Il Sinodo sulla famiglia
Antonella Leotta
Il Sinodo sulla famiglia che si è svolto dal 5 al 19 ottobre scorso è stato preceduto e accompagnato da discussioni anche accese, alimentate da illazioni e dalla diffusione non controllata di notizie concernenti dichiarazioni e/o interventi dei padri sinodali. In questo contesto va collocato un articolo di mons. Antonio Livi (già docente di filosofia alla Pontificia Università Lateranense) pubblicato sul quotidiano on line La nuova bussola quotidiana (www.lanuovabq.it) e segnalatoci da Pierluigi che ringraziamo.
In questo suo contributo, (Divorziati, le ambigue soluzioni dei "pietisti") mons. Livi riflette sul rapporto tra dottrina e pastorale, prendendo spunto da alcune affermazioni di padri sinodali amplificate, a volte tendenziosamente, da diversi organi di stampa. Ho pensato di riassumere i punti più interessanti di questo testo.
Anzitutto Livi riferisce che molti "falsi profeti"e/o"cattivi maestri",commentando o a loro modo accompagnando i lavori del Sinodo (con l'intento non del tutto nascosto di influenzarli), parlano di una Chiesa che starebbe operando una "svolta storica" e starebbe per prendere - anzi già secondo loro avrebbe preso - decisioni rivoluzionarie che non tengono (più) conto della dottrina e della morale cristiana. In realtà, anche all'interno dell'assemblea sinodale, diversi cardinali hanno proposto che la Chiesa 'aggiorni' la sua pastorale per andare incontro ad un mondo profondamente cambiato. D'altra parte, numerosi padri sinodali, hanno chiaramente sottolineato che la Chiesa ha il dovere di difendere senza debolezze la santità del vincolo matrimoniale e non certo quello di adeguarsi al mondo. Livi è tuttavia convinto che, alla fine, non ci sarà alcuno stravolgimento, in quanto "la fede e la speranza teologali" ci assicurano che la Chiesa non sbaglia e che quindi "nessuna maggioranza riuscirà ad imporre al Papa l'autodistruzione della Chiesa".
Approfondendo la sua analisi, Livi fa notare che molti sostengono che occorre, come si diceva prima, cambiare la pastorale senza modificare la dottrina. Secondo Livi, questa affermazione è illogica: ogni comportamento è guidato da precisi criteri e i comportamenti e gli atteggiamenti della Chiesa nei confronti dei fedeli (cioè la sua pastorale) non possono non essere guidati che dal Vangelo, cioè dalla dottrina. Chi quindi vuole cambiare profondamente la pastorale, quasi sicuramente ha in mente la volontà di cambiare la dottrina. Non dimentichiamo, infatti, che alla Chiesa il Signore ha affidato il compito di evangelizzare il mondo con insegnamenti semplici, chiari, e basati sulla "conoscenza della volontà salvifica di Dio" e non "sulla conoscenza (sociologica) della volontà di quei fedeli e di quei Pastori che esprimono le loro personali opinioni umane, di minoranza o di maggioranza che siano."
Fin qui l'articolo di Livi che risale al 10 ottobre. Passiamo ora al
Discorso conclusivo di papa Francesco
Diciamo subito che il discorso pronunciato dal Papa il 18 ottobre a conclusione del Sinodo straordinario è stato di esemplare chiarezza ed ha rassicurato tutti: la Chiesa, guidata dal Pontefice saprà andare avanti nella giusta direzione, quella voluta da Gesù e ispirata dallo Spirito Santo "che lungo la storia ha sempre condotto la barca, attraverso i suoi Ministri, anche quando il mare era contrario e mosso e i ministri infedeli e peccatori".
Ripercorrendo il cammino del Sinodo che-ha ricordato il Papa - è un "cammino di uomini" e quindi ha avuto momenti di "consolazione" e momenti di "desolazione", il Pontefice ha voluto elencare le principali "tentazioni" cui il Sinodo ha dovuto far fronte.
1 - la "tentazione dell'irrigidimento ostile cioè il voler chiudersi dentro lo scritto ( la lettera) e non lasciarsi sorprendere da Dio": è l'atteggiamento di chivorrebbe "trasformare il pane in pietra e scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati (cf. Gv 8,7)" e di coloro che si considerano non "custodi ma proprietari e padroni" della fede;
2 - la tentazione opposta "del buonismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È la tentazione dei "buonisti", dei timorosi e anche dei cosiddetti " progressisti e liberalisti". È questa la tentazione di scendere dalla croce, per accontentare la gente, e non rimanerci, per compiere la volontà del Padre; di piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo Spirito di Dio".
Da entrambe le tentazioni bisognerà stare lontani nel cammino che prosegue verso il Sinodo ordinario del prossimo anno. E tuttavia "le tentazioni non ci devono né spaventare né sconcertare e nemmeno scoraggiare, perché nessun discepolo è più grande del suo maestro; quindi se Gesù è stato tentato - e addirittura chiamato Beelzebul (cf. Mt 12, 24) - i suoi discepoli non devono attendersi un trattamento migliore."
Continua il Papa: "Personalmente mi sarei molto preoccupato e rattristato se non ci fossero state queste tentazioni e queste animate discussioni. ..se tutti fossero stati d'accordo o taciturni in una falsa e quietista pace. Invece ho visto e ho ascoltato - con gioia e riconoscenza - discorsi e interventi pieni di fede, di zelo pastorale e dottrinale, di saggezza, di franchezza, di coraggio e di parresia (=sincerità). E ho sentito che è stato messo davanti ai propri occhi il bene della Chiesa, delle famiglie e la "suprema lex", la "salus animarum" (=la salute delle anime). E questo sempre...senza mettere mai in discussione le verità fondamentali del Sacramento del Matrimonio:'indissolubilità, l'unità, la fedeltà e la procreatività, ossia l'apertura alla vita (cf. Cann . 1055, 1056 e Gaudium et Spes, 48)".
Avviandosi alla conclusione del suo discorso, papa Francesco ha voluto ribadire quello che è il compito del Papa nella Chiesa: il Papa - dice- ha il compito di "garantire l'unità della Chiesa; è quello di ricordare ai fedeli il loro dovere a seguire fedelmente il Vangelo di Cristo; è quello di ricordare ai pastori che il loro primo dovere è nutrire il gregge – nutrire il gregge – che il Signore ha loro affidato e di cercare di accogliere - con paternità e misericordia e senza false paure - le pecorelle smarrite.
Il suo compito è di ricordare a tutti che l'autorità nella Chiesa è servizio (cf. Mc 9, 33-35)."
Papa Francesco, a questo punto, cita ampiamente Benedetto XVI: «La Chiesa è chiamata e si impegna ad esercitare questo tipo di autorità che è servizio, e la esercita non a titolo proprio, ma nel nome di Gesù Cristo ... ... è attraverso di noi [pastori] che il Signore raggiunge le anime, le istruisce, le custodisce, le guida. Sant'Agostino, nel suo Commento al Vangelo di San Giovanni, dice: “Sia dunque impegno d'amore pascere il gregge del Signore”; questa è la suprema norma di condotta dei ministri di Dio, un amore incondizionato, come quello del Buon Pastore, pieno di gioia, aperto a tutti, attento ai vicini e premuroso verso i lontani, delicato verso i più deboli, i piccoli, i semplici, i peccatori, per manifestare l'infinita misericordia di Dio con le parole rassicuranti della speranza» (Benedetto XVI, Udienza Generale, Mercoledì, 26 maggio 2010).
E conclude: Il Papa, in questo contesto, non è il signore supremo ma piuttosto il supremo servitore - il “servus servorum Dei”; il garante dell'ubbidienza e della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, al Vangelo di Cristo e alla Tradizione della Chiesa, mettendo da parte ogni arbitrio personale, pur essendo - per volontà di Cristo stesso - il “Pastore e Dottore supremo di tutti i fedeli” (Can. 749) e pur godendo “della potestà ordinaria che è suprema, piena, immediata e universale nella Chiesa” (cf. Cann. 331-334).
Cari fratelli e sorelle, ora abbiamo ancora un anno per maturare, con vero discernimento spirituale, le idee proposte e trovare soluzioni concrete alle tante difficoltà e innumerevoli sfide che le famiglie devono affrontare; a dare risposte ai tanti scoraggiamenti che circondano e soffocano le famiglie.
Siamo sicuri che, guidati dallo Spirito Santo, i nostri vescovi sapranno trovare soluzioni ai problemi affrontati nel Sinodo e risposte alle tante aspettative, rimanendo aderenti agli insegnamenti di Gesù. Noi comuni fedeli possiamo e dobbiamo guardare al loro lavoro con fiducia e speranza e contemporaneamente continuare ad aiutarli con la preghiera.