Elegia d'amore
Ora
dove vai folle
orfano cuore?
Incipria di sorriso
il volto disadorno
e lascia che la luna
raccolga
l'incubo notturno.
Tu ora
canta la tua nenia
d'ogni tempo e luogo
canta cuore, canta.
Flagelli furon l’onde
e punte di lance
a perforare il sangue
vivo al risucchio
Travaso di dolore.
M'invocasti?
Non so.
Né il mio seno sterile
s'inturgidì di vita
nell'abbraccio muto
e disperato quando
lo squarcio d'un cielo
rovesciato
imprigionò la luce
E fissò lo sguardo tuo
nel tuo stesso ardire.
Eterno, nel donarsi amore.
Nulla videro le stelle
addormentate!
Altri
ti abbandonarono.
Volarono i gabbiani
dalla nera pece e sola
la zattera s'arenò
nel tuo canto buio.
La notte,
lì sulla scogliera
con passo gelido di morte
t'aprì il varco
tra quei corpi stesi a cimitero.
Quanti!
Padri, figli, madri
feti di speranze e giovani
sogni e schiavi.
Liberi ora e impavidi
Alito di noi lì
non trovasti e
fragili le ossa
nelle membra esauste
si posero accanto
a quell'ordito umano
per spole della storia.
Noi naufraghi di terra
sospesi come foglie
nel respiro del tempo
udimmo cupi
i rintocchi lenti
a scandire
lo sciabordìo eterno
dell'umanità sommersa.
E li vedemmo risalire
come petali di gigli
a coprir di pena i nostri giorni.
Pianse la madre
d'ogni tempo e luogo
le note d'una lunga nenia
sparsa nell'aria pregna
che tuonò spezzando l'arco.
Sanguina ancora, sempre
l'ombelico lacrime di sventura
E schiusa la conchiglia
nel parto di dolore
furono lacrime
d'alga e di salsedine
che lambisti
prima del gran volo.
Tra schiere di pargoli bianchi
sorridenti in coro.
Ali furono i rantoli e le parole
voce d'arpa i singulti
nel tuo sorriso denso
tra i varchi del silenzio.
__________________
Non andare
è l'accorato richiamo
della madre
al canto che ammalia
d'altra sponda
E lasciarci sconsolati
in questo tempio di sciagure.
azzurro è il tuo nastro
e lungo a srotolare
nell'immensità dell'immutabile galassia.
E nel filo corto
del mio tempo
dove in sospiri
avvolgo il mio canto,
incidi forte i tuoi giorni
finché io sarò solo
ombra e sorriso caldo
che t'accarezza ancora
da vecchio nei tuoi sogni.-
Non andare
grida insistente e sordo il cuore
alle tue palpebre socchiuse
tra fitte rughe bagnate
di tormento
O forse...no...forse
è pioggia d' angeli
d'altri universi?
Noi pastori d' albe e brina
sulla scia di rugginosa schiuma
che dai fondali
emerge
a far di spiagge
“ astri d'altri firmamenti “
cerchiamo sentieri e
guida di cometa
Torna così l'Avvento
quando luce d'erba
affiora
e tenera protende
su un mondo inquieto
vita nuova.
Ma...
come dirti amore
di questa sventura
che ci travolge
in bende luttuose
che denudano il corpo
trafitto nell'anima?
Il respiro vagante
tra intervalli di luce
in spazi sempre più angusti.
Come, come dirti amore
il suono del tuo nome
così nuovo al nuovo
che tinge i nostri giorni
la voce il sorriso le piccole cose.
Come, come dirti figlio
di questo mio cuore
e di questa nenia acuta
per chiamarti e
riabbracciarti ancora.
Plenilunio d'amore
trasfigura
lacrime di sangue
nell'orto degli ulivi
in archi di luce
sul monte della croce.
Tu cuore ora
canta così
la tua nenia
______________________Soave t'accarezzo
e parlo di te
alla spiga che imbionda
colma di sole nulla ricorda
del suo lento morire,
del peso della zolla
e l'umido calore
del seno della terra
Ora ch'è orgoglio
di campo
danza di chicchi
con papaveri in petto
cielo di lucciole
al canto dei grilli.
Nulla sa
della falce stridente
di macina ganasce
che s' imbiancan di farina
già con odor di pan di vita.
Dolcemente t'accarezzo
e alla spiga che ondeggia
parlo di te
che nulla rammenti
della scure tagliente
Ora che sei
luce di cuore
bacio di sole
storia nel vento
( Tu ) figlio, figlio mio
( Ora ) vieni
adagia caldo
tra le mie braccia sciolte
il tuo orfico canto,
e canta, canta
la tua elegia d'amore
______________________
Sono stato
atto di un mistero d'amore
e respiro di cellule
nel grembo di mia madre.
Passo felpato nel tempo
e
ali di parole
di un cielo nascosto
Ho volato
sognando “ l'Altrove lontano. Amèno “
Ho colto i gemiti
di universi sommersi
di ossa spezzate, rinsecchite, bruciate.
Ho visto lo strabismo indifferente
sul “ Morbo innocente “
sui bimbi soldati, sfruttati, maledetti
buttati in cassonetti
Ho pianto lo schianto
dell'anonimo rottame
sull'asfalto incurante
Ho udito i pesci urlare
tra cemento e toghe nere
gli eterni nevai migrare
tartarughe andare a morire
Delle torri gemelle
ho raccolto i lamenti
dei cristalli in frammenti
E il pianto di Tommy
a cercare la mamma.
Ho stretto la mano
al perdente, all'assente
al migrante.
Ho cantato le cascate
le fate
i sogni scordati, gli amori perduti.
Ho contato i miei passi nel cielo
rincorrendo il mio tempo
sorridendo alle stelle.
Ora sono
tuffo di sole
all'orizzonte
e
storia sempreverde
nel vento.
Tu madre
non ombra sei
alla mia luce
ma nettare d'amore
per le mie orme d'inchiostro
sulla spiaggia del tempo.
La mamma,
Elena Salvatore Ferrante