Pornografia infantile
Durante la quarta Giornata Mondiale contro la pedofilia e la pedopornografia del 5 maggio scorso il Ministro della Giustizia Paola Severino ha detto che tra i ministri europei della Giustizia il tema della regolamentazione della circolazione di immagini via internet è oggetto di grande attenzione. Oggi la pornografia infantile si diffonde sempre più attraverso le nuove tecnologie e il Guardasigilli ha insistito sulla necessità di un controllo e di una normativa uniforme che accompagni la disciplina di tutti i Paesi. Altrimenti, ha avvertito, «la battaglia sarà persa». Si tratta dunque di una battaglia.
Anche il governo inglese ha aggiunto un tassello all’impegno contro la proliferazione di materiale pornografico in rete. L’iniziativa era partita nei mesi scorsi ma ha incontrato l’opposizione dei principali “service provider” britannici. A seguito di un’interrogazione parlamentare sui danni che materiale troppo esplicito o violento può provocare ai piccoli utenti del web, il primo ministro David Cameron avrebbe ora deciso di scendere direttamente in campo. Nelle prossime settimane valuterà con i rappresentanti di British Telecom, Google, Sky, TalkTalk e Virgin Media l’opzione di bloccare a monte, per tutti gli abbonati, l’accesso a piattaforme che distribuiscono immagini e video pornografici. Agli utenti verrebbe fornito un meccanismo di «opt-in» a posteriori, cioè la possibilità di annullare il blocco, contattando il proprio provider, e navigare così liberamente nella pornografia del web. Ovviamente l’Associazione degli Internet Provider ha già bocciato l’idea perché sostengono che il blocco sarebbe facilmente aggirabile. Ma a preoccupare di più la cosiddetta “industria” da 3 miliardi di sterline l'anno, che concentra sulla pornografia un quarto di tutte le ricerche online, è capire quali sono i siti “sgraditi”.
Non si tratta di censura ma di una questione assai grave. Una indagine rivela che un bambino di dieci anni ogni tre si è imbattuto, navigando, in immagini di nudo, pornografia, violenza. E che il 60% dei ragazzi tra gli 11 e i 16 anni (il 40% quelli tra i 7 e i 10) hanno accesso libero a Internet dal computer installato nella loro stanza.
In Italia allarmano i dati segnalati dall'associazione Meter e dall'Osservatorio mondiale contro la pedofilia nel mondo, resi noti dal presidente don Fortunato Di Noto. Negli ultimi quattro mesi sono stati denunciati 386 gruppi di social network, 2.695 siti totali segnalati, 16 casi seguiti, 348 contatti al numero verde nazionale. Dei 2.695 siti totali segnalati 1.807 sono domini generici, 500 gli specifici e 386 i gruppi su social network. I domini sono allocati al primo posto in Asia (314), Europa (125), America (56) e Africa (2) e Oceania (1).
Impressionanti anche i dati diffusi dal presidente di Telefono azzurro Ernesto Caffo. Secondo l'associazione nel 2011 i siti pedopornografici sono stati in tutto il mondo 71.806; il 30% degli adolescenti ammette di essere stato molestato in una chat room, il 40% delle violenze avviene su bambini al di sotto dei 5 anni e il 5% dei pedofili su internet sono italiani.
Basterebbe approvare e ratificare al più presto la “Convenzione di Lanzarote”, da tempo ferma in Senato, per inserire il reato di pedopornografia nel nostro codice penale. Oggi la pornografia può entrare ovunque ci sia una connessione ad Internet, a basso costo e del tutto anonima. In più gran parte della pornografia in circolazione è particolarmente ossessiva, violenta e degradante.
La letteratura psicologica conosce bene i danni della pornografia. Essa può dare dipendenza e menomare la capacità di una persona di compiere scelte chiare e libere, può distorcere l’idea personale sul corpo, sui rapporti interpersonali e sulla sessualità, può portare le persone ad “oggettivizzare” gli altri, e vederli come giocattoli sessuali che esistono solo per la propria gratificazione. Un consumo regolare di materiale pornografico causa minore sensibilità nei confronti delle donne con conseguente maggiore aggressività, minore gentilezza e minor rispetto, minore desiderio di avere figli e mettere su famiglia, maggior rischio di comportamenti sessualmente aggressivi verso altri, maggior rischio di divorziare. (Jill C. Manning, “What's the Big Deal about Pornography?: A Guide for the Internet Generation", Shadow Mountain).
La pornografia non è per niente uno svago innocuo e gli adolescenti sono i più esposti.
Gabriele Soliani (sessuologo)
October Baby, il film contro l'aborto che sbanca i botteghini Usa
Il New York Times l'aveva etichettata come una pellicola di «rara bruttezza», ma la storia di Gianna Jessen arrivata sul grande schermo ha già incassato 3 milioni di dollari (il triplo di quanto è costata). Una storia positiva e solare che narra di una redenzione possibile, anche dentro il dramma di una vita rifiutata.
Uscito il 23 marzo in alcune sale cinematografiche americane era stato definito dal New York Times di una «bruttezza rara». Ma il successo inaspettato della pellicola, rifiutata da Hollywood e dalle grandi produzioni e che ha già incassato 3 milioni di dollari (il triplo di quanto è costato), ha aperto le porte di altre 500 sale che ne daranno visione il 13 aprile.
“October baby” è il titolo del film ispirato alla storia vera di Gianna Jessen, una donna scampata all'aborto tardivo che scopre di essere stata adottata. Ma, al contrario di come il quotidiano newyorkese lo aveva definito nella prima recensione («un film dal linguaggio della colpa e della paura»), la storia della ragazza dice altro. La protagonista, infatti, inizialmente arrabbiata con la vita, compirà un viaggio per conoscere il volto di sua madre. Scoprirà di essere un dono di Dio per i genitori adottivi che avevano perso due gemelli al sesto mese e di essere profondamente amata dal ragazzo che non la abbandonerà mai durante il difficile percorso. La protagonista arriverà a perdonare la madre, interpretata da una donna che, all'insaputa dei registi che l'hanno scelta, aveva fatto ricorso all'aborto nella vita reale. E che, intervistata dopo l'uscita del film, ha raccontato piangendo di voler parlare a tutti del «perdono di Dio che mi ha riabbracciato».
È così che il tema ha colpito il cuore di molti, con un “rating” di approvazione del 89 per cento nonostante le critiche negative. Per questo i registi, due fratelli dell'Alabama, Jon e Andrew Erwin, sinora sconosciuti al grande pubblico, si sono detti sorpresi. Anche se convinti sin dall'inizio che «il dibattito su questo tema è necessario a tutti». Tanto che, sebbene non fosse né nelle intenzioni né nelle aspettative dei produttori, il film sta influenzando anche la campagna presidenziale in corso. Costretta nuovamente a non prescindere dalle questioni etiche.