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NOVEMBRE 2009

     

L’umanità del feto sarebbe un’opinione Gabriele Soliani

 

            In Spagna la giovane ministro dell’Uguaglianza del governo Zapatero, Bibiana Aido, ha detto ai microfoni di “radio ser” che a 13 settimane il feto “non è un essere umano”. Ha poi aggiustato la sua affermazione dicendo che ci sono scienziati a favore dell’umanità del feto, ed altri no, e allora non vi è certezza. Viene da pensare che per rendere l’aborto sopportabile alla coscienza si deve alterare la realtà, altrimenti la coscienza stessa si ribella.

            La giovane ministro spagnola non è sola a pensarla così, ed anche in Italia troverebbe consensi. Quindi, con un’idea simile, l’umanità del feto sarebbe addirittura un’opinione, e ciò può bastare per…abortirlo.

            Tutto questo si porta dietro una tragica coerenza: se il feto di tre mesi “non è” un essere umano, ancor meno lo sarà il piccolissimo embrione appena concepito! Proprio con questo concetto si è aperta la strada alla pillola del giorno dopo, che impedisce l’annidamento dell’embrione, e della pillola del mese dopo (la RU 486), che elimina un feto di 49 giorni.

            Più passano gli anni più si capisce che l’aborto, e la legge che lo permette, è stato, ed è, una discriminante centrale.

            Opporsi all’aborto è dunque il modo per impedire le sue ulteriori disumane conseguenze. Occorre però una certa fermezza, perché chi entra nel vortice della cosiddetta “scelta” abortiva ha una sua logica e ben strutturata “coerenza”.   

            Il 25 maggio, in occasione dei dieci anni dalla fondazione del Centro Aiuto alla Vita (CAV) di Roma, monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha detto che: “La vita dal concepimento alla morte naturale va difesa “con testardaggine” e “senza compromessi”. E ancora: “L’embrione non è “né pietra né animale” ma “uomo”, e con l’essere umano adulto condivide la medesima dignità”.

            Ma a chi difende l’aborto come “scelta”, o addirittura come “diritto”, non basta neppure questo. Tutto sarebbe “opinione”. “Per voi è così - dicono loro - per noi no”. Questo ha permesso un altro passo al Governo Spagnolo: l’aborto come diritto, anche per le minorenni, anche senza alcun motivo. 

            “Nessuna bestemmia è peggiore – sono ancora parole di mons. Fisichella – di quella di una società che pretenda di difendere l’esistenza personale, salvo poi distruggerla per corrispondere a dei “desideri”.

            Occorre però dire che tanti, anche giovani, non riescono a dare per scontato la soppressione del feto umano, e l’aumento dell’obiezione di coscienza fra gli operatori sanitari lo conferma.

 

Bisogno di espiazione:

più si accetta l’aborto più gli animali hanno diritti.

Gabriele Soliani

 

            Nella persona che accetta l’aborto, teoricamente, culturalmente e socialmente, scattano alcuni meccanismi psichici inconsapevoli.

            Uno dei più visibili sono le urla e le manifestazioni con tanto di cartelli e simboli. La persona che va in piazza, o in televisione, ha infranto l’ultima barriera interna della “vergogna” per aver pensato di eliminare il concepito nel grembo. L’aborto, così accettato, deve essere però immediatamente trasferito nel campo dell’autodeterminazione e dei “diritti”. Altrimenti per la coscienza sarebbe impossibile portare un peso e una responsabilità di tal genere. 

            L’autoconvinzione così costruita, e faticosamente mantenuta, si svela nelle frasi pungenti e arroccate, che sembrano inattaccabili. Persino il volto dell’abortista diventa teso, a volte inespressivo. Il pro life invece non ha bisogno di arroccarsi né di “pungere”, e questo dimostra che non sta mettendo in atto nessun meccanismo psichico inconsapevole, perché è lineare e veritiero.

            L’altro meccanismo psichico che scatta nel pro aborto è l’inconsapevole bisogno di espiazione. L’aborto accettato e proposto come diritto, ha sempre bisogno di un contrappeso nella coscienza. Un contrappeso di “vita” e non più di morte. E’ il cosiddetto moderno “animalismo”, cioè la difesa ad oltranza degli animali, e persino la teorizzazione di loro “diritti” simili agli umani.

            In Spagna certe organizzazioni definiscono gli animali semplicemente come “non umani”, dividendo così gli esseri viventi in “umani” e “non umani”. Scandalizzarsi per un cane maltrattato, sanzionare pesantemente chi abbandona un animale, fare spot nei telegiornali per ricordarsi di portare in vacanza il gatto, intenerirsi per un cucciolo di scimpanzé… è proprio il bisogno di espiare l’aborto, accettato e legalizzato.

            E’ un meccanismo psicologico che permette alla coscienza di sentirsi, in qualche modo, dalla parte della “vita”, dopo aver accettato la possibilità di sopprimere il bambino. Dare ai grandi primati “diritti” simili a quelli delle persone porta alla luce l’insopportabile peso che l’aborto causa alla coscienza.

            Si tratta di educare fin da bambini al plusvalore della vita umana su quella animale, e questo va fatto senza cedimenti o timori. Ne va anche dell’equilibrio psichico della persona.

 

RISPETTOSI DEL CREATO

Benedetto XVI  ai leaders internazionali:

 

Udienza Generale del 26.08.09 in Castel Gandolfo

                                                                                                                        di  Antonio Colasanto

L’uomo non è il padrone del creato.

La terra è dono prezioso del Creatore, il quale ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci, dandoci così i segnali orientativi a cui attenerci come amministratori della sua creazione. E’ proprio a partire da questa consapevolezza, che la Chiesa considera le questioni legate all’ambiente e alla sua salvaguardia intimamente connesse con il tema dello sviluppo umano integrale.

Lo ha detto Benedetto XVI che ha dedicato la sua catechesi del mercoledì alla questione ecologica, in vista della Giornata per la salvaguardia del Creato che verrà celebrata il 1° settembre e della “United Nations Climate Change Conference”, la conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, in programma a Copenhagen dal 7 al 18 dicembre.

“A tali questioni – ha ricordato il Papa -  ho fatto più volte riferimento nella mia ultima Enciclica Caritas in veritate, richiamando “l’urgente necessità morale di una rinnovata solidarietà” non solo nei rapporti tra i Paesi, ma anche tra i singoli uomini, poiché l’ambiente naturale è dato da Dio per tutti, e il suo uso comporta una nostra personale responsabilità verso l’intera umanità, in particolare verso i poveri e le generazioni future.”

Tutti temi che il Papa ha già  ampiamente e con chiarezza trattato nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2008.

Avvertendo la comune responsabilità per il creato, la Chiesa non solo è impegnata a promuovere la difesa della terra, dell’acqua e dell’aria, donate dal Creatore a tutti, ma soprattutto si adopera per proteggere l’uomo contro la distruzione di se stesso. Infatti – ha sottolineato Papa Benedetto - “quando l’«ecologia umana» è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio.” Non è forse vero –si è domandato il Papa - che l’uso sconsiderato della creazione inizia laddove Dio è emarginato o addirittura se ne nega l’esistenza?

Se viene meno, infatti, il rapporto della creatura umana con il Creatore  la materia è ridotta a possesso egoistico, l’uomo ne diventa “l’ultima istanza” e lo scopo dell’esistenza si riduce ad essere un’affannata corsa a possedere il più possibile.

La protezione dell’ambiente, la tutela delle risorse e del clima – ha  sottolineato con forza Benedetto XVI - richiedono che i responsabili internazionali agiscano congiuntamente nel rispetto della legge e della solidarietà, soprattutto nei confronti delle regioni più deboli della terra. Insieme possiamo costruire uno sviluppo umano integrale a beneficio dei popoli, presenti e futuri, uno sviluppo ispirato ai valori della carità nella verità. Perché ciò avvenga è indispensabile convertire l’attuale modello di sviluppo globale verso una più grande e condivisa assunzione di responsabilità nei confronti del creato: lo richiedono non solo le emergenze ambientali, ma anche lo scandalo della fame e della miseria.

Cari fratelli e sorelle, ringraziamo il Signore  - ha esortato il Papa a conclusione dell’udienza -  e facciamo nostre le parole di san Francesco nel Cantico delle creature: “Altissimo, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e l’honore et omne benedictione … Laudato si’,  mi’ Signore,  cum tucte le tue creature”.

Così san Francesco.

Anche noi vogliamo pregare e vivere nello spirito di queste parole.

 

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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