I1 ritorno alle radici
Elena Salvatori (la mamma di Dominick)
Come "offesa" che fugge
il vento tuonò da ponente.
Pungente strisciò
sui tetti assolati
sui passi del selciato
sul torpore delle "Lame"
sui rintocchi delle campane.
Sulla via del ritorno
odoroso di schiuma,
di scoglio, di bosco,
s'infilò poi
in quel vico nascosto.
Li,
volteggiaron smarriti
i tuoi pensieri traditi
e. . .pagina bianca
si posò sul cuscino, stanca.
Fioca la luce
tremolante si spense
e adagio,
a passo felpato di danza
chiuse il tuo diario nella stanza.
I1 cancello dell'orto
cigolò in quel momento
con flebile lamento;
l'oleandro sconvolto
guardò il melograno sgomento.
I1 tuo ulivo era li fermo,
col suo gran cuore paterno.
Fu di un istante
l'abbraccio tra i rami
perché t'avvinse tenace
con radici profonde
di vita, di pace.
Oggi ti ascolto
Elena Salvatori (la mamma di Dominick)
Oggi ti ascolto,
parlami di te,
prezioso dono del mare
guardami,
sono l'Azzurro del cielo
che hai sempre cercato,
ammirato!
Con occhi di bimbo innocente
mi scoprivi lontano, splendente,
oggi, i tuoi occhi
appannati dal velo del fato,
mi vedono pensieroso, oscurato
Sono l'Azzurro del cielo,
non piangere i tuoi giorni contati,
i tuoi sogni annegati!
Non l'eterno sbuffare del mare,
non l'angoscia d'amore
degli urli di tua madre
dei silenzi di tuo padre,
soffocheranno la tua voce
sincera, chiara.
Io, mai assente
ti cullerò
nella mia "mistica presenza".
Tornerà la tua voce
sincera chiara
con le primule a cantare
sotto l'ulivo dell'orto
e troverà pace
nel Cristo Risorto.
Parlami di te,
prezioso dono del mare,
sono l'Azzurro del cielo
e oggi, ti voglio abbracciare.
Nostalgia di un cuore di mamma che non può scordare. In questo periodo dell’anno il ricordo si fa più vivo, il dolore si acuisce, si fa lacerante … resta solo la fede. Ma la fede non toglie l’angoscia del cuore, solo la illumina di speranza. Le braccia, la bocca, gli occhi, l’udito, perfino l’odorato reclamano la loro parte e soffrono di questa forzata astinenza.
La morte non faceva parte del progetto originario di Dio, il passaggio dal paradiso terrestre a quello celeste sarebbe avvenuto in un’estasi d’amore, la natura sarebbe stata sempre amica, le sorprese avrebbero riservato solo una gioia che cresce, una conoscenza che aumenta, un infinito che si apre al finito. Ora tutto è diverso, ma il Padre, ce lo ricorda il Natale, ha messo in gioco se stesso inventandosi il perdono, e, accettando il sacrificio riparatore del Suo Unigenito ha riacceso la speranza. Il Suo Regno è lì che ci attende. I nostri cari sono nel Suo amplesso divino, la vita eterna annullerà il dolore, l’angoscia, la separazione, la morte.
Tempo d’attesa
Non esiste buio senza luce e più il buio è profondo più intenso e prepotente diventa il desiderio di luce.
La notte trascorre le sue ore in attesa dell’alba che accarezza e colora di vita; il sonno consuma il suo respiro profondo e sognante nell’attesa del risveglio, il seme nell’humus fecondo, s’addormenta e lievita per erompere alla luce e rifiorire di vita.
Così la sofferenza; c’è sempre in essa un alito di speranza che porta a lottare e superare anche i momenti più cruciali. Così il dolore, quello più grande, come la perdita di un figlio. Lentamente si stempera in dolcezza nella fede e nell’incanto di un tempo d’attesa.
Le lacrime copiose ed amare, col tempo diventano fiammelle di preghiera e si trasformano in note di carezza che volano nell’aria seguendo scie misteriose in cerca della stella polare.
Lontano da ogni frastuono che si sente nell’aria prenatalizia, così piena di esteriorità, di luccichio di vetrine stracolme di proposte allietanti, corse alle compere, stravaganze mondane di ogni sorta, io voglio vivere il mio tempo d’attesa dell’EVENTO INFINITO, in un incanto interiore che mi porta sulle orme dei Re Magi a seguire la stella cometa, alla ricerca di un BIMBO-RE- fonte di vita.
Porterò con me la melodia di una dolce ninna-nanna, mi accompagnerò al suono delle ciaramelle dei pastori, nello sguardo il sorriso dell’erba dei campi che respirano già la gioia del grande mistero. Nelle orecchie il fruscio dell’inchino di tutte le foreste, il canto delle vette innevate, ma anche il pianto del fango che travolge e inghiottisce, l’amaro del mare-sepolcro, il gelo della mano omicida, il pianto innocente, il fetore delle macerie del mondo.
Voglio vivere il mio Natale in un’estasi di nascita che si sublima sulla croce del monte Calvario e si illumina nel sepolcro della Resurrezione.
Voglio che il mio dolore di mamma si smarrisca nel tempo d’attesa in un raccoglimento che mi ricorda la semina e la speranza che essa comporta.
Il seme che si copula in un atto d’amore genera maternità, dono incommensurabile che si eleva alla irraggiungibilità della VERGINE-MATERNITA’ che partorisce il BENE-ASSOLUTO nella povertà di una capanna ingemmata di cori celesti.
Voglio vivere il mio Natale in un cammino che porti a quella capanna e trasformi le mie lacrime in musica di ninna-nanna che avvolge e vive il figlio ritrovato proprio e solo nel Mistero che dà immortalità all’anima
e ….
con le mani di tutte noi mamme, dal cuore spezzato, intrecciate come fili di paglia e di calore, comporre la “CULLA” e dondolarla in un’estasi d’attesa tra le pieghe del cuore della Mamma Vergine che “ TUTTO SA E SERBA NEL SUO CUORE”.
Scorre caldo
nella culla dei ricordi.
il vigore dei tuoi anni.
nell’estasi dell’anima.
nei colori dell’arcobaleno.