Il Decalogo di Maria: 10. Non solo pregare, ma soprattutto imitare Maria
”Ora si è compiuta la salvezza” (Ap12,10)
Consideriamo questa pagina del libro dell’Apocalisse come la conclusione del nostro percorso che ci ha presentato il Decalogo di Maria, le “Dieci parole” che hanno accompagnato la vita della Vergine mettendole in parallelo con il cammino di Luisa Piccarreta. Ciascuno di noi, guardando a questo itinerario, ha un modello per percorrere il proprio cammino per conoscere e vivere la Divina Volontà.
Il capitolo 12 dell’Apocalisse presenta l’immagine della donna e del drago che simboleggia lo scontro tra bene e male nella storia della salvezza. Nel cielo apparve un “segno grandioso” (Ap 12,1-6): è un grande segno che non è un portento, ma un messaggio da decifrare; è “grandioso” e trascendente (appare nel cielo). Il segno è una donna vestita di sole. Nell’Antico Testamento il sole (indica lo splendore divino) è una creatura privilegiata di Dio con cui egli riveste la donna. La luna (regola l’evolversi del tempo), essendo sotto i piedi, manifesta il pieno dominio della donna; la corona di stelle (la regalità) esprime la vittoria finale già riportata. Le stelle sono dodici come le tribù d’Israele e gli apostoli della chiesa che, sovrapponendosi, evidenziano l’unità dell’antico e nuovo popolo. La donna supera la storia in svolgimento e rappresenta contemporaneamente Israele e la madre del Messia e dei credenti.
“Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto” (12,2); il brusco passaggio dal cielo alla terra indica che il segno diventa storia. La donna gloriosa è descritta nella sofferenza di un parto difficile, immagine ben radicata nella fede giudaica: la comunità messianica è rappresentata come una donna in travaglio (Is 26,17) e la nascita d’Israele è paragonata a quella di un bimbo (Is 66,7-9). La donna è Israele, che genera il Messia, e la chiesa perseguitata, ma protetta e già salvata da Dio.
Il drago (12,3-4) è contrapposto alla donna, ma la forza di Dio e la sconfitta del drago vengono annunciate. È anch’esso un segno “in cielo”, ma agisce ancora nella storia. Il figlio maschio è il Messia proiettato nel futuro della fine dei tempi: Cristo vincerà sul male alla fine della storia della salvezza.
Il testo dell’Apocalisse, attraverso un simbolismo multiplo, evidenzia la dimensione cristologica, ecclesiale (la testimonianza della Chiesa) e mariologica. Innanzitutto, la narrazione è cristologica: Cristo vittorioso è presentato all’inizio mediante la nascita e l’ascensione. La vittoria di Cristo indica che la storia è totalmente nelle mani di Dio perciò non bisogna temere il male, ancora presente, che minaccia il mondo.
La donna (che è senza nome) rimanda ad Eva, a Israele e alla Chiesa: la lotta della donna ricorda quella di Eva con il serpente (Gen 3,1-5). La donna, che genera il Messia ed è madre dei credenti, sintetizza l’intero popolo di Dio dell’antica e nuova alleanza.
Ma il nostro testo presenta anche la dimensione mariologica, perché la donna-chiesa (madre del Messia e dei credenti) simboleggia la donna-Maria, madre di Cristo e della Chiesa. Infine, poiché nella comunità di Giovanni viveva Maria, l’autore ha prolungato e applicato alla chiesa la missione di Maria. La Chiesa senza Maria non avrebbe un riferimento concreto e una dimensione qualificante.
Il libro dell’Apocalisse ci ha presentato lo scontro finale tra il bene e il male, tra Dio e Sa-
tana e ci ha indicato anche il risultato di questo scontro, la vittoria di Cristo e la salvezza dell’uomo. Ma in che cosa consiste questa salvezza? Quale effetto ha per la vita di tutti gli uomini? E, soprattutto, quale è il ruolo di Maria in tutto questo?
Ecco che ci viene in aiuto Gesù stesso, quando parlando con Luisa, indica dov’è il trionfo di Cristo: nell’anima che vive nella Divina Volontà. Lì troviamo il compimento dell’opera salvifica di Dio, il risultato dello scontro con il male: il ritorno allo stato originario, nella condizione di Adamo prima del peccato.
Luisa, come sempre, si sente in difetto nello scrivere quello che Gesù le spiega, perché il contenuto è così grande e divino che le parole non riescono ad esprimere il tutto in modo completo, e Gesù, attraverso Luisa, per farsi comprendere usa delle bellissime immagini.
La luce del Divin Volere continua ad avvolgere Luisa e la sua piccola intelligenza, mentre nuota nel mare immenso di questa luce, appena può, ella vuole prendere qualche goccia di luce e qualche piccola fiamma delle tante verità, conoscenze e felicità che contiene questo mare interminabile dell’Eterno Volere, e molte volte non trova i vocaboli adatti per mettere su carta quel poco di luce. Quello che scrive è poco in confronto al tanto che lascia inespresso, perché la sua piccola e povera intelligenza prende quanto basta per riempirla, il resto lo deve lasciare. È come ad una persona che si tuffa nel mare; lei resta tutta bagnata, l’acqua le scorre da per tutto, forse fin nelle viscere, ma uscendo dal mare, che cosa porta con sé di tutta l’acqua del mare? Pochissimo, quasi nulla in confronto all’acqua che rimane nel mare. E con l’essere stata nel mare, può dire forse quanta acqua, quante specie di pesci e ci sono nel mare? Certo che no, ma saprà dire quel poco che ha visto del mare. Così si sente Luisa. Ma ecco che interviene Gesù che con pazienza e amorevolezza la conduce pian piano alla conoscenza del grande dono del vivere nella Divina Volontà.
Quello che ha vissuto Luisa, le spiega Gesù, è l’unità della luce della Sua Volontà, e affinché Luisa la possa amare sempre più e la confermi maggiormente in Essa, Gesù vuole far conoscere la grande differenza che c’è tra chi vive nel Volere divino, nell’unità di questa luce, e chi si rassegna e si sottopone alla Sua Volontà. Il sole, stando nella volta dei cieli, manda i suoi raggi sulla superficie della terra. Tra terra e sole c’è una specie di accordo, il sole nel toccare la terra e la terra nel ricevere la luce ed il tocco del sole. La terra, col ricevere il tocco della luce, sottoponendosi al sole, riceve gli effetti che contiene la luce e questi effetti trasformano la faccia della terra, la fanno rinverdire, la fanno fiorire, si sviluppano le piante, maturano i frutti e tante altre meraviglie, prodotte sempre dagli effetti che contiene la luce solare. Ma il sole, col dare i suoi effetti, non dà tutta la sua luce, anzi, geloso, ne conserva la sua unità, e gli effetti non sono duraturi. Perciò si vede la terra ora tutta fiorita, ora tutta spogliata; quasi ad ogni stagione si cambia, subisce continue mutazioni. Se il sole desse alla terra effetti e luce, la terra si cambierebbe in sole e non avrebbe più bisogno di chiedere con insistenza gli effetti, perché contenendo in sé la luce diventerebbe padrona della sorgente degli effetti che il sole contiene. Tale è l’anima che si rassegna e si sottopone alla Divina Volontà, vive degli effetti che ci sono in Essa, e non possedendo la luce, non possiede la sorgente degli effetti che nel Sole dell’Eterno Volere ci sono. L’anima si vede quasi come terra, ora ricca di virtù, ora povera, e si muta ad ogni circostanza. Molto più che le anime, se non sono sempre rassegnate e sottoposte alla Volontà di Dio, sono come la terra che non si vuole far toccare dalla luce del sole, perché se riceve gli effetti è perché si fa toccare dalla sua luce, altrimenti resta squallida, senza produrre un filo d’erba.
Così è rimasto Adamo dopo il peccato. Lui ha perso l’unità della luce e quindi la sorgente dei beni e degli effetti che il Sole della Volontà divina contiene. Non sentiva più in se stesso la pienezza del Sole Divino, non riconosceva più in sé quell’unità della luce che il suo Creatore aveva fissato nel fondo della sua anima, che, comunicandogli la sua somiglianza, faceva di lui una sua copia fedele. Prima di peccare, possedendo la sorgente dell’unità della luce col suo Creatore, ogni suo piccolo atto era raggio di luce che, invadendo tutta la Creazione, andava a fissarsi nel centro del suo Creatore, portandogli l’amore ed il contraccambio di tutto ciò che era stato fatto per lui in tutta la Creazione. Era lui il padrone, colui che armonizzava tutto e formava la nota d’accordo tra il Cielo e la terra. Ma come si è sottratto dalla Volontà di Dio, i suoi atti come raggi non più invadevano Cielo e terra, ma si sono ristretti quasi come piante e fiori nel piccolo circuito del suo terreno e, perdendo l’armonia con tutta la Creazione, è diventato la nota stonata di tutto il creato.
Ora possiamo capire come il vivere nella Divina Volontà è possedere la sorgente dell’unità della luce della Sua Volontà, con tutta la pienezza degli effetti che in Essa ci sono. In ogni nostro atto sorge la luce, l’amore, l’adorazione, che costituendosi atto per ogni atto, amore per ogni amore, come luce solare invade tutto, armonizza tutto, accentra tutto in sé e, come fulgido raggio, porta al suo Creatore il contraccambio di tutto ciò che ha fatto per tutte le creature e la vera nota di completo accordo tra il Cielo e la terra. Quindi c’è un enorme differenza tra chi possiede la sorgente dei beni che contiene il Sole della Volontà divina, e chi vive degli effetti di Essa! Sarebbe la differenza che c’è tra il sole e la terra.
L’unità della luce la possedeva Adamo prima di peccare e non ha potuto più ricuperarla stando in vita. Ora, per renderlo fermo di nuovo e poter così sostenere l’unità di questa luce, ci voleva un riparatore, e questo doveva essere superiore a lui; ci voleva una forza divina per raddrizzarlo: ecco la necessità della Redenzione.
L’unità di questa luce la possedeva Maria, la Madre Celeste, e perciò più che sole può dare luce a tutti. Tra Lei e la Maestà Suprema non c’è mai stata notte né ombra alcuna, ma sempre pieno giorno, e perciò in ogni istante quest’unità della luce del Volere di Dio faceva scorrere in Lei tutta la Vita divina, che le portava mari di luce, di gioie, di felicità, di conoscenze divine, mari di bellezza, di gloria, d’amore. E Lei, come in trionfo, portava al suo Creatore tutti questi mari come suoi, per attestargli il suo amore, la sua adorazione, e per farlo invaghire della sua bellezza; e la Divinità faceva scorrere altri mari nuovi più belli. Lei possedeva tanto amore, che come realtà connaturale poteva amare per tutti, adorare e supplire per tutti. I suoi più piccoli atti, fatti nell’unità di questa luce, erano superiori ai più grandi atti e a tutti gli atti di tutte le creature insieme; perciò i sacrifici, le opere, l’amore di tutte le altre creature, si possono chiamare piccole fiammelle di fronte al sole, goccioline d’acqua di fronte al mare, al confronto degli atti della Sovrana Regina. E perciò Lei, in virtù dell’unità di questa luce del Supremo Volere, ha trionfato su tutto e ha vinto il suo stesso Creatore e lo ha fatto prigioniero nel suo materno seno. Adamo, col perdere quest’unità della luce, si è capovolto e ha formato la notte, le debolezze, le passioni, per sé e per le generazioni.
Questa Vergine eccelsa, col non fare mai la sua volontà, è stata sempre diritta e di fronte al Sole Eterno, e perciò per Lei è stato sempre giorno e ha fatto spuntare il giorno del Sole di Giustizia per tutte le generazioni. Se questa Vergine Regina non avesse fatto altro che conservare nel fondo della sua anima immacolata l’unità della luce dell’Eterno Volere, sarebbe bastato per ridarci la gloria di tutti, gli atti di tutti e il contraccambio dell’amore di tutta la Creazione. La Divinità, per mezzo suo, in virtù della Sua Volontà, ha sentito ritornare le gioie e la felicità che aveva stabilito di ricevere per mezzo della Creazione. Perciò Maria la si può chiamare la Regina, la Madre, la Fondatrice, la Base e lo Specchio della Divina Volontà, in cui tutti possono riflettersi per ricevere da Lei la vita di Essa.
È il trionfo di Maria, è il trionfo di Luisa e sarà il trionfo dell’umanità!
Fiat!
“Sovrana trionfatrice,
nelle tue mani di Madre metto la mia volontà,
affinché Tu stessa come Mamma me la purifichi ed abbellisca,
ed insieme con la tua la leghi ai piedi del trono divino,
affinché possa vivere non con la volontà mia,
ma sempre, sempre, con quella di Dio”.
(La Vergine Maria nel Regno della Divina Volontà)
Don Marco