DA UNA VITA "NORMALE" A CLOCHARD DENTRO I TRENI
Rimini, 15 dicembre 2013
Prima di tutto bisogna trovare un vagone aperto. Cosa non facile, perché i treni che sostano sui binari per la notte di solito vengono chiusi dall’-interno. E poi c’è la Polizia ferroviaria, che è sempre in agguato. Una volta entrati nello scompartimento, ci si sistema alle bene e meglio sui sedili, coprendosi con una coperta. A quel punto si possono finalmente chiude-re gli occhi. Solo qualche ora di sonno, però, perché alle cinque arrivano i macchinisti e bisogna sloggiare.
È questa la routine che ogni notte si ripete per le decine di senzatetto che trovano rifugio alla stazione di Rimini. Quando il freddo morde e trovare un giaciglio caldo è questione di vita o di morte, anche una carrozza ferma sui binari diventa un dormitorio. Tra coloro che pernottano tra i vagoni, ci sono molti sbandati e tossici. Ma anche persone diventate clochard perché senza alternativa.
Questi ultimi sono quasi tutti italiani e provengono da altre città: Verona, Milano, Bologna, Foggia. L’età varia dai 30 ai 50 anni, ma c’è anche un’anziana 70enne. Tutti hanno alle spalle una vita difficile e tutti si sono ritrovati in mezzo a una strada dopo aver perso il lavoro a causa della crisi economica. Di giorno si arrangiano come possono, tra lavoretti saltuari e gli aiuti degli istituti di carità. Ma non è facile. Soprattutto quando cala la sera e il gelo penetra nelle ossa. Allora ci si raduna fuori dal piazzale della stazione e si va insieme sui binari alla ricerca di uno scompartimento. Sperando che qualcuno, gli uomini della Polizia ferroviaria o peggio qualche malintenzionato, non venga a svegliarti nel cuore della notte.
"Veniamo qui tutte le notti perché altrimenti non sapremmo dove andare - racconta Paolo, uno degli habitué della stazione di Rimini -. Certo, ci sono i dormitori della Caritas oppure della Capanna di Betlemme, ma i senzatetto in città sono tanti e i posti spesso non bastano. Di dormire all’addiaccio non se ne parla, troppo freddo. Tra di noi c’è anche gente anziana. Così ci mettiamo a girare tra le carrozze finché non ne troviamo una. Ci stringiamo l’uno all’altro, imbacuccati sotto coperte e giubbotti, perché dentro agli scompartimenti ovviamente i riscaldamenti sono spenti e non si sta certo al caldo. Io prima ero titolare di un’azienda poi ho perso tutto e adesso tiro a campare come posso. Dormire in stazione non è una scelta, è che non ho altre possibilità. Vorrei che il Comune mi riconoscesse la residenza. Almeno potrei cercare lavoro o fare richiesta per gli alloggi popolari".
Gennaro, originario del Sud Italia, poco più che 30enne, è il più giovane del gruppo: "Prima che la fortuna mi voltasse le spalle facevo il cameriere in un ristorante. Adesso cerco di sopravvivere con meno di 200 euro al mese. La stazione è diventata un po’ la nostra casa, anche se ogni notte non sai mai come potrebbe finire.
È come giocare continuamente a guardie e ladri con la Polizia ferroviaria. Ci svegliano di soprassalto e ci costringono a scendere, poi ci appioppano una multa". Rodolfo, anche lui membro del gruppo, ne ha appena presa una. "Guardi qua - dice, mostrandoci il verbale - sedici euro di sanzione per essermi accampato su un treno. Non so da quanto tempo è che non dormo in un letto vero. Io sono stato anche in galera e ho avuto problemi di droga. Ora vorrei girare pagina e trovarmi un lavoro, ma di questi tempi è impossibile".