La salute psichica della donna che abortisce
(TRATTO DA http://www.federvitapiemonte.it/html/nav_Laborto_eugenetico.php)
(Ricerca a cura di Barbara)
Nel 1969 R. Sinan affermava nel New England Journal of Medicine: “Non esiste alcuna indicazione psichiatrica inequivocabile per l’aborto” e F. Hyd, psichiatra, due anni dopo dichiarava su Medical News Letter: ”Ormai le vere motivazioni psichiatriche per l’aborto procurato sono praticamente inesistenti. La moderna terapia psichiatrica ha reso possibile ad ogni donna psicopatica di portare a termine una gravidanza”. Circa 10 anni dopo il Dott. Louis Hellmann (Columbia Women’s Hospital di Washington), dichiaratamente a favore dell’aborto, affermava che “la richiesta del permesso dello psichiatra per poter abortire era una presa in giro” (Washington Post, Nov. 25, 1971). R.Maddock e R.Sexton alcuni anni dopo cominciano ad aprire uno spiraglio su quale fosse il vero impatto sulla salute psichica della donna “quando le pazienti si presentano con problemi emotivi ed hanno alle spalle una storia di aborto terapeutico, la sequela emotiva conseguente dovrebbe venir considerata come l’evento che danneggia più di ogni altro la vita delle pazienti. Purtroppo esse non fanno mai questo tipo di associazione, dal momento che i conflitti più dannosi vengono sepolti nell’inconscio”. (R.Maddock e R.Sexton “The rising cost of abortion”, Medical Hypnoanalysis, 1980). Erano gli anni della domanda: “In che cosa consiste la sindrome post-abortiva?”
Tale sindrome è caratterizzata da un forte disagio psichico (comportamento di rifiuto, soppressione…) e dall’emozionalità nel periodo che segue l’intervento abortivo. Sembra essere il risultato di un meccanismo di difesa che dopo qualche anno non è più idoneo a controllare lo stato di instabilità emotiva che la donna si trova a fronteggiare. Secondo alcuni psichiatri è comparabile al quadro patologico dovuto allo stress post-traumatico (T.Keane Am. Med News 1988). Alcuni anni prima C. Hall affermava che “il trauma dell’aborto terapeutico può avere delle sequele importanti sul piano emotivo, poiché comporta forti implicazioni sociali, politiche, culturali e morali”. (C. Hall and S. Zisnok, “Psichological di stress following therapeutical abortion”.The female patient vol 8, Mar 1983).
Anche lo studio dell' Elliot Institute for Social Sciences Research riferisce alcune gravi conseguenze nelle pazienti che si sottopongono a interruzione volontaria: il 90% di queste donne soffre di danni psichici nella stima di sé; il 50% inizia o aumenta il consumo di bevande alcoliche e/o quello di droga; il 60% è soggetto a idee di suicidio; il 28% ammette di aver persino provato fisicamente a suicidarsi; il 20% soffre gravemente di sintomi del tipo stress post-traumatico; il 50% soffre dello stesso in modo meno grave; il 52% soffre di risentimento e persino di odio verso quelle persone che le hanno spinte a compiere l'aborto e nello studio di David Fergusson, pubblicato nel Journal of Child Psychiatry and Psychology, si dimostra che l’aumento della depressione (46%), dell’ansia, di comportamenti suicidi e di tossicodipendenza era due, tre volte superiore nella popolazione di donne (500 pazienti seguite dalla nascita fino a 25 anni) che avevano fatto interruzione di gravidanza.
Una serie di valutazioni che riguardano la salute psichica e l’incidenza di aborto la rileviamo da un saggio della Dott.ssa Cinzia Baccaglini nell’appendice del libro “Storia dell’aborto”, di Francesco Agnoli, edito da Fede e Cultura nel febbraio 2008 e pubblicato su “Il Foglio” del 24 febbraio scorso: “L’aborto è in effetti responsabile di una serie di fenomeni gravi: l’aumento del 160% nei tassi di suicidio negli Stati Uniti nel 2001, secondo l’Archives of Women's Mental Health; aumento del 225% nei tassi di suicidio in Gran Bretagna nel 1997, secondo il British Medical Journal; aumento del 546% nei tassi di suicidio in Finlandia nel 1997, secondo gli Acta Obstetrica et Gynecologica Scandinavica.
In definitiva, la media degli aumenti nell’incidenza del suicidio riportati da questi tre studi è del 310%! Gli alti tassi di suicidio successivi all’aborto contraddice chiaramente l’idea che porre fine alla gravidanza possa essere una scelta più sicura rispetto a quella di dare alla luce il bambino. Lo studio più autorevole sui legami tra ricovero psichiatrico e aborto rivela che nei quattro anni successivi ad una gravidanza, le donne che abortiscono ricorrono alla psichiatrica da due a quattro di più rispetto alle donne che portano avanti la gravidanza. Un altro studio rivela che anche quattro anni dopo aver abortito, i tassi di ricorso alla psichiatria rimangono del 67% più alti rispetto alle donne che non hanno abortito.
Secondo l’Archives of Women's Mental Health, nel 2001, le donne che hanno abortito risultano aver sviluppato in maggior misura reazioni di aggiustamento, psicosi depressive e disturbi neurologici e bipolari. Anche il rischio di depressione o psicosi post parto per le nascite desiderate è maggiore per le donne che avevano precedentemente abortito. Per una media di otto anni successivi all’aborto, le donne sposate hanno dimostrato una propensione a cadere in depressione clinica del 138% superiore rispetto alle corrispondenti donne che avevano portato avanti la loro gravidanza indesiderata. Questo, secondo il British Medical Journal del 19 gennaio del 2002.
Riguardo il problema dell’alcol e della tossicodipendenza, le donne che hanno abortito risultano essere 4,5 volte più portate ad affrontare il loro contrasto e dolore interiore in questo modo. E questo dato si basa solo su quelle donne la cui dipendenza da alcol o dalle droghe è resa nota. Non sono invece considerate tutte quelle donne che ogni sera si bevono i loro bicchieri di vino pensando che ciò sia semplicemente un modo per rilassarsi. Questo aspetto è stato riportato dall’American Journal of Drug and Alcohol Abuse, nel 2000. Le conclusioni del primo studio di lungo termine condotto dal Dott. Vincent Rue riportano abbondanti dati sui disturbi da stress post traumatico.
Dalle statistiche relative agli Stati Uniti risulta che: il 55% di coloro che hanno abortito afferma di avere incubi e di essere ossessionato dall’aborto; il 73% afferma di avere dei flashback; il 58% delle donne afferma di avere pensieri suicidi e di riferirli direttamente all’aborto; il 68% rivela di essere scontenta di se stessa; il 79% si sente in colpa e afferma di essere incapace di perdonarsi; il 63% ha timori per future gravidanze e dell’idea di diventare genitore; il 49% non si sente a proprio agio vicino ai neonati; il 67% si descrive “sentimentalmente insensibile”. In questo saggio, inoltre, vengono analizzati in maniera cogente tutti gli aspetti che l’impatto ha sulla personalità femminile come l’emergenza di disfunzioni sessuali, di disordini alimentari, di aumento di consumo di tabacco e di attacchi di panico o di ansia.
Una relazione tra l’aborto volontario e la salute psichica delle donne viene spesso sottaciuta per non evidenziare la contraddittorietà di una pratica medica che viene scelta a norma di legge (Legge n. 194, 1978) per tutelare la salute psichica della donna e che invece la danneggia. Alcuni studi esemplificativi chiariscono questa interdipendenza. Nel lavoro di Reardon et All. (Canadian Medical Association Journal, maggio 13, 2003; 168) si evince che i disturbi bipolari (disturbi della salute psichica) sono tre volte più frequenti in pazienti che hanno avuto aborti volontari rispetto a pazienti che hanno portato avanti la gravidanza e le psicosi depressive sia esse sporadiche che ricorrenti, sono due volte più frequenti facendo la stessa comparazione. Anche la tendenza al suicidio sia come prevalenza per classi di età, (Gissler, M. et al. BMJ 1996;313:1431-1434) sia per prevalenza in alcuni mesi dell’anno, (Cagnacci A. e Volpe A. Human Reproduction 2001) è fortemente correlata all’ aborto volontario.
Sebbene non tutte le interruzioni portino alla depressione e/o al suicidio, tuttavia ne aumentano sensibilmente i rischi e l’incidenza. (Times on line 26 ottobre 2006).
Infine un lavoro molto inquietante riporta una relazione tra l’aborto e il cancro al seno: secondo l’articolo del Journal of National Cancer Institute, effettuato su 1800 donne, l’epidemiologa Janet Dalling ha accertato che il rischio di cancro al seno è più elevato nelle adolescenti al di sotto dei 18 anni che abortiscono entro il terzo mese di gravidanza.