Lettera postuma a Dominick (di Francesco Paolo Tanzj)
Avrei voluto conoscerti, Dominick, quando parlavi della "Cognizione del dolore" passeggiando semmai con Zanguilone nei boschi della solitudine alla ricerca di un plausibile antidoto alla pochezza di un'epoca banale, o quando in metro ti facevi assorbire da ondate di umanità desolata e vera, così tanto da perderti in quel tutto assordante di visi, gesti, paure, sbuffi e indifferenze, e ancora... quando t' interrogavi sul senso delle cose, e sulle cose senza senso, per reagire in qualche modo, ai "brividi bugiardi" (Silenzio) dei "blabla" (tracciano rombi all'alba i tir ) che offendevano il tuo cuore nell'inesausta ricerca di verità e d’amore.
O ancora spiarti da lontano quando intrattenevi con passione e dedizione gli "ospiti" della casa di accoglienza di Casacalenda, "E' quando stai con un ospite che ti senti bene/ Sei il polo positivo, la compensazione/ una metafora insomma, la parte salda" (Casone 2 ), loro gli ospiti del Casone, Maria, il Mister, Nicola, Pierina, esseri umani, veri, disgraziati, che tu accoglievi con tutto te stesso e che "Parlano, certo si dialoga/ interagiscono... piangono, angeli che si sfilacciano ... e chi ascolta è giudice e comare" ( Casone 8 ).
Avrei voluto incontrarti tra le barche dell'Idroscalo a Fiumicino e scambiare con te qualche parola su Pier Paolo Pasolini e sui poeti della Beat Generation americana, quelli che tu amavi, come amavi anche lui, per cercare di cogliere il nesso, comunque ribelle e solitario, di una denuncia amara al più corrotto e ipocrita dei sistemi.
La tua prosa- poesia o poesia- prosa, ispirata forse alla scrittura automatica di Kerouac & c - tu che cantavi della notte ad Atlantic City- e la tua critica impietosa alla tanta spazzatura della letteratura di casa nostra, ossimoro, de-strutturalismo, metafora, anacoluto, esperienze epigoniche di fine millennio, dicevi tu, semplicemente: "solo però perché pare io voglia poesia" come in "Auto”.
Avrei voluto invitarti a qualche Reading di poesia ad Agnone - perché no?- ...
Ora mi soffermo a guardare la tua foto sul risvolto di copertina, giovane vecchio saggio ironico- inclinato, disilluso e pur innamorato del mondo nelle sue infinite sfaccettature e disgrazie e amori complicati, perché tu così facevi: carico della tua sensibilità, ti immergevi letteralmente nell'animo degli altri, carne, sangue, ossa, nervi, tutto nel tutto, mentre osservavi tua madre (sei braccia e sei mani) lavorare al tombolo dall'altra parte della casa, o disfacendo le ore a rincorrere il migliore (tuo padre) che forse troppo tardi si è accorto di te, ma il tempo - che noi continuiamo a credere reale - va e viene come le onde che senza accorgersene in fondo ti hanno assassinato, e lei (il tuo amore) si è poi fermata lì, sul bagnasciuga, muta, a conservarsi in seno le tue ultime poesie da pubblicare.
E poi, chissà?
E noi intanto siamo rimasti qua, orfani di una tua postilla illuminata che adesso - qui, in questo momento - ci faccia capire fino in fondo dove sarebbe andato a finire il tuo cuore d'aquila, se avesse potuto osservarci sorridendo scompigliare i tuoi fogli e foglietti, le tue parole, le tue dediche, i tuoi messaggi cifrati, quelli che Elena è riuscita -giorno dopo giorno- a scovare negli antri più reconditi dei ricordi e degli spazi comuni.
Perché, sai, Dominick, le cose quaggiù non è che vadano molto bene - e tu già lo sapevi, altrimenti non avresti scritto poesie - la gente vaga per lo più dove tu ti rifiutavi di andare e molto spesso non è disposta nemmeno ad ascoltare, si trascina nell'ovvietà convinta di aver capito quello che è veramente importante e necessario " non certo le chiacchiere, gli ideali e le illusioni!", e il risultato è questa melma in cui anneghiamo, sono queste linee d'ombra, questi squarci che divorano il cielo, queste cantilene da piazza dell'euromercato, questi falsi in bilancio del fallimento di tutta una storia andata a rotoli, cinicamente strascinata; e tu lo sapevi, per questo scrivevi poesie, dondolando - almeno io mi ti immagino così - sulle ali inconsistenti di un mistero che neanche tu riuscivi a spiegare...
Hai scritto:
" Morte "
Come quando sarà passato troppo tempo
quando tutto sarà coperto dal vento,
e il suo sibilo sarà più forte della mia voce,
quando la luce sarà più opaca del cielo di ottobre
e il mare urlerà soffocato dal piombo delle nuvole,
il vuoto silenzio degli altri ancora più assordante
e il sangue di un bimbo brucia più delle sue lacrime,
così,
i miei occhi guarderanno.
Per non dimenticare
quell'ultimo da me voluto torpore.
Dominick Ferrante
Caro Dominick
Quando il prof, Tanzj lesse questa lettera, durante la presentazione del tuo libro, io, per tutto il tempo, rimasi sospesa in un tumulto interiore dove emozioni contrastanti si alternavano in una danza vertiginosa e martellante che mi toglieva il respiro, per la bellezza delle parole e la gioiosità dei sentimenti, trasfigurati in canto alla tua vita che continua nel respiro dei tuoi versi. E fu amore per la poesia, rimpianto di una voce lontana, carezza paterna, piacevole compagnia di un viaggio mai vissuto, stretta calorosa di mani che sanno raccontare con passione il faticoso peregrinare dell'uomo, la sua inquietudine in tensione continua per la conquista di verità che svelino misteri, desiderio di libertà, solidarietà, giustizia. Comunione di valori.
L'incontro con il prof. Francesco Paolo Tanzj, stimato poeta e scrittore fu, come ebbe a dire lui stesso,
"davvero speciale, perché mi ha fatto conoscere Dominick, e la sua poesia, Elena e la sua immensa forza di madre distrutta dalla morte e dalla vita, che mi ha insegnato cosa vuol dire costruire - passo dopo passo, tra ricordi, parole, sentimenti, illuminazioni e illusioni, un vero, assoluto Inno alla vita"
Durante i vari incontri, per la realizzazione del tuo libro, ebbi modo di scoprire. la sua ricchezza di pensiero, la sua profonda sensibilità e la sua squisita disponibilità. Trovai un amico sincero e generoso, sempre pronto per una parola di conforto e, nel'intreccio di pensieri che portano al dubbio, fu fonte luminosa di utili consigli.
Grazie Francesco!
Così,
quando la sofferenza si veste di bellezza e illumina il ricordo con la forza della fede che apre alla speranza e rende il cammino scabroso del dolore più agevole, tornano dolci le parole di Gesù "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me anche se è morto vivrà..."
Forte di questo credo, io sarò con te un giorno, luce nella Luce, e sarà Eternità.
ti bacio la mamma