LE CAMPANE CHE SUONANO A MORTO
di Gianfranco Amato La Croce 18-5-2016
Adoro i preti che hanno il coraggio di girare in talare. Che non si vergognano di salutarti con un vigoroso «Sia lodato Gesù Cristo!». Che non temono dire «sì, sì e no, no». Che non hanno paura di apparire “divisivi” o di alterare equilibri politici all’interno del consiglio pastorale. Che osano ancora parlare di “principi non negoziabili”. Che mostrano fermezza nel denunciare i compromessi di comodo o la tentazione dell’autoinganno di fronte al male. Che hanno la sfacciataggine di rimproverare pubblicamente i fedeli che non vedono in chiesa o i ragazzi che disertano l’oratorio. Che hanno il fegato di sfidare apertamente ogni tipo lobby, consorterie, anche se si chiamano massoneria. Che «appellant bonum bonum et malum malum», tradotto volgarmente che sanno dire pane al pane e vino al vino. Che odiano tutto ciò che puzza anche solo lontanamente di politically correct. Che hanno l’impudenza e l’improntitudine di annunciare la Verità, senza se e senza ma. Preti con la spina dorsale, temperamento e virilità. Insomma, preti alla don Camillo!
Per questo sono rinato quando ho appreso la notizia che esiste un don Camillo in Molise. Per la precisione a Carovilli, e si chiama don Mario Fangio. Don Mario è assurto all’onore delle cronache nazionali per aver compiuto un gesto degno del suo confratello guareschiano. Il giorno dell’approvazione dell’infame legge sulle unioni civili, infatti, don Mario ha fatto suonare a morto le campane della chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta. La spiegazione ai fedeli stupisti è stata la seguente: «Oggi è morta un’istituzione secolare». Requiem per la famiglia. Le campane a morto, don Mario, le ha fatte suonare per tutta la giornata, ad intervalli regolari. Non ha fatto mancare neppure un manifesto pubblico, su cui era scritto:
«Annuncio funebre, sono morti il matrimonio e la famiglia. Una prece per chi ne è stata la causa». Non c’è niente da dire, don Camillo sarebbe stato davvero fiero di questo suo clone del XXI secolo. Come a Brescello, anche Carovilli, però, ha il suo Peppone. Si tratta dell’ex sindaco Mimmo Cinocca che in un volantino di risposta così ha replicato all’iniziativa di don Mario: «Per i diritti di tutti. Sono rimasto letteralmente sbalordito nel leggere la reazione, a dir poco scomposta, di don Mario Fangio. Si può condividere o meno una legge dello Stato ma essa va rispettata. Non si può, poi offendere una comunità facendo suonare le campane a morto e lasciando intendere che tutta quella comunità sia omofoba.
Don Mario sa che il suono delle campane ha sempre rappresentato lo stato d’animo e il sentimento di tutti, non di un singolo, anche se parroco». Poi, il Peppone di Carovilli ha inviato la cittadinanza a ritrovarsi in piazza Municipio, il 14 e 15 maggio, per «gioire insieme» della nuova legge. Piazza dove ha fatto subito la sua comparsa un bel nastro arcobaleno. Municipio contro chiesa, proprio come ai bei tempi di Guareschi. Quando la melassa del politicamente corretto non aveva ancora intorpidito i cervelli e inaridito i cuori di parroci e sindaci.
Siamo sicurissimi, comunque, che don Mario non si sarà fatto intimidire dalla mobilitazione di piazza invocata dal sindaco. Sarà salito sul campanile e da lì avrà guardato i quattro gatti mobilitati mentre festeggiavano gridando “Love is love”. Avrà lanciato a voce alta qualche improperio in molisano stretto, e poi sarà sceso in chiesa, dove, davanti al Santissimo, avrà pregato per quei poveri manifestanti in questo modo: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno!».
Grazie davvero, don Mario, per questa generosa testimonianza di fede. Una vera boccata d’ossigeno nell’aria tossica che siamo costretti a respirare, ammorbata subdolamente dal Potere attraverso quel gas inodore, incolore, insapore ma letale, che è il pensiero unico MA QUALE OMOFOBIA di HASHTAG La legge sull’omofobia scritta da Scalfarotto è una vergognosa normativa che punta solo a spianare la strada alla legge Scalfarotto che comporterebbe, per quelli come noi che più si sono esposti contro le unioni gay, una raffica di denunce che poi sarebbero affidate al buon cuore dei giudici. E meno male anche ora che lei è andata in pensione.