Quel giorno…
Quel giorno, non avevo altra vita se non il mio dolore. I singhiozzi silenziosi marcavano pesanti i miei passi dietro una bara con un mantello di fiori bianchi (campanule in pena o sorrisi di cielo?) facendomi varco nel muro di gente che incredula e attonita cerchiava il sagrato della chiesa di S. Giovanni, dove tutto era pronto per il rito del tuo volo eterno.
Automa di una lacerazione improvvisa, persa nei tuoi giorni rubati, ma viva più che mai nella mia sofferenza, ti inseguivo nel tuo ultimo viaggio, per me impossibile.
Sotto un cielo stretto in una morsa di gelo che l'evento contro-natura acuiva ad ogni passo, sul baratro del mio vuoto, un’inquietudine incalzante mi impediva di pensare, o meglio di ricordare che per le vie del mondo c'è Lui che non abbandona mai nessuno.
Passavo di lì quel giorno e ti riconobbi.
Ti avevo già vista, racchiusa nel tuo strazio, avvolta dai i veli di una lugubre lamentela
che si dirigeva verso il cimitero del villaggio di Nain.
Tu vedova, piangevi il tuo unico figlio morto e non ti eri accorta di Me.
Io ebbi pietà di te e del tuo dolore. Mi avvicinai e con dolcezza ti dissi – non piangere-
perché sapevo che stavo per trasformare quel dolore in gioia, perché sapevo che avrei risuscitato tuo figlio, perché sapevo che di lì a poco, sotto lo sguardo incredulo delle persone del corteo funebre, avresti riabbracciato tuo figlio vivo.
Sapevo anche che avrei incontrato quello sguardo di strazio, in Mia Madre, lungo la via del calvario, e sotto la croce, dove sarei stato crocifisso e lì agonizzante, avrei consegnato al Suo Cuore d'infinito amore, l'umanità intera.
Oggi, come a Nain, e sempre, in ogni tempo e luogo, io sono accanto a te, madre eletta nel dolore, icona sublime di sofferenza, sguardo contemplativo di pietà, grido di misericordia.
Sono la voce che risponde ai tuoi perché, che seda i tormenti della mente e dona speranza, il sole nascosto nella tua anima.
Io continuo a pensare che il mio cuore è troppo fragile per contenere un dolore così grande; spesso, nella irrefrenabilità del pianto, mi ricordo delle Tue lacrime per Lazzaro e sfogo tutto il mio diritto al pianto, ma mi sento assetata di voce di vita, e la cerco nei miei sospiri, nel deserto del mio dolore, nella caducità della mia carne.
E Tu, voce nascosta nel mio anelito di pace, Consolatore perfetto, ti avvicini dolcemente, come alla vedova di Nain e mi parli di premio, di vita eterna e io sempre più fragile e arida, sento il bisogno di ascoltarti, di bere alla tua fonte, per fugare ogni ombra e dissetarmi di luce.
“ Senza la tua forza nulla è nell'uomo , nulla senza colpa,
Sana ciò che sanguina... scalda ciò che è gelido... dona vita eterna.”
La mamma di Dominick
Cosi le ore buie
Elena Salvatore Ferrante
La porta rimasta socchiusa
cigola stridente su
cardini già logori.
Sbatte violenta
sui timpani inquieti e
cigolante ossesso
a ritmo incontrollato
torna sferzante
a stordire la mente.
Così
le ore buie del dolore
in spicchi di cuore
rimasti incustoditi.
Ma il nido sospeso
tra rari fili di luce
tremante ogni volta
nel vortice d'atomi d'aria
resiste al tormento del gioco
a custodire il calore.
Quello rimasto.