La Corte Costituzionale condanna la discriminazione degli embrioni Gabriele Soliani
Anche gli esseri umani in “forma embrionale” sono uguali ed hanno tutti la stessa dignità?
La risposta è: sì, certamente.
Ma la domanda non è superflua né scontata, perché c’è chi ritiene lecita la discriminazione fra un embrione ed un altro.
Siamo nel dibattuto e controverso campo della fecondazione extra corporea, più comunemente conosciuta come procreazione artificiale, regolamentata faticosamente dalla Legge 40 / 2004.
Che un essere umano sia portato alla vita dalle mani di un estraneo sotto la lente di un microscopio e mantenuto per alcuni giorni, fino al momento dell’impianto, in un piccolo recipiente rotondo con un po’ di liquido nutriente (piastra di Petri), già desta un po’ di sconcerto. Che poi questo embrione una volta impiantato abbia solo il 20% di probabilità di nascere, suscita dolore. Ma che inoltre, in questa situazione di fragilità estrema e di totale dipendenza dal più forte, venga discriminato, selezionato e scartato, suscita stupore e sdegno.
La legge 40, cercando di impedire ulteriori abominii, regolamenta queste pratiche, mettendo ovviamente alcuni divieti. Questi divieti sono sotto il fuoco incrociato delle contestazioni e dei ricorsi alla Corte costituzionale. Molti cercano l’affossamento della Legge 40, nonostante si tratti di una legge confermata da un referendum, spingendo per uno svuotamento delle parti significative. Le parti significative sono rappresentate dal riconoscimento dei diritti dell'embrione in collegamento, ed equivalenza, di diritti delle persone coinvolte. C’è il divieto di soppressione degli embrioni e del loro congelamento, il divieto della fecondazione eterologa, il divieto della selezione eugenetica degli embrioni (di cui la discriminazione degli embrioni presunti malformati mediante diagnosi preimpiantatoria è la più grave espressione), la proibizione dell'accesso alla fecondazione artificiale delle persone non sterili, la proibizione della clonazione, la fecondazione della donna sola o post mortem del marito.
Ripercorriamo la storia recente di ricorsi e contro ricorsi.
Nel 2006 (ordinanza n. 369), la Corte costituzionale intervenne per la prima volta dichiarando inammissibile il ricorso contro la legge per motivi procedurali, confermando così la legge 40/2004 ("Norme in materia di procreazione medicalmente assistita").
Poi nella primavera dello scorso anno la Corte, con la sentenza n. 151 del 2009, aveva tolto il vincolo del numero massimo di embrioni da porre in vita e trasferire nelle vie genitali della donna - numero fissato a “non più di tre” dalla legge - ed aveva così ampliato la possibilità di congelamento. Fu una decisione assai criticata da parte di quanti vedevano nella legge 40 la soglia al di sotto della quale non si doveva scendere. Le demolizioni dei punti significativi della legge 40 ad opera di quella sentenza, avevano fatto temere che questo fosse l'inizio di una deriva eugenetica mediante l'abbattimento del divieto di selezione eugenetica degli embrioni, strettamente connesso alla diagnosi genetica pre-impianto. Infatti due Tribunali (Bologna nel giugno 2009 e Salerno nel gennaio 2010) proprio in seguito alla sentenza 151/2009 della Corte Costituzionale, avevano autorizzato la diagnosi genetica sugli embrioni umani.
Ma ecco la novità. Con l'ordinanza n. 97/2010 del 12 marzo 2010 la Consulta interviene per la terza volta dichiarando la manifesta inammissibilità delle questioni sollevate. Ciò vuol dire che il divieto di selezione eugenetica degli embrioni umani è costituzionale. Viene quindi confermato il principio di uguaglianza-non discriminazione tra esseri umani, e, nonostante le precedenti demolizioni della legge, ciò consente di ritenere che la Corte voglia mantenere tutto il valore riconosciuto all'embrione in senso personalistico, come dice l'art. 1 della legge stessa.
Sebbene le motivazioni della sentenza siano asciutte e basate su aspetti di carattere tecnico-procedurale, si può comunque ritenere che nel testo non ci sono spazi per manovre che consentono l'abolizione o l'indebolimento del principio della “non discriminazione”. Dunque anche al piccolo e indifeso embrione umano, come per tutte le persone, è riconosciuto il principio di uguaglianza.
Se ne parla poco, ma questa sentenza è di notevole importanza.
EDUCARE AL VALORE DELLA VITA NASCENTE
E’ UNA VIA SICURA
Educare al valore della vita nascente non è facile ma è una strada sicura. Per interiorizzare meglio questo valore, e renderlo operativo, dobbiamo legarlo strettamente ad una esperienza possibile a tutti che è quella del “lasciarsi educare” dalla vita nascente. Se permettiamo alla vita nascente di parlarci e interrogarci essa ci porta verso la Sorgente. In fondo si tratta di conoscere e riconoscere un dato oggettivo che l'educatore e l'educando dovrebbero osservare con stupore.
Perché non cominciare fin da bambini ?
I bambini, infatti, quando guardano le immagini di un'ecografia fetale in tempo reale, o le foto allo stadio embrio fetale, esplodono di stupore. Le bambine appena capiscono che sono loro, le donne, a portare al mondo la vita umana rimangono come senza parole. Gli adolescenti sorridono e intuiscono che c'è molto più di “un feto” nelle foto ecografiche; le adolescenti assumono un tono di fierezza, insieme a “paura”, per la grandezza del partorire.
Parlare, e difendere, la vita umana nascente produce una specie di “timore”, ma anche certezze e sicurezza.
Gioia interiore, pace, certezze, sicurezze sono gli elementi più belli nell'educazione di un bambino e di un adolescente.
Dato che la vita nessuno se l'è data da solo, questo riferimento costante rimanda sempre a “qualcosa” fuori di noi. Cioè ci porta fuori dal nostro “io”, facendoci fare sempre un passo “oltre”, e questo obbliga a cercare il senso della vita. Non si esagera quando si afferma che l'indifferenza alla cosiddetta scelta abortiva ha impoverito questa ricerca, specialmente nei giovani.
La vita nascente umana è carne e si vede. Basta un piccolo ingrandimento al microscopio ottico e sotto i nostri occhi si può vedere un attivissimo embrione umano che cresce.
All'inizio ovviamente è piccolo, ma è proprio questa piccolezza che ci “educa” perché richiede umiltà. Infatti il bambino intuisce che prima di cominciare a ragionare e capire il mondo, aveva già la vita nel grembo della mamma, ed era possibile vederla. Lo stupore per il fatto che la vita precede la capacità di ragionare, cioè è antecedente alla conoscenza e riflessione, educa ai valori oggettivi.
Lo stadio di zigote unicellulare della vita umana oggi è la “frontiera”, perché la sfida (battaglia) per difendere la vita nascente si è spostata proprio sull'embrione.
Un altro urgente aspetto educativo, che discende dall'aver accettato e accolto la dignità umana dell'embrione, è il concetto di “sessualità – fertilità”.
Infatti chi non rende la dignità umana all'embrione non fa differenza fra metodo contraccettivo, intercettivo, contragestativo, e c'è una grande confusione in merito, senza formazione e educazione.
I metodi intercettivi e contragestativi (pillola del giorno dopo, minipillola, spirale, RU 486, Ella One) sono abortivi. I metodi contraccettivi estroprogestinici (la diffusa contraccezione ormonale detta comunemente “pillola”) può arrivare fino al 40 % di “fallimento” del blocco ovulatorio, con relativa ovulazione e possibile fecondazione, ma con impedimento dell'impianto dell'embrione in utero a causa dell'alterazione endometriale, e quindi con aborto.
La verità sull'embrione umano quindi rende la dignità e la responsabilità anche alla sessualità e alla conoscenza della fertilità, educando la sessualità e riportandola al suo “valore”.
Quando gli adolescenti scoprono che l'uomo e la donna possono conoscere e regolare la fertilità sono contenti ed avvertono che tutto è ordinato per un fine buono e bello, e vanno “oltre”. Sono come guidati alla Verità e scoprono la grandezza del Creatore.
La vita umana nel suo sorgere educa, e parlando di lei educhiamo.
Gabriele Soliani (sessuologo)