SANTA MARIA GORETTI
Camminare sulle orme del Divino Maestro comporta sempre una decisa presa di posizione per Lui. Occorre impegnarsi a seguirlo dovunque Egli vada (cfr Ap 14,4). In questo cammino, tuttavia, i giovani sanno di non essere soli. Santa Maria Goretti e i tanti adolescenti, che nel corso dei secoli hanno pagato con il martirio l’adesione al Vangelo, sono accanto ad essi per infondere nei loro animi la forza di restare saldi nella fedeltà. E’ così che potranno essere le sentinelle di un radioso mattino, illuminato dalla speranza. La Vergine Santissima, Regina dei martiri, interceda per loro!”
(Dal messaggio di Giovanni Paolo II al Vescovo di Albano, in occasione del centenario della morte di Santa Maria Goretti)
Tutti conosciamo, magari sommariamente, la storia tragica di Santa Maria Goretti e del suo martirio. Desidero in questa rubrica, richiamare alcune date importanti della sua vita e terminare con il testamento spirituale del suo uccisore: Alessandro Serenelli.
Maria Teresa Goretti nasce il 16 ottobre 1890 a Corinaldo (Ancona) da Luigi e Assunta Carlini; una famiglia di agricoltori mezzadri. Viene battezzata, nel suo paese, il giorno successivo alla sua nascita, presso la Chiesa di S. Francesco. I Goretti conducono una vita grama, fatta di grandi sacrifici e di lavoro sfiancante nei campi. Nell’intento di guadagnare qualche soldo in più, si trasferiscono parecchie volte, presso vari padroni, finché giungono a Nettuno, zona allora paludosa, dove il padre morirà nei campi, stroncato dalla malaria. Marietta aiuta la famiglia con grande senso di responsabilità, umiltà e mitezza, nei lavori di casa, badando anche ai fratellini e a due uomini, padre e figlio, associati – mezzadri ai Goretti: i Serenelli. Maria sente forte la familiarità con Alessandro Serenelli e suo padre, tanto da considerarli quasi parenti. Alessandro, un ragazzo solitario, taciturno e con dei tratti schizoidi, cresce privato degli affetti familiari, con un padre praticamente latitante di fronte alla sua responsabilità di educatore, e con la mamma ricoverata in un Istituto Psichiatrico, cresce senza riferimenti sicuri e con carenze affettive, che lo segnano profondamente.
Quando Maria ha 12 anni, lui comincia a guardarla con altri occhi e tenta di usarle violenza per ben due volte, ricorrendo a imbrogli ed espedienti per irretirla. Lei rifiuta sempre con fermezza, appellandosi a Dio. Alessandro si ripromette di fare un terzo tentativo di approccio sessuale e, se fosse fallito, di ucciderla. Porta infatti con sé un punteruolo lungo 12 cm!
Con una scusa tiene Maria in casa, chiedendole di aggiustargli una camicia. Al terzo tentativo di violenza, e al netto rifiuto della ragazzina, il Serenelli impugna il punteruolo e infierisce sul corpo della poveretta, la quale, con voce flebile, cerca aiuto.
La mamma di Maria, intanto, non vedendo Alessandro tornare al lavoro nei campi, manda suo figlio Mariano, ancora piccolo, a vedere che cosa fosse successo. Ma intanto parecchie persone si sono recate verso la stanza di Maria, attratte dalle sue grida. Arriva l’autoambulanza. Nell’estremo tentativo di salvarla, i medici cercano di operarla, ma senza anestesia, perché molto dissanguata. L’intervento dura due ore, durante le quali Maria non emette neppure un lamento.
Quando il cappellano le ricorda che Gesù aveva perdonato i suoi uccisori, Maria, senza esitazione, dice: “Anch’io perdono Alessandro, e gli auguro che un giorno possa raggiungermi in Paradiso!!
Maria spira il 6 luglio 1902, festa del Preziosissimo Sangue.
Alessandro fu arrestato, processato e condannato a 30 anni di reclusione ( e non all’ergastolo perché minorenne – n.d.r.)
“…molti incominciavano a vedere in questo gesto (il perdono di Maria accordato ad Alessandro. n.d.r.) un atto eroico, guidato dalla fede. Dopo 33 anni di attesa, di reperimento di testimonianze, comprese quelle della mamma di Marietta e del suo assassino, il 31 maggio 1935 iniziò il processo informativo della Diocesi di Albano, che si concluse con la canonizzazione di Santa Maria Goretti il Piazza S. Pietro il 24 giugno 1950, alla quale parteciparono la madre e i fratelli di Maria, nonché Alessandro Serenelli, ormai pentito e incamminato su altre vie… Una ragazzina di 12 anni, che ha saputo testimoniare la fede fino al martirio, pur di mantenersi pura e casta davanti a Dio ed alla propria coscienza, è un costante richiamo a giovani e adulti a seguire con coraggio la via del Vangelo e dell’abbandono fiducioso in Dio” Padre Antonio Rungi
L’11 dicembre 1949 Pio XII riconobbe come miracolose due guarigioni, attribuite all’intercessione di Maria Goretti: quella di Anna Grossi Musumarra da pleurite e quella di Giuseppe Cupo, da un grave ematoma.
TESTAMENTO DI ALESSANDRO SERENELLI
Nota: Il Testamento fu ritrovato fra gli effetti personali da Padre Urbano, cappuccino. Lo scritto era datato 5 maggio 1961. Il Serenelli morì il 6 maggio 1970, all’età di 88 anni.
“Sono vecchio di quasi 80 anni, prossimo a chiudere la mia giornata. Dando uno sguardo al passato, riconosco che nella mia giovinezza infilai una falsa strada, la via del male che mi condusse alla rovina. Vedendo attraverso la stampa, gli spettacoli ed i cattivi esempi, che la maggior parte dei giovani segue quella via, senza darsi pensiero ed io pure non mi preoccupai.
Persone credenti e praticanti le avevo vicino a me, ma non ci badavo, accecato da una forza bruta che mi sospingeva verso una cattiva strada. A 20 anni consumai il delitto passionale, del quale oggi inorridisco al solo ricordo. Maria Goretti, ora santa, fu l’angelo buono che la Provvidenza aveva messo dinanzi ai miei passi per salvarmi. Ho impresse ancora nel cuore le sue parole di rimprovero e di perdono. Pregò per me e intercedette per il suo uccisore.
Seguirono 30 anni di prigione, se non fossi stato minorenne sarei stato condannato a vita. Accettati la sentenza meritata, rassegnato espiai la colpa.
La piccola Maria fu veramente la mia luce, la mia protettrice: con il suo aiuto mi portai bene nei 27 anni di carcere e cercai di vivere onestamente, quando la società mi accettò tra i suoi membri.
I figli di S. Francesco, minori Cappuccini delle Marche, con carità serafica mi hanno accolto tra di loro non come servo ma come fratello e con loro convivo da 24 anni. Ora aspetto sereno il momento di essere ammesso alla visione di Dio, di riabbracciare i miei cari, di essere vicino al mio angelo protettore e alla sua cara mamma Assunta.
Coloro che leggeranno questa mia lettera vogliano trarre il felice insegnamento di fuggire il male, seguire il bene sempre. Fin da fanciulli pensino che la religione con i suoi precetti non è una cosa di cui si può fare a meno ma è il vero conforto, l’unica via sicura in tutte le circostanze anche le più dolorose della vita. Pace e bene”.