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DICEMBRE 2009

     

 

Gli adolescenti e la cultura sessuale

 

                                   di Claudio Risé Tratto da Il Mattino di Napoli  del 7 settembre 2009

 

 

Adolescenze turbate. Prima e dopo la ragazzina di Scampia, ogni giorno della scorsa settimana ha visto, in ogni parte d’Italia, adolescenti appena uscite dall’infanzia aggredite e violentate da coetanei, spesso guidati da un capo branco poco più grande.

Il fenomeno, d’altra parte, da tempo si impone all’attenzione delle famiglie, degli educatori, della società. Oggi chi entra nell’adolescenza è spesso potenziale preda del «gruppo dei pari», da cui si aspetterebbe protezione e amicizia. La tendenza non risparmia neppure i giovani maschi, che spesso diventano bersaglio sessuale di gruppi di coetanei carnefici.

Carnefici occasionali o sistematici. Cosa si agita dietro a questi fenomeni? Occorre fare un passo indietro rispetto alla rappresentazione della sessualità che il sistema delle comunicazioni (a cominciare da media e spettacoli) offre, e cui siamo abituati. La sessualità è oggi essenzialmente rappresentata come piacere, bellezza e divertimento, e come misura del successo personale. Questa presentazione è però parziale, se non accompagnata da altre informazioni, che di solito nessuno dà.

La prima è che la sessualità è la più forte delle pulsioni che scuotono la psiche umana, con conseguenze decisive sull’intera vita, sia nel bene che nel male. Per questo lo sviluppo sessuale andrebbe accompagnato da un’attenta ed empatica informazione, che aiuti la persona a contenere questa pulsione e le sue manifestazioni nel quadro del rispetto della persona: la propria, e quella degli altri.

Così la spinta del giovane maschio alla conquista ed al piacere, va riconosciuta come espressione della sua forza vitale, ma insieme ricondotta all’attenzione per l’altro, la sua sensibilità ed i suoi desideri, senza la quale non è che brutalità e violenza, giustamente condannata dalla società e dalla sua legge. Ed anche la spinta ad essere ammirata e desiderata della ragazza adolescente andrebbe accompagnata con la consapevolezza della forza non sempre controllata (certo colpevolmente) del desiderio maschile, e quindi dei rischi cui va incontro.

Tutto questo attento lavoro educativo però, raramente viene svolto, sia a casa che a scuola o negli altri luoghi di formazione, e quasi sempre in modo insufficiente. È come se, un secolo dopo l’inizio della psicoanalisi e della sua scoperta della forza della pulsione sessuale, parlarne sia diventato tabù.

Certo, si parla di sesso dalla mattina alla sera, e vi si dedica gran parte del sistema delle comunicazioni, ma come se fosse solo piacere ed immagine, non anche spinta da educare e contenere; potenzialmente devastante se non ricondotta a precisi rituali di incontro e di corteggiamento (la cultura popolare del sud Italia li conosce ancora perfettamente, specialmente nei piccoli centri).

Anche le periodiche campagne contro la violenza maschile diventano retoriche se non si confrontano con cosa la origina (appunto la mancanza di una cultura sessuale profonda), e come evitarla e contenerla.

Il rumore mediatico sulla sessualità è accompagnato dal silenzio sulle sue caratteristiche meno superficiali, e quindi anche più delicate e difficili. Intanto, la sessualità spettacolo copre la distruzione della cultura sessuale che, nelle diverse classi e regioni, «amministrava» il delicato passaggio tra infanzia e adolescenza. A questa cultura ed ai suoi rituali non viene sostituito nulla, lasciando al caso (retto dalla legge del più forte) l’incontro tra adolescenti, ex bambini oggi portatori di una sessualità caotica ed esigente.

Punire lo stupro è indispensabile, ma insufficiente se non si cambia la cultura che lo promuove

 

Abortire precocemente fa soffrire di meno?

 

            Con la pillola abortiva RU 486 viene proposto alla donna un nuovo criterio. Si tratta del principio della “proporzionalità traumatica”.

            Si basa sul concetto della “dimensione dell’embrione”: più è piccolo, si dice, e nelle prime fasi della gestazione,  meno si soffre se si abortisce. 

            Questa posizione è fortemente presa in considerazione dalla donna, che così crede di “sopportare meglio” la scelta di interrompere la gravidanza. E’ come se dicesse a tutti: “Voi non immaginate cosa voglia dire abortire!”, dimostrando ancora una volta quanto sia “contro natura” abortire, e come la pseudo cultura abortista abbia trascurato il vero bene delle donne.

            Si crede infatti che un embrione di pochi millimetri e pochi grammi non soffra se abortito in questo modo.

            Ma è proprio vero che “più è piccolo e meno soffre”?

            Dal punto di vista biochimico si parla addirittura di “sofferenza delle cellule” quando muoiono, perché quando una cellula muore rilascia in circolo fattori algogeni. Non parliamo poi della sofferenza del feto, comunque riscontrata già dal 60 esimo giorno,  senza dimenticare che già al 40 esimo giorno si possono quantificare le prime connessioni neuronali della corteccia cerebrale frontale, sede del pensiero critico e dell’identità psicologica.

            Una cosa è certa: la pillola abortiva RU 486 vuole deresponsabilizzare al massimo grado possibile la donna, ancora più da sola, più responsabile ed “attrice” di questo gesto.

            Forse questo la farà soffrire meno ?

            Nonostante si pensi di semplificare le procedure, i problemi rimangono. Anzi, sembra che siano portati alla luce ancor di più.

                                                                                        Gabriele Soliani, R.E.

 

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Testi scolastici obiettivi: un diritto educativo

Gabriele Soliani, R.E.

  

            Se agli insegnanti spetta il compito di scegliere i libri di testo scolastici, ai genitori spetta il diritto di verificarne i contenuti. Specialmente per quanto riguarda gli argomenti scientifici e storici che trattano dello sviluppo dell’essere umano.

  • Siamo troppi sulla terra e quindi le nascite vanno diminuite e selezionate? 
  • L’umanità è come un virus che divora il pianeta ?
  • Le attività umane sono inquinanti e bisogna fermarle ?
  • Se un libro di testo delle “elementari” e delle “medie” propone questa visione, si tratta di una impostazione non reale e quasi ideologica.

            Certamente un genitore non sfuggirà alla domanda del figlio: “E’ vero che l’uomo discende dalla scimmia?”, ma spacciare per “certissimo” che l’evoluzionismo non si discute, che la Bibbia è un libro di favole e che la legge naturale è un optional, non è per niente obiettivo.

            Così come non è corretto affermare che l’embrione umano è solo un”ovulo fecondato”, oppure che la gravidanza inizia solo dopo l’impianto dell’embrione nell’utero della donna e non già dalla fecondazione. Oppure che l’essere umano è una “macchina” e che tutto dipende dal corredo genetico, che il funzionamento del cervello dipende solo dalla biochimica, che il comportamento dipende dagli ormoni e che la sessualità è un istinto… !

            I genitori attenti capiscono bene che il messaggio proposto da certi testi scolastici va ben al di là della semplice paginetta da studiare.

            L’ultima Enciclica di Benedetto XVI “Caritas in veritate” tocca anche questi argomenti, proprio sottoforma di un invito a difendere e diffondere dati oggettivi.

            Per esempio, al n. 44, dice: ”Considerare l’aumento della popolazione come causa prima del sottosviluppo è scorretto anche dal punto di vista economico; basti pensare, da una parte, all’importante diminuzione della mortalità infantile e il prolungamento della vita media che si registrano nei Paesi economicamente sviluppati, dall’altra ai segni di crisi rilevabili nelle società in cui si registra un preoccupante calo della natalità. Resta ovviamente doveroso prestare la debita attenzione ad una procreazione responsabile, che costituisce, tra l’altro, un fattivo contributo allo sviluppo umano integrale”.

            Queste affermazioni sembrano un’eco dello studio recentissimo di David P. Goldman, pubblicato sulla rivista First Things (“Demographics and Depression”, maggio 2009 ), in cui si spiega come il crollo demografico generi e contribuisca alle crisi economiche e alla depressione, perché i sistemi sociali entrano in crisi soprattutto quando ci sono troppi anziani la cui capacità produttiva è ovviamente ridotta.

            Non si chiede ovviamente che un’Enciclica diventi un testo scolastico, ma che i dati obiettivi siano fatti conoscere e divulgati questo si.

 

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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