La parola agli esperti
Qualche mese fa l’Associazione dei Pediatri Americani ha pubblicato un voluminoso documento sui bambini che sperimentano un’incongruenza tra la propria identità sessuale biologica e quella da loro stessi percepita. È il tema della cosiddetta “disforia di genere”.
Il documento smentisce a suon di esperienze e studi la letteratura medica corrente che vuole una “normalizzazione” del transgenderismo. Questo ha dato il via alla ferma critica nei confronti di quei programmi che prevedono l’utilizzo di farmaci per bloccare la pubertà. Secondo gli autori del documento – la cui prima firmataria è la dott.ssa Michelle Cretella, presidente dell’Associazione – assecondare questa disordinata tendenza contro natura, non solo è un esercizio che non ha basi scientifiche ma contrasta l’antico principio di cura: “primo non nuocere”. E si badi bene che viene usato il concetto, politicamente scorrettissimo, di “contro natura”.
Si evidenzia infatti che la “disforia di genere”, nella maggior parte dei pazienti (tra l’80% e il 95%), si risolve naturalmente nella tarda adolescenza. Secondo i pediatri, “ogni indicazione da parte delle istituzioni pubbliche volta a forzare l’accettazione della disforia di genere, come variante normale dello sviluppo del bambino, con le conseguenti cure sociali, terapie ormonali tossiche e rimozione chirurgica di parti ‘sane’ del corpo dei bambini, è sbagliata e pericolosa”.
Inoltre “eseguire, in maniera irreversibile, sui minori, troppo giovani per dare un valido consenso, procedure che cambiano per sempre la loro vita”, comporta anche una grave violazione dei loro diritti.
I pediatri chiedono quindi la cessazione di questi interventi e la fine del gender nelle scuole, perché “la sanità, i programmi scolastici e la legislazione devono rimanere ancorati alla realtà fisica”. Pertanto “la ricerca scientifica dovrebbe concentrarsi su una migliore comprensione delle basi psicologiche di questo disturbo”. Anche qui viene usato il termine “disturbo” che è inammissibile per gli attivisti lgbt e le lobby omosessualiste. La via indicata è quella dell’approccio psicologico a questo problema, anziché farmacologico e chirurgico.
Gabriele Soliani (sessuologo)