La leggenda del santo bevitore – Rubrica interattiva. Richiede la tua risposta.
Joseph Roth
Andreas, il protagonista di quest'ultimo racconto di Roth, pubblicato prima della sua morte, è un ubriacone; ha ucciso il marito della propria amante ed è stato in prigione; ora vive da barbone, ai margini della società, senza fissa dimora.
Fugge il passato e ogni tipo di responsabilità, ma conserva un'anima semplice e un'ingenuità disarmante: è più vittima che colpevole. Appartiene a quella galleria di vinti che Roth ama descrivere nei suoi libri.
Ad Andreas, che trascorre le sue notti setto un ponte di Parigi, accade, in una sera della primavera del 1934, un "miracolo": un signore anziano e ben vestito gli regala duecento franchi e poiché Andreas, "da uomo d'onore", non vuole accettarli, l'anziano signore gli suggerisce di restituire il denaro, non appena lo avrà, alla statua di Santa Teresa di Lisieux nella chiesa di Santa Maria di Batignolles.
Questo miracolo è il primo di una serie di avvenimenti felici e meno felici: incontra l'ex amante e poi una ballerina, cui lo lega solamente il caso; beve una parte dei soldi, ne presta altri all'amico Woitech, ne fa dono alla ballerina e arriva sempre troppo tardi per la messa nella chiesa di Santa Maria di Batignolles o vi arriva con la borsa vuota. Sempre per caso, ma Andreas crede per "miracolo", il suo portafoglio ritorna gonfio: un ricco signore per cui ha lavorato lo paga bene; un calciatore, suo amico d'infanzia, gli regala altri soldi; un poliziotto gli restituisce un portafoglio contenente duecento franchi, che non gli appartiene, ma che Andreas prende senza pensarci sopra.
Alla fine, anche l'ultimo tentativo di mantenere l'impegno con santa Teresa fallisce. In un "bistrò" di fronte alla chiesa, mentre consuma in grandi bevute con Woitech il denaro da restituire, si sente svenire, viene trasportato nella chiesa e muore, chiedendo perdono, nelle braccia di una ragazzina sconosciuta che si chiama Teresa e che Andreas scambia per la santa.
Il linguaggio di Roth è semplice e ricalca quello con cui sono narrate le leggende; nonostante il tono ironico e distaccato, traspare dal racconto una profonda malinconia o anche la richiesta non detta di aver diritto a una buona morte. Andreas, come Roth negli anni dell'esilio parigino, chiede infatti che "Conceda Dio a tutti noi, a noi bevitori, una morte così facile e così bella!".
Con queste parole presaghe della propria stessa fine, Roth chiude il racconto.
RIFLESSIONI
Il tema di fondo è l'incerta collocazione sociale dei derelitti che Roth raffigura nei suoi romanzi: «Ovviamente duecento franchi sono meglio di venti, ma sono un uomo di parola. Sembra che lei non riesca neanche a vedermi. Non mi è possibile prendere il denaro che mi vuole offrire, e precisamente per queste ragioni: primo, perché non ho mai avuto il piacere di fare la sua conoscenza; secondo, perché non saprei dirle in che modo e quando potrei ridarglieli; e terzo, perché lei non ha la possibilità di richiederne la restituzione prima del dovuto. Non possiedo un indirizzo. Quasi tutti i giorni vivo sotto questo o quel ponte. Ma anche se non possiedo un indirizzo sono un uomo di parola, come le ho già detto»[4]. Questo significa che, sia pure senza fissa dimora, Andreas rimane una persona cui bisogna riconoscere una certa dignità.
Come Franz Tunda, Nicholas Tarabas, Kargan e altri protagonisti dei romanzi di Roth, anche Andreas Kartak si muove in quella zona grigia, tra benessere e aberrazione, partecipando, senza crederci, ai riti di una borghesia che lo attrae e lo disgusta. Ospite su questa terra. Roth ed Andreas si somigliano.
Entrambi provenienti da un Impero, quello asburgico, oramai disfatto e conquistato dai nazisti. Dissipati e consumati dall'abuso di alcol eppure magicamente attaccati alla vita e ai suoi inspiegabili eventi. Pieni di speranza e sicuri del proprio valore, nonostante l'indifferenza di chi li guarda, li giudica e li giudica male. Come dice lo stesso Roth: "Ecco quel che sono veramente: cattivo, sbronzo, ma in gamba".
Cosa dice questo racconto a noi LAM? … “I poveri sono i beni più cari di Gesù” (Madre. Speranza)
Dal dire al fare: Se conosci un povero fatti raccontare la sua storia e raccontacela al prossimo numero.