Crescere un figlio non è un… “lavoro” da poco
Il calo delle nascite, l’alto numero di coppie italiane senza bimbi, i “costi” per crescere un figlio, sono tematiche riaperte in questo periodo. Gli argomenti sono delicati ed hanno bisogno di obiettive riflessioni, tuttavia non possiamo dimenticare alcuni concetti importanti.
Per esempio, un’indagine, all’inizio di febbraio, del Corriere della Sera sosteneva che dove ci sono più “asili nido” le donne sono più disposte alla maternità. Questo stando dalla parte della donna, ma dovremmo anche metterci dalla parte del bambino.
Il bambino si percepisce “uno”, cioè se stesso, se può riferirsi ad “un altro” che abbia la caratteristica della costanza. L’individualità del bimbo dipende dalla presenza di un “gruppo stabile” che permetta a lui di differenziarsi. Quando tutto attorno diventa variabile, il bambino fatica molto a costruirsi un’identità. In questo nucleo “stabile” oggi si tende a riconoscere l’importanza del gruppo familiare che include il padre, e magari un nonno o un fratello. In concreto, queste relazioni non sono altro che i legami che hanno “generato” il gruppo famigliare.
Dunque i componenti il gruppo, in primo luogo la madre, devono esserci, poiché senza quella presenza il bambino non riesce a percepirsi. Il bambino infatti guarda con attenzione e a lungo il volto della madre, desidera le ripetizioni, ha bisogno di sentire e risentire la sua voce, gli stessi odori, le stesse carezze. E’ necessaria una costanza di affetto e di continuità nella presenza. Se in questa fase si sceglie l’asilo nido, questo luogo dovrebbe essere visto come un “gruppo stabile”, quindi organizzato con pochi soggetti e con una continuità tra la maestra dell’asilo, la madre e gli altri componenti. La stabilità del gruppetto è fondamentale per costruire il “sé”.
Per questo la madre deve potersi allontanare dal lavoro, dedicarsi al figlio e avere le garanzie sociali, anzi le deve esser riconosciuto il compito di crescere il figlio, che non è solo “suo”, poiché i bambini sono i cittadini della società che costruisce il futuro.
Non si esagera affermando che tanti dolorosi problemi degli adolescenti e dei giovani, la loro irrequietezza, agitazione, incapacità di concentrazione, desiderio impulsivo di emozioni anche trasgressive, insicurezze, sono da ricercarsi in una carente costruzione della propria identità.
Ciò che può influire dunque è la presenza della madre, alla quale deve essere garantita l’occupazione dopo la maternità. E dovrebbe anche essere retribuita, perché crescere un figlio non è un…. “lavoro” da poco!
Gabriele Soliani
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La Sindrome di Down, una malattia “genetica” dell’intelligenza.
Prospettive di cura.
Desta un certo sdegno quel gruppo su face book che ha preso di mira le persone con Sindrome di Down.
La trisomia 21, così è chiamata scientificamente, è stata scoperta negli anni 50 dal professor Jerome Lejeune.
Nel nostro Paese da molto tempo la nascita di un bambino con trisomia 21 è vissuta dai genitori come una prova difficile.
E in Europa?
Ci sono due esempi quasi opposti: i Paesi Scandinavi e il resto d’Europa, Italia compresa.
Nei Paesi scandinavi è sorprendente vedere il basso numero di interruzioni di gravidanza per diagnosi di trisomia 21. I Paesi Scandinavi sono stati i primi in Europa ad accettare l’aborto, ma quando si annuncia ad una futura madre che il bambino che lei attende è "down", vengono mobilitati i servizi sociali, le associazioni e le strutture mediche specializzate per organizzare una accoglienza del bambino. Esiste una vera e propria politica di accoglienza e di cura per tutta la vita delle persone handicappate mentali. Lo Stato ha organizzato le strutture e spende le risorse necessarie per la vita, per le reti di sostegno alle famiglie, per la formazione di personale specializzato, e si prende carico dei bisogni di questi malati.
Il problema se farli nascere oppure no non si pone, perché la società riconosce loro il diritto ad esistere.
Sylvie de Kermadec, Direttrice dell'Istituto "Jerome Lejeune" di Parigi, che da anni studia la sindrome di Down, dice che si può agire perché si conosce cosa succede geneticamente.
Il terzo cromosoma 21 comanda la produzione di proteine. Queste proteine sono normali, ma sono prodotte in eccesso, e il risultato è il ritardo mentale. Se si riesce ad inibire questo “sovraccarico”, si potrà diminuire, o anche sopprimere, gli effetti negativi. E’ la possibile terapia.
Per bloccare le patologie metaboliche scatenate dalla presenza del “terzo cromosoma 21", e dunque agire sul ritardo mentale, l’Istituto Lejeune di Parigi ha iniziato un grande programma di ricerca per mettere a punto un nuovo farmaco, che mira a inibire l’eccesso di cistationina beta sintetasi responsabile del ritardo mentale. E’ un progetto che durerà almeno 10 anni, ma pieno di speranza.
Una scienza medica amica delle persone fa ritornare il coraggio.
Gabriele Soliani
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Adolescenti, 55 su 100 compie azioni pericolose
Filmare, rivedere in compagnia e poi pubblicare su YouTube è diventato un movente per compiere “imprese a rischio” di tanti adolescenti.
Lo confermano i dati dell'indagine su abitudini e stili di vita degli adolescenti, realizzata dalla Società italiana di pediatria.
Il 55% degli adolescenti in generale e il 61% dei teenager maschi compie deliberatamente azioni che sanno essere pericolose e fonte di rischio. Il fenomeno è in costante crescita, e le percentuali sono più alte fra i ragazzi che guardano molta televisione (più di 3 ore al giorno) e subiscono il fascino dei comportamenti che vedono mettere in pratica dai loro “eroi” televisivi.
La notizia (marzo 2010) dei 13 ragazzi tra i 14 e i 16 anni intenti a “giocare ad attraversare l’autostrada”, alle porte di Genova, per filmare l’impresa con i video-telefonini, è solo l’ultimo degli sconcertanti episodi che evidenziano il proliferare di comportamenti a rischio da parte degli adolescenti.
Chissà cosa passa nel cuore e nei pensieri di questa percentuale così alta di ragazzi!
Li vediamo sui banchi di scuola, in giro per la città e paesi, ma non ce ne accorgiamo. Un fatto è certo: sono fortemente sollecitati, stuzzicati dalle novità e dalle trasgressioni rese accessibili a qualsiasi ora nei mezzi di comunicazione. Le emozioni che per loro non bastano mai, il tanto tempo libero e vuoto, la noia, le ore di solitudine, la sguaiataggine, l'accidia sono spesso un terreno favorevole per i comportamenti a rischio.
Aggiungiamo un uso, francamente al limite della compulsione, del telefonino, oggi una vera e propria stazione multimediale, sempre più diffuso tra gli adolescenti. Persino la “precoce” sfera affettiva e sessuale è a “rischio telefonino”, con conseguenze spesso gravi: ricatti, commercio, abbrutimento, aggressioni.
Tuttavia noi adulti non tiriamoci fuori dalle "concause" per i comportamenti a rischio degli adolescenti, specialmente quando non facciamo la salutare differenza fra ciò che "va bene" e ciò che "non va bene", fra quello che è giusto e quello che non lo è.
Quando facciamo passare il messaggio che tutto è solo una questione di “opinione”, abbiamo già aperto la strada ai comportamenti a rischio degli adolescenti.
Gabriele Soliani