E' notte gelida ..nel buio sentier
Balbettava l'uomo, nel tremolio delle labbra, suoni afoni persi nel silenzio buio di quella notte gelida che superba costellava lo spazio esiguo di quella esistenza stracciona.
La notte era gelida e ... sempre più gelida gli penetrava dentro come punta di lancia infocata quasi a voler dare un alito di vita a quel guscio di pelle e ossa rinsecchite.
Lui, a piccoli passi, aveva iniziato ad inseguire la sua ombra, proiettata in schegge di luce-ombra dalla luna, in un piroettare che creava un rito magico e che dava alla scena un tocco convulso, ma così straordinariamente misterioso e sublime.
La notte era gelida...
e rari fiocchi di neve, trasportati qua e là dal vento che a tratti soffiava sferzante, si posavano su quella lunga barba incolta e grigiastra, come perle di luce, a ridare quasi, dignità umana e colore vitale a quegli stracci d'abbandono.
Poco distante, sotto il ponte scorreva il fiume, monotono nel suo cammino verso la meta e indifferente, come tutto quel mondo "lontano" oltre gli ultimi caseggiati di periferia, luccicante, chiassoso e frettoloso, in quell'ultimo giorno di frenesia natalizia.
Un rumore secco spezzò il silenzio, quel gelo e quella gestualità stereotipata.
L'uomo si fermò all'improvviso scosso da un tremore forte, forse ancor più forte di quella impellente esigenza di procurarsi subito, prima che fosse troppo tardi, un po' di cibarie e un cartone con cui ripararsi da quella morsa di ghiaccio e dallo sfinimento che sempre più struggente ansimava con lui, in lui, come altro se stesso.
Si girò barcollando e a stento colse, tra la nebbia degli occhi, un'ombra furtiva che scomparve rapida inghiottita dal buio oltre l'angolo, come una talpa nella tana.
Si sforzò di pensare sul da farsi, ma gli riusciva difficile tra i morsi della fame e il sudore freddo che lo stava imperlando tutto e poi... non riusciva più a controllare quel tremore dentro che gli faceva tanto male, quasi quanto la paura di quel lamento fioco, a tratti impercettibile, che da poco s'era alzato nell'aria, investendolo con le raffiche di vento.
Quel gemito gli si spargeva sulla pelle rattrappita, dilatandola e aprendo ferite laceranti, colme di ricordi perduti nel tempo, lacrime asciutte sulle gote scavate dallo squallore di una esistenza bruciata.
La notte era gelida... in quel buio sentiero!
Quel gemito soffocato nel gelo, sempre più penetrante e rado sembrava un orologio magico che scandiva attimi di vita, presenza "altra", voce d'appello, esigenza d'amore.
Menò lo sguardo qua e là per assicurarsi di non essere visto poi, mosse i primi passi cautamente, temendo uno scoppio ad ogni sua mossa o forse un'implosione?
Si avvicinò al cassonetto, lo sollevò e freneticamente incominciò a frugare.
Rapido trasse fuori un sacchetto di plastica, cercò, palpò, toccò qualcosa di vischioso, untuoso, commisto a qualcosa di liquido denso e grumi. Palpò ancora... ma come?
Erano manine, piedini, una testina; era un bambolotto quello che aveva tra le mani!
Sudò freddo ancora, e deluso afferrò l'oggetto sbirciando intorno alla sua solitudine, poi lo strinse a se, forse per far cessare quel tremore forte di brivido esistenziale.
Nella stretta gli parve di avvertire una risposta, una risposta di scosse rapide in successione, come di spasmi convulsivi e così quasi incredulo, dimentico della fame, lo strinse ancora più forte a se sempre più forte per riscaldarsi e riscaldarlo di un calore che generava sorriso, felicità, pace.
Era un'onda di novità quella che gli nasceva dentro e, come una marea montante di vita, spezzava il gelo della sua esistenza, il muro spesso del suo smarrimento.
Un fluire caldo di emozioni risaliva lento dal profondo e l'attraversava tutto, come soffio di vita che riscalda, luce che abbaglia e scopre tutto il tuo esistere; spine che pungono e sanano, tagli crudeli che curano ferite purulente spazzando via il settico, il febbrile che consuma il corpo e logora la coscienza di se.
"Il castello vuoto" della sua esistenza si andava sgretolando in una ondata di calore, di gioia, di luce, accanto a quel corpicino che chiuso nel suo abbraccio ora aveva smesso di gemere.
Così lui cominciò a sorridere, poi a ridere sempre più forte e a piroettare di felicità mentre tornanti di emozioni in un nuovo respiro, gli scoprivano paesaggi interiori ridenti e colmi di tenere dolcezze e sentimenti persi nella vertigine che annienta, sentimenti soffocati dalla noia esistenziale suicida.
La notte era gelida… ma quel calore, colmo di luce di felicità, gli veniva da dentro, da lontano, da quel corpicino lì stretto nel suo abbraccio.
Quel rumore, quel rumore secco in una notte di "Cielo-Cometa" aveva spezzato, come un suono angelico di tromba, il gelo della sua notte e lo aveva fatto rinascere in una nuova dimensione d'amore. Si scopriva colmo d'amore, sazio di calore che gli veniva da quel corpicino rifiutato da un grembo scavato in un cuore di tenebre e di perdizione.
La neve era scesa copiosa durante la notte e la città si era svegliata avvolta in un magico mantello di candido splendore, esaltato dai tenui raggi del sole che si posavano dappertutto, creando meraviglie.
Nelle ore più calde del giorno, i bimbi allegri e curiosi insieme con i grandi scesero nelle strade per divertirsi con la neve e il suo fascino.
D'un tratto un bimbo si fermò stupito e, felice gridò: Mamma, mamma guarda che bel pupazzo di neve c'è lì sotto il ponte, sembra un "presepe vivente "!
C'è il bambinello che sorride al pastore che l'abbraccia con dolcezza.
La mamma guardò, sorrise al figliolo e lo abbracciò forte, baciandolo con tenerezza.
Una nuvola bianca e radiosa, in quel eterno momento d'amore, attraversò il cielo e la Mamma Celeste scese ad asciugare le lacrime di tante mamme che cercano, ora e sempre, l'abbraccio del figlio.
E' notte placida ...
nel buio sentier dai campi del cielo è sceso il Signore,
il fiore più bello dei nostri cuor...
Cantate popoli gloria all'Altissimo ...
Incarnazione del Verbo , abbraccio universale di pace e d'amore che nasce in ogni cuore.
La mamma di Dominick