogni creatura. La tenacia in un credo che vada oltre ogni difficoltà, pregiudizio, materialità o interesse personale (fosse anche solo di immagine) lungo il percorso operativo, ha giocato un ruolo essenziale a che non si spezzasse la catena di anelli finalizzata alla concretezza della missione.

            Un piccolo impegno umanitario “invisibile puntino in un mare sconfinato di bisogni” in cooperazione con altre “pedine”, miracolosamente divenute colonne portanti della missione, mi ha regalato un’esperienza bellissima, ricca di emozioni, centellinate in attimi indelebili. Ineffabili.

            Ci sono attimi di vita che ardono in un fascino di silenziosa operosità che ammalia e trasporta più del frastuono assordante di tante parole ingannevoli e promettenti come i miraggi in deserti di desolate speranze.

            Ci sono attimi di vita che ti restano dentro come aliti soffiati sullo specchio luminoso dell’anima, che tu puoi sempre rievocare e sfiorandoli nella pace del silenzio, gustarli ad uno ad uno come i chicchi dolci di un grappolo d’uva ancora appeso al tralcio di vite, senza mai chiederti se quella infinita dolcezza l’hai saputa dare o ti è stata donata. Perle nascoste che brillano dentro, affinano l’anima e la elevano “ad maiora”.

Elena Salvatore Ferrante

 

Istok 19/03/2010 ore 10,40

****************************

Il taglio del nastro.  (dedicata a mio marito e a tutti gli operatori di pace che hanno collaborato

                                                     alla missione umanitaria 2K-from Kalena to Kosovo)

 


Dov’eri quando

ti chiamavo forte

al mio fianco

(al taglio del nastro?)

 

La voce spenta

nel groviglio del pianto

invocava la Pace.

Per tutti.

La tua la mia

la loro.

Formiche operose

sui fili spezzati

dell’arpa di pace

dell’uomo

sublime e stuprata,

a ricomporre

pazienti

le musiche dolci del cuore.

 

Cime innevate incastonate

in cielo diamantino

riflettono

pendii già ingemmati,

nuovi fermenti

in acque che lente

scorrono a lavare ferite.

 

E lungo il fiume,

come allora

canta ancora, il Profeta

l’albero della vita.

 

Come lancette d’orologio

noi scandiamo

il nostro spazio-tempo

protesi ad ogni palpito

all’abbraccio universale

che ci attende.

 

Io ci sarò, te lo prometto.

 

Voci nel silenzio  

I bambini in Kosovo non piangono     (dedicata ai bambini delle Caritas Umbria e Veneziana in Kosovo)

 

Come grani di rosario                                         

in fila e devoti

o

fiori calpestati

accarezzati da brezza

o

piume morbide danzanti

in solitudine inquieta

 

in timidi sorrisi

vivono l’ansia e

il tremolio del domani

 

Sono sguardi di stelle

imprigionati in colpe

mai conosciute.

 

Ali d’angeli scollati

dal grido cinereo

lontano e inconscio presente

di un cielo macchiato.

 

Violette nascoste

odorose di bianca innocenza

in sentieri, dove immemori

Caino e Abele

riscrivono la storia

su pietre fraterne.

 

Solo l’Amore,

con braccia di luce e

calore sa cogliere

di quelle voci il silenzio

a colorare nel cielo

“altro arcobaleno”

con rintocchi di campane

per una Pasqua di Resurrezione.

 

Elena Salvatore Ferrante


 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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