La facoltà di Teologia nel contesto delle altre facoltà universitarie
Da “Alzatevi, Andiamo!” di Giovanni Paolo II Ed. Mondatori
Rubrica a cura di Dada
Come vescovo di Cracovia mi sentii obbligato a prendere le difese della facoltà di Teologia istituita presso l'Università Jagellonica. Ritenevo che fosse mio dovere. Le autorità comuniste sostenevano che tale facoltà era stata trasferita a Varsavia. Il pretesto a cui si appigliavano era che nel 1953 era stata istituita nella capitale l'Accademia di teologia cattolica, posta sotto amministrazione statale. Quella battaglia fu vinta grazie al fatto che, più tardi, nacque a Cracovia l'autonoma Pontificia facoltà di Teologia e poi la Pontificia accademia di teologia.
A sostenermi nella lotta era la convinzione che la scienza, nelle sue multiformi manifestazioni, è un patrimonio inestimabile per una nazione. Ovviamente, nei colloqui con le autorità comuniste l'oggetto della mia difesa era prima di tutto la teologia, perché era in grave pericolo. Mai, però, dimenticai gli altri rami del sapere, anche quelli apparentemente più lontani dalla teologia.
Con le altre discipline scientifiche avevo contatti soprattutto attraverso i fisici. Nei nostri numerosi incontri parlavamo, ad esempio, delle più recenti scoperte della cosmologia. Era un impegno affascinante che confermava l'affermazione di san Paolo secondo cui una certa conoscenza di Dio può essere raggiunta anche attraverso la conoscenza del mondo creato (cfr Rm. 1,20-23). Quegli incontri di Cracovia hanno ogni tanto la loro continuazione a Roma e a Castel Gandolfo grazie all'impegno organizzativo del professor Jerzy Janik.
È sempre stata mia preoccupazione provvedere una conveniente pastorale degli uomini di scienza. Il loro cappellano a Cracovia fu per un certo periodo il professor don Stanislaw Nagy, che recentemente ho elevato alla dignità di cardinale, volendo con ciò esprimere anche un riconoscimento alla scienza polacca.
II vescovo e il mondo della cultura
È noto che non tutti i vescovi mostrano un particolare interesse al dialogo con gli studiosi. Non pochi di loro antepongono i compiti pastorali, nel senso più ampio della parola, al rapporto con gli uomini di scienza. A mio giudizio, tuttavia, vale la pena che membri del clero, sacerdoti e vescovi, entrino personalmente in contatto con il mondo della scienza e con i suoi protagonisti. In particolare, il vescovo dovrebbe non solo avere cura dei suoi atenei cattolici, ma anche mantenere uno stretto legame con tutta la vita universitaria: leggere, incontrarsi, discutere, informarsi su quanto avviene in quell'ambito. Ovviamente egli non è chiamato a essere scienziato, ma pastore. Come pastore, però, non può disinteressarsi di questa componente del suo gregge, giacché a lui spetta il compito di ricordare agli studiosi il dovere di servire la verità e di promuovere, così, il bene comune.
A Cracovia cercai di mantenere i rapporti anche con i filosofi: Roman Ingarden, Wladyslaw Strózewski, Andrzej Póltawski; e con i sacerdoti-filosofi: Kazimierz Klósak, Józef Tischner e Józef Zycinski. La mia personale impostazione filosofica si muove, per così dire, tra due poli: il tomismo aristotelico e la fenomenologia. Mi interessava in modo particolare il pensiero di Edith Stein, una figura straordinaria anche per il suo itinerario esistenziale: ebrea nata a Wroclaw, incontrò Cristo, si fece battezzare, entrò nel convento delle Carmelitane, soggiornò per un certo periodo in Olanda, da dove i nazisti la deportarono ad Auschwitz. Morì in una camera a gas e il suo corpo fu bruciato in un crematorio. Aveva studiato con Husserl ed era stata collega del filosofo polacco Ingarden. Ho avuto la gioia di beatificarla a Colonia e poi di canonizzarla a Roma. Ho proclamato Edith Stein, suor Teresa Benedetta della Croce, compatrona d'Europa, insieme con santa Brigida di Svezia e santa Caterina da Siena. Tre donne accanto a tre patroni: Cirillo, Metodio e Benedetto.
Mi interessava la sua filosofia, leggevo i suoi scritti, tra cui in particolare Endliches und Ewiges Sein (Essere finito ed eterno), ma soprattutto mi affascinava la sua vita straordinaria e la sua tragica sorte, intrecciata con quella di milioni di altre inermi vittime della nostra epoca. Una discepola di Edmund Husserl, una ricercatrice appassionata della verità, una monaca claustrale, una vittima del sistema hitleriano: davvero un «caso umano» più unico che raro. |