NOTA DOTTRINALE
circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento
dei cattolici nella vita politica
(continuazione)
II. Alcuni punti nodali nell’attuale dibattito culturale e politico
2. La società civile si trova oggi all’interno di un complesso processo culturale che mostra la fine di un’epoca e l’incertezza per la nuova che emerge all’orizzonte. Le grandi conquiste di cui si è spettatori provocano a verificare il positivo cammino che l’umanità ha compiuto nel progresso e nell’acquisizione di condizioni di vita più umane. La crescita di responsabilità nei confronti di Paesi ancora in via di sviluppo è certamente un segno di grande rilievo, che mostra la crescente sensibilità per il bene comune. Insieme a questo, comunque, non è possibile sottacere i gravi pericoli a cui alcune tendenze culturali vorrebbero orientare le legislazioni e, di conseguenza, i comportamenti delle future generazioni.
È oggi verificabile un certo relativismo culturale che offre evidenti segni di sé nella teorizzazione e difesa del pluralismo etico che sancisce la decadenza e la dissoluzione della ragione e dei principi della legge morale naturale. A seguito di questa tendenza non è inusuale, purtroppo, riscontrare in dichiarazioni pubbliche affermazioni in cui si sostiene che tale pluralismo etico è la condizione per la democrazia.[12]Avviene così che, da una parte, i cittadini rivendicano per le proprie scelte morali la più completa autonomia mentre, dall’altra, i legislatori ritengono di rispettare tale libertà di scelta formulando leggi che prescindono dai principi dell’etica naturale per rimettersi alla sola condiscendenza verso certi orientamenti culturali o morali transitori,[13]come se tutte le possibili concezioni della vita avessero uguale valore. Nel contempo, invocando ingannevolmente il valore della tolleranza, a una buona parte dei cittadini e tra questi ai cattolici si chiede di rinunciare a contribuire alla vita sociale e politica dei propri
Paesi secondo la concezione della persona e del bene comune che loro ritengono umanamente vera e giusta, da attuare mediante i mezzi leciti che l’ordinamento giuridico democratico mette ugualmente a disposizione di tutti i membri della comunità politica. La storia del XX secolo basta a dimostrare che la ragione sta dalla parte di quei cittadini che ritengono del tutto falsa la tesi relativista secondo la quale non esiste una norma morale, radicata nella natura stessa dell’essere umano, al cui giudizio si deve sottoporre ogni concezione dell’uomo, del bene comune e dello Stato.
3. Questa concezione relativista del pluralismo nulla ha a che vedere con la legittima libertà dei cittadini cattolici di scegliere, tra le opinioni politiche compatibili con la fede e la legge morale naturale, quella che secondo il proprio criterio meglio si adegua alle esigenze del bene comune. La libertà politica non è né può essere fondata sull’idea relativista che tutte le concezioni sul bene dell’uomo hanno la stessa verità e lo stesso valore, ma sul fatto che le attività politiche mirano volta per volta alla realizzazione estremamente concreta del vero bene umano e sociale in un contesto storico, geografico, economico, tecnologico e culturale ben determinato. Dalla concretezza della realizzazione e dalla diversità delle circostanze scaturisce generalmente la pluralità di orientamenti e di soluzioni che debbono però essere moralmente accettabili. Non è compito della Chiesa formulare soluzioni concrete e meno ancora soluzioni uniche per questioni temporali che Dio ha lasciato al libero e responsabile giudizio di ciascuno, anche se è suo diritto e dovere pronunciare giudizi morali su realtà temporali quando ciò sia richiesto dalla fede o dalla legge morale.[14] Se il cristiano è tenuto ad «ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali»,[15]egli è ugualmente chiamato a dissentire da una concezione del pluralismo in chiave di relativismo morale, nociva per la stessa vita democratica, la quale ha bisogno di fondamenti veri e solidi, vale a dire, di principi etici che per la loro natura e per il loro ruolo di fondamento della vita sociale non sono negoziabili.
Sul piano della militanza politica concreta, occorre notare che il carattere contingente di alcune scelte in materia sociale, il fatto che spesso siano moralmente possibili diverse strategie per realizzare o garantire uno stesso valore sostanziale di fondo, la possibilità di interpretare in maniera diversa alcuni principi basilari della teoria politica, nonché la complessità tecnica di buona parte dei problemi politici, spiegano il fatto che generalmente vi possa essere una pluralità di partiti all’interno dei quali i cattolici possono scegliere di militare per esercitare particolarmente attraverso la rappresentanza parlamentare il loro diritto-dovere nella costruzione della vita civile del loro Paese.[16]Questa ovvia constatazione non può essere confusa però con un indistinto pluralismo nella scelta dei principi morali e dei valori sostanziali a cui si fa riferimento. La legittima pluralità di opzioni temporali mantiene integra la matrice da cui proviene l’impegno dei cattolici nella politica e questa si richiama direttamente alla dottrina morale e sociale cristiana. È su questo insegnamento che i laici cattolici sono tenuti a confrontarsi sempre per poter avere certezza che la propria partecipazione alla vita politica sia segnata da una coerente responsabilità per le realtà temporali.
(continua al numero successivo)
[12] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Centesimus annus, n. 46, AAS 83 (1991) 793-867; Lett. Enc. Veritatis splendor, n. 101, AAS 85 (1993) 1133-1228; Discorso al Parlamento Italiano in seduta pubblica comune, n. 5, in: L’Osservatore Romano, 15-XI-2002.
[13] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Evangelium vitae, n. 22, AAS 87 (1995) 401-522.
[14] Cfr. CONCILIO VATICANO II, Cost. Past. Gaudium et spes, n. 76.
[15] Ibid, n. 75.
[16] Cfr. ibid, nn. 43 e 75.