IL DDL SCALFAROTTO, SIMILARI PROPOSTE E SCONCERTANTE CONFUSIONE DEI POLITICI E DEL MONDO CATTOLICO IN GENERE….
…e LA LEGISLAZIONE “ANTI-OMOFOBIA” SECONDO IL MAGISTERO
Il passaggio strategico successivo è il seguente: si è instillato a sufficienza nell’immaginario pubblico che l’omosessualità sia innocua o buona (anche mediante film, programmi televisivi, opinioni, stili di vita dei personaggi pubblici, etc.): mediante ben orchestrate campagne mediatiche si è altresì indotta l’opinione pubblica (o buona parte di essa) a ritenere l’omosessualità cosa neutra o buona . Si è diffusa ad arte l’idea che ingiuste discriminazioni verso gli omosessuali dilaghino (anche qui c’è stata e continua ad esserci una campagna di mistificazione). Or bene si passa al punto successivo, specie se vi è ancora un “nocciolo duro” di resistenza culturale: necessita una legislazio-ne punitiva ad hoc. Una legislazione penale, quella che tutela i principi fondamentali e con il massimo rigore. In ogni caso la citata “Lettera ai Vescovi” del 1986 al riguardo ci distoglie dalle insidie che sono sotto gli occhi di tutti: “La doverosa reazione alle ingiustizie commesse contro le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’affermazione che la condizione omoses-suale non sia disordinata. (n. 10)”. La Congregazione apriva gli occhi ai “ben pensanti”, paventando che la diffusione nel sociale di una visione dell’omosessualità come cosa innocua o addirittura buona, è la premessa per successive dannosissime rivoluzioni culturali e legislative.
Con la proposta di legge Scalfarotto si vuole apportare una riforma alla “Legge Mancino”, la quale punisce penalmente gli autori di discriminazioni attuate per motivi religiosi, di razza o di origine etnica, aggiungendo mediante tale modifica legislativa - a tali espressioni - le parole “omofobia” e “transfobia”. Anche la “Lettera ai Vescovi” vedeva in ciò una assurda forzatura: “La “tendenza sessuale” non costituisce una qualità paragonabile alla razza, all’origine etnica, ecc.. rispetto alla non discriminazione. Diversamente da queste, la tendenza omosessuale è un disordine oggettivo “ (Lettera, n. 3).
Inizialmente il disegno di legge era più articolato, contenendo anche la definizioni tratte dalla “dottrina gender”. Poi lo scorso 22 luglio il percorso di approvazione ha avuto un improvviso cambiamento di rotta. A seguito di un emendamento dei relatori, infatti, l’impianto normativo si è ridotto ad un solo articolo con cui viene modificato l’art.3 della Legge 13 ottobre 1975 n.654 e l’art.1 del decreto legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito con modificazioni della legge 25 giugno 1993, n. 205. La modifica consiste essenzialmente nell’aggiungere l’«omofobia» e la «transfobia» alle altre categorie già protette da forme di discriminazione e violenza quali la razza, l’origine etnica, la nazionalità e la religione, senza peraltro indicare alcuna definizione di tali concetti, tanto che vi è un evidente carenza di “determinatezza”, caratteristica necessaria affinché una nome penale incriminatrice venga ritenuta legittima sul piano costituzionale. Secondo la nuova formulazione del disegno di legge (che si continuerà a discutere in Parlamento tra pochi giorni) l’articolo 3, della legge 13 ottobre 1975, n. 654, dovrebbe leggersi nel seguente modo:
«Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell'attuazione della disposizione dell'articolo 4 della convenzione, è punito
a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, o fondati sull’omofobia o transfobia.
È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, o fondati sull’omofobia o transfobia».
L’art.1 del decreto legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito con modificazioni della legge 25 giugno 1993, n. 205, invece, dovrebbe leggersi così:
«Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell’attuazione della disposizione dell’articolo 4 della convenzione, è punito:
a) con la reclusione sino a tre anni chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, o fondati sull’omofobia o transfobia,
b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, ovvero fondati sull’omofobia o transfobia».
Alcuni cattolici, specie tra i parlamentari, si illudono di aver indotto i relatori del progetto di legge ad una modifica utile, che rende la proposta meno dannosa (sempre nel solco del “male minore” o del “compromesso”, i cui risultati sociali, culturali e istituzionali, legislativi e giurisprudenziali sono sotto gli occhi di tutti). Essi sembrano non conoscere minimamente (o fingono?) dunque quanto profeticamente la Congregazione per la Dottrina della Fede ha già chiarito diversi anni fa. Anche l’entrata in vigore di tale proposta, così com’è attualmente in discussione, e comunque di qualsivoglia disposizione che stabilisca l’omosessualità come oggetto di “non discriminazione”, sarebbe dannosissimo per la società.
Il disegno di legge assume come criterio di base quello della "omofobia" elaborato in sede comunitaria che, al di là della incongruenza lessicale, e stato introdotto mediaticamente nel linguaggio comune coll'ormai notorio significato di "avversione per le condotte omosessuali e transessuali".
Il diritto penale tutela beni oggettivamente fondamentali per la collettività: la vita, l'onore, la proprietà, la fede pubblica, il prestigio per le istituzioni, ecc. Beni che non soddisfano un interesse generale riconosciuto dall'ordinamento sono giuridicamente indifferenti.
Le tre forme di reato ideate dal disegno di leggi, invece, sono accomunate dal porre omosessualità e transessualità quali valori collettivi da tutelare in sè. Infatti introducono una tutela speciale per i soggetti che ne sono portatori, oltre quella che il sistema penale assicura a qualunque comune cittadino.
Proposta assurda, oltre che giuridicamente infondata, perché analoga protezione potrebbe essere invocata da una serie infinita di soggetti in ragione di proprie condizioni personali, quali quelli di essere cultori di caccia e pesca, di essere obesi, etc.. Sulla medesima linea si pone del resto la possibile pena accessoria, che ben rientra nei programmi di rieducazione noti anche essi ai regimi comunisti del passato e del presente. In ordine alla evidente illegittimità costituzionale del disegno di legge si sono espressi anche politologi o giuristi seri non cattolici (nonostante il clima di terrorismo psicologico volutamente diffuso). E’ bene sapere che ribadire la Verità rivelata sul tema in questione, costituirà reato (se venisse approvato il DDL Scalfarotto), anche con gravi conseguenze sanzionatorie (oltre alla condanna alla reclusione, sono da considerare le sanzioni accessorie). Tutti i cittadini subiranno una gravissima lesione alla libertà religiosa, di pensiero e anche di ricerca scientifica. In particolare le categorie più esposte alla persecuzione saranno sacerdoti, insegnanti, psicologi e psichiatri, cui si possono aggiungere agevolmente, giornalisti e proprietari e direttori di riviste culturali, organi di informazione, gestori di siti on line.
Sempre la Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede smascherava impietosamente e lucidamente (già più di vent’anni fa) certi escamotages, nel Documento intitolato “Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali” del 1992. Difatti Essa spiega incontrovertibilmente ciò che i parlamentari (specie quelli cattolici) non hanno capito: “Includere la tendenza omosessuale tra le considerazioni sulla base delle quali è illegale discriminare può facilmente portare a ritenere l’omosessualità quale fonte positiva di diritti umani (….) il passaggio dal riconoscimento dell’omosessualità come fattore in base al quale è illegale discriminare può facilmente portare, se non automaticamente, alla protezione legislativa e alla promozione dell’omosessualità.
L’omosessualità di una persona sarebbe invocata in opposizione a un’asserita discriminazione e così l’esercizio dei diritti sarebbe difeso precisamente attraverso l’affermazione della condizione omosessuale invece che nei termini di una violazione di diritti umani fondamentali”.
Siamo di fronte a un autentico “cavallo di Troia” che si vuol predisporre non solo per stravolgere culturalmente un’intera civiltà, ma anche per consentire tra breve una assai più facile “legalizzazione” dei matrimoni e delle adozioni da parte di coppie gay, anche perché chi si opporrà alla estensione delle norme del codice civile alle coppie gay in tema di matrimonio e poi all’estensione alle coppie omosessuali del diritto all’adozione, verrà perseguito penalmente e vi sarà la possibilità di disporre sequestri di materiali di organi di informazione, di oscurare siti, etc.: del resto, che questo sia il lasciapassare per l’estensione ai gay delle prerogative della famiglia naturale, lo dichiara apertamente l’On. Scalfarotto, in un’intervista comparsa su l’Espresso del 26 agosto 2013 (www.espresso.repubblica.it/dettaglio/caro-cerno-io-non–faccio-spot/2213708). In poche parole la cristianità non può accontentarsi di qualche “emendamento” ma deve fare di tutto perché non sia emanata alcuna “legge anti-omofobia”, essendo esse delle vere e proprie trappole culturali, con effetti devastanti.