Torino, Nosiglia contro la "dittatura gender"
di Massimo Introvigne 4 aprile 2014 (fonte La Nuova Bussola quotidiano cattolico on line)
Torino, si sa, è una città laboratorio, o – come disse il beato Giovanni Paolo II (1920-2005) il 13 aprile 1980, in un memorabile discorso durante la sua visita al capoluogo piemontese – un «crogiuolo rovente», dove «lo strato profondo e splendido del cristianesimo» è attaccato dall’eredità ancora presente di un marxismo qui profondamente radicato e da «altre, ben note, correnti di una potente eloquenza ed efficacia negativa: […] tutta l’eredità razionalistica, illuministica, scientista del cosiddetto “liberalismo” laicista delle nazioni dell’occidente, che ha portato con sé la negazione radicale del cristianesimo».
Oggi questa «negazione radicale del cristianesimo» si manifesta soprattutto nell’ideologia del gender, e anche qui Torino è a suo modo all’avanguardia. Non contento di diffondere i materiali nazionali dell’UNAR, il Servizio LGBT del Comune di Torino fa circolare nei licei le sue schede sull’omofobia, pesantemente anticattoliche, che la settimana scorsa il sindaco Piero Fassino aveva fatto rimuovere dal sito della Città dopo le critiche del comitato Sì alla Famiglia cui aveva fatto eco anche il nostro giornale, generando la rivolta del suo assessore alle Pari Opportunità, che le ha rimesse su Internet, sia pure attenuando i più violenti tra gli attacchi alla Chiesa. Sabato scorso, poi, una delle più grandi manifestazioni nazionali delle Sentinelle in piedi nella centrale Piazza Carignano aveva visto la partecipazione – accanto a politici di centro-destra – del presidente del Consiglio Comunale Giovanni Maria Ferraris, esponente del piccolo partito dei Moderati che in Comune fa maggioranza insieme al PD. «Processato» dai colleghi consiglieri di maggioranza, lunedì Ferraris ha dovuto fare una marcia indietro alla Barilla, dichiarando che si trovava in Piazza Carignano con le Sentinelle più o meno per caso.
In questo clima, il 3 aprile è sceso in campo l’Arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, con una Nota dove denuncia la «vera dittatura» del gender, citando anzitutto l’intervento del 24 marzo del cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, in apertura del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana. «La lettura ideologica del “genere” – scrive Nosiglia – è una vera dittatura che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l'identità di uomo e donna come pure astrazioni». L’Arcivescovo di Torino cita i manuali dell’UNAR e rivela che «il confronto all'interno del Consiglio Permanente [della Conferenza Episcopale] ha messo in risalto la preoccupazione dei vescovi per forzature che rischiano di colpire pesantemente la famiglia, di associare in maniera indebita religione e omofobia, di presentare come pacifico l'assunto circa l'indifferenza della diversità sessuale dei genitori per la crescita del figlio e di spingere verso il matrimonio tra soggetti dello stesso sesso».
Così delineato il quadro nazionale, Nosiglia passa alla questione delle schede del Servizio LGBT del Comune di Torino, che attaccano la Chiesa, la Bibbia e le associazioni cattoliche che sono scese in campo contro l’ideologia di genere.
«Stiamo assistendo – afferma la Nota – a una discriminazione “al contrario”. Il modo in cui le citazioni della Bibbia sono presentate, orienta infatti a giudicare negativamente – e dunque a condannare – proprio chi segue tali insegnamenti, che vengono sottoposti a un’interpretazione strumentale e ideologicamente unilaterale, distorti nello spirito come nella sostanza».
È vero che, dopo le proteste, nelle schede le affermazioni apodittiche contro la Chiesa e la Sacra Scrittura sono state sostituite da domande. Ma le domande sono capziose, contengono già una risposta esplicita ostile alla Chiesa e ispirata all’ideologia di genere, e le modifiche non sono sufficienti. «La strumentale e ideologica interpretazione – afferma l’Arcivescovo – che le domande di alcune schede, preparate dall’assessorato alle Pari opportunità del Comune di Torino e proposte come serie e motivate in una scuola che della cultura deve fare il suo primo obiettivo di qualità e scientificità, sono segno d’ignoranza e risultano improponibili non solo nella prospettiva dei credenti ma ancor più in quella della laicità che è tenuta a rispettare la libertà religiosa dei cittadini».
L’attacco alla libertà religiosa, spiega la Nota, è particolarmente grave quando in nome dell’ideologia di genere si offende e si deride la Bibbia. «Va ricordato che la Bibbia rappresenta per tutte le Chiese e confessioni cristiane un testo sacro che contiene la rivelazione di Dio stesso per il bene dell’umanità. Il rispetto dovuto a questi credenti che rappresentano una parte rilevante dei cittadini di Torino esige che nell’affrontare i testi sacri sia dell’Antico come del Nuovo Testamento si presti molta attenzione alla loro corretta interpretazione come migliaia e migliaia di studiosi di tutti i tempi ci hanno offerto nelle loro opere».
L’Arcivescovo sa che in Comune i fautori dell’ideologia di genere hanno la maggioranza. Se qualcuno all’interno del centro-sinistra si oppone, scatta – il caso Ferraris lo dimostra – l’ormai inflessibile metodo Barilla. Spetta allora agli insegnanti di religione e ai genitori reagire, scuola per scuola. «Di fronte a tale strumentalizzazione del testo sacro, qualora le schede relative all’omofobia che parlano della omosessualità nella Bibbia vengano offerte agli studenti insieme alle altre, è necessario – afferma l’Arcivescovo – che gli insegnanti di religione si facciano carico di spiegare in modo approfondito agli alunni il significato dei brani biblici indicati, sottolineando la superficialità delle domande che le schede propongono». «Infine – conclude la Nota – si richiamano le famiglie con figli nelle scuole di ogni ordine e grado a vigilare perché sul tema della sessualità a scuola si proceda sempre e soltanto con il permesso esplicito delle famiglie stesse, dopo che esse siano state compiutamente informate delle modalità didattiche e dei contenuti che verrebbero proposti».
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Di cosa hanno bisogno i bambini degli asili nido e delle scuole dell’infanzia? Ma è chiaro: di essere educati alla «pluralità dei modelli familiari e dei ruoli sessuali», con percorsi che passino «per la decostruzione degli stereotipi ». E ciò perché «la disparità di genere e la persistenza di ruoli tradizio-nali sono ancora ben presenti nel sistema educativo italiano». Possibile? Sì, dice il Campidoglio, è sui bambini da 0 a 6 anni che bisogna lavorare per combattere «il femminicidio, l’omofobia e il bullismo».
È tutto nero su bianco, nella circolare datata 13 novembre 2013 - del dipartimento Servizi educativi e scolastici del Comune che ha avviato il 20 febbraio il «Piano di aggiornamento per l’anno scolastico 2013-2014 per le educatrici dei Nidi e le insegnanti delle Scuole dell’infanzia di Roma Capitale». Firmato: la dirigente Patrizia Piomboni. Un progetto strutturato in «22 ore di aggiornamento di base», che ha per tema «l’identità e la differenza di genere» per i circa 7mila insegnanti e addetti di nidi e asili romani. E sta già sollevando proteste tra i genitori che si sentono scippati del diritto-dovere all’educazione.
In consiglio comunale è già stata depositata una proposta di delibera del consigliere Gianluigi De Palo, per ribadire l’ineludibilità della collaborazione tra scuola e famiglie sui temi dell’educazione sessuale: la proposta chiede «pieno e formale consenso» preventivo dei genitori su queste tematiche e «programmi didattici alternativi ove necessario». In attesa che entri nel calendario delle votazioni dell’Aula capitolina, nel II Municipio l’ha presentata il consigliere Giuseppe Scicchitano di Cittadini x Roma: «Le insegnanti dell’asilo di Villa Chigi hanno cominciato questa formazione – dice – e molte famiglie si sono allarmate ». La delibera, uguale a quella che attende il voto in Campidoglio, ha avuto il sì all’unanimità, il 20 febbraio, del parlamentino municipale, guidato dal minisindaco di centrosinistra Giuseppe Gerace.
L’aggiornamento degli educatori e degli insegnanti comunali, intanto, è partito. Nel progetto la lotta all’omofobia, si legge, non è l’unico obiettivo: si punta addirittura a contribuire all’uscita del Paese dalla crisi. Proprio così: perché la suddetta «persistenza di ruoli tradizionali» condizionerebbe addirittura «la scelta dei corsi di studio e delle professioni, in modo tale da incidere negativamente sulla crescita economica e sullo stato sociale». Basta con queste facoltà sessiste, insomma, che escludono le matricole di sesso femminile e deprimono l’economia.
Tra le diverse finalità del progetto c’è come già detto - quello di «sostenere la parità donna/uomo, la pluralità dei modelli familiari e dei ruoli sessuali»; «favorire le insegnanti/educatrici nella lettura dei processi di identificazione degli stereotipi e dei pregiudizi di genere», che dilagano, evidentemente, nei nidi e negli asili; «sollecitare riflessioni sul peso dei modelli culturali, familiari e sociali»; «sostenere» il personale «nella messa a punto di pratiche educative che favoriscano una serena scoperta delle identità in bambine e bambini attraverso lo scambio, la conoscenza reciproca e – si aggiunge – la sperimentazione delle differenze ». Insomma: con questo progetto di aggiornamento «si vuole favorire la formazione di personalità libere e per la decostruzione degli stereotipi».
Un altro mattone, insomma, nel monumento all’ideologia del gender che il Campidoglio sta tenacemente costruendo. Un mese fa la presentazione del progetto Lecosecambiano@Roma, promosso dall’assessorato Scuola, su richiesta degli istituti, contro il bullismo omofobico. Tra gli obiettivi: «Contribuire alla lotta contro “l’omofobia interiorizzata e sociale”, promuovendo un nuovo approccio alla molteplicità degli orientamenti sessuali e delle identità di genere », anche favorendo «una visione positiva attraverso concrete testimonianze» nelle scuole di testimonial filo-gay del mondo dello spettacolo e della cultura e rappresentanti di associazioni Lgbt.
Due settimane fa, poi, il bando per la selezione interna al personale comunale, per individuare esperti in «politiche di genere e Lgbt» per potenziare il dipartimento Servizi educativi e scolastici. Lo stesso che ora lancia la formazione degli educatori, nel comparto scolastico della prima infanzia su cui il Comune ha carta bianca.