Per non dimenticare.
Il canto di Plaza de Mayo
Trasparenza sonora
di gemiti d'orme
è calpestio orante
di MADRES
nel respiro del vento.
Canto muto
impercettibile di pianto
quasi alito fermo
lento si spande
nel midollo del mondo
e fremito universale
s'alza di voci spente
nella cenere del tempo.
Lontano, all'orizzonte
un cielo di Misericordia
prepara l'alba
di un nuovo canto.
Il canto di Plaza de Mayo, è il cigolio lento di orme gentili e gemiti nascosti in seni angosciati e turgidi d'attesa senza tempo. Come l'incubo senza risveglio. E' il suono pietoso di suole consumate che scavano nella profondità delle coscienze, in cerca di verità e di giustizia. Carico di parole non dette, arde d'amore e di indomito coraggio nel cuore di Madres dei desaparecidos che tremano senza paura e senza rassegnazione, coprendo il capo e la pena, con un fazzoletto bianco, emblema di una rivolta pacifica contro le atrocità di un regime.
E' un canto silenzioso, composto e impotente, ma forte nella protesta e perseverante nella speranza, perché forgiato nel dolore, il più grande, quello asciutto di pianto, bagnato di sofferenza indicibile.
Muto nelle sue note disperate, il canto scrive in girotondi, una delle pagine più nere della sua terra, l'Argentina, con il controcanto di una resistenza che non si piega, una sottintesa ribellione agli orrori e all'ingiustizia, alla profanazione del massimo dei diritti umani: la sacralità della vita!
Pagine di storia macchiate di atrocità e di sangue, di torture e di delitti, di soppressione di intere generazioni per l'efferatezza di un potere.
E' un camminare, quello delle Madres nella Plaza de Mayo, che sa di respiro asmatico, sospeso sui fili fragili di una ragnatela, ma che stride forte sull'arpa del tempo e si espande come boato incontenibile, nelle viscere del mondo, in attesa di una verità che faccia giustizia.
E' la nota acuta di un grido disperato, represso nell'amore oltraggiato, nei diritti umani calpestati ed ammucchiati come foglie morte nei vicoli ciechi di un inverno interminabile.
Come l'onda tempestosa di un mare di sofferenza, cavalca le corde del tempo e viaggiando sui fili della storia, si eleva gigantesca a denunciare la violenza cieca dell'abuso di potere, ad ammonire con fermezza la coscienza, Nunca Mas, a invitare l'uomo alla riflessione e, soprattutto, a non dimenticare e a ricordare le parole di Giovanni " Venne tra gli uomini e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio" (Gv. 1,11-12)
Il potere dunque, non inteso come possesso, dominio, tirannia, dittatura, soppressione della vita e/o della libertà di pensiero, ma come conquista interiore di sentirsi figli della Luce.
Un potere quindi, che sottende una capacità e volontà di fratellanza, una potenzialità di gestire quel dono, a seconda dei propri talenti, in attivazione di un bene comune per un mondo migliore.
Un potere che illumina, che eleva, che riscalda come l'abbraccio di una madre quando culla in seno il figlio e, cantando in preghiera, sogna di poterlo proteggere sempre, anche quando sa che non sempre, può essere così.
Dolce poi si profila, da quei volti solcati dal dolore e da quello sguardo colmo di afflizione, una carezza senza fine, quasi a dare vita alla trasparenza di quei figli scomparsi, a quelle voci spente nel vuoto, a quei corpi torturati, macellati, infossati. Senza sepoltura.
E' la sconvolgente bellezza della pietas materna, che trova la sua massima sublime espressione, nella STABAT MATER che vive la crocifissione del FIGLIO col silenzio passionale di un Amore Universale.
Io non ero accanto a te quel giorno in cui ti tuffasti nell'aurora all'orizzonte, ma ti vidi in sogno, nell'amplesso di Luce che ti avvolse nell'armonia dell'infinito, e le mie lacrime ora, piccole stille di speranza, si espandono in cerchi concentrici di fede, per raggiungere il punto Infinito del respiro universale.
Ti abbraccio figlio mio con tanto amore,
la mamma di Dominick