Siamo di fronte ad un essere umano in vita.
Accertare la presenza di un livello, anche minimo, di coscienza in pazienti con gravi compromissioni fisiche e psichiche (come nel caso del cosiddetto "stato vegetativo"), non è sempre possibile clinicamente se si ricorre a mezzi tradizionalmente utilizzati.
Anche la prognosi quindi ne è influenzata.
Ma recentissimi ed, apparentemente, affidabili studi sembrano confermare la necessità di una indagine molto più cauta e prudente al problema dello “stato vegetativo”.
Il prof. Adrian Owen ed il suo gruppo di ricerca, a Cambridge, hanno studiato una giovane donna in "stato vegetativo" da cinque mesi, con la RMN funzionale (fRMN), sottoponendo la paziente a particolari tests, quelli dell'immaginazione mentale. (Owen, Coleman, Davis, Boly, Laureys & Pickard, Detecting Awareness in the Vegetative State, Science, 313, 1402, 2006).
Alla paziente era impartito l’ordine di “immaginare” di giocare a tennis, e di muoversi nella sua stanza.
I ricercatori, sulla base dei risultati ottenuti con la fRMN, hanno ritenuto assai verosimile che la paziente fosse in grado sia di comprendere gli ordini che le venivano impartiti, mentre si trovava all'interno della macchina per la Risonanza magnetica funzionale, sia di corrispondere ad essi. Con questo sofisticato strumento si vedeva che le aree della corteccia cerebrale si attivavano come in un soggetto perfettamente sano che immaginava di giocare a tennis e di muoversi per casa.
Il riscontro dell'attivazione di specifiche zone cerebrali era così evidente da risultare praticamente “indistinguibile” da quelle, omologhe, di volontari sani sottoposti ai medesimi tests. Inoltre, come riferiscono gli Autori dello studio, dopo alcuni mesi dall’esame di fRMN la paziente ha mostrato segni certi di recupero funzionale, potendo essere inserita tra i pazienti classificati come in "stato di minima coscienza".
A giudizio dei ricercatori sono necessarie altre indagini, tuttavia i primi dati si possono considerare, di per sé, rilevanti dal punto di vista scientifico, e interessanti per attente riflessioni di carattere bioetico.
Tutto questo rende ancora più opportuno ed anzi, medicalmente ed umanamente, irrinunciabile la continuazione della somministrazione di sostanze nutritive e della idratazione, anche per vie artificiali.
La compromissione dello stato di coscienza deve essere studiato seriamente, perché il progresso della medicina si sviluppa cercando proprio di salvare il paziente.
Non va dimenticato che i pazienti in "stato vegetativo" sono spesso autonomi nelle funzioni vegetative (ad es. respirazione e digestione, ciclo mestruale…), per quanto incapaci possano essere di alimentarsi da soli. Rappresenta una grave offesa alla dignità della persona sofferente ogni affermazione tendente a presentare tali cure, in tutto e per tutto ordinarie e proporzionate, come una forma di accanimento terapeutico.
Infatti ci troviamo di fronte ad un essere umano in vita, sebbene con funzioni e stato di coscienza, presumibilmente, compromesse in maniera grave.
Gabriele Soliani
Ricordiamo di pregare per i nostri governanti, perché non facciano leggi contrarie
alla legge di Dio e alla dignità della persona.
Amore alla vita
“L’uomo è per la vita. Tutto in noi spinge verso la vita, condizione indispensabile per amare, sperare e godere della libertà. Il dramma della sofferenza e la paura della morte non possono oscurare questa evidenza. Chi sta male, infatti, chiede soprattutto di non essere lasciato solo, di essere curato e accudito con benevolenza, di essere amato fino alla fine.
Anche in situazioni drammatiche, chiedere la morte è sempre l’espressione di un bisogno estremo d’amore; solo uno sguardo parziale può interpretare il disagio dei malati e dei disabili come un rifiuto della vita. Persino nelle condizioni più gravi ciò che la persona trasmette in termini affettivi, simbolici, spirituali ha una straordinaria importanza e tocca le corde più profonde del cuore umano. Certo, la possibilità di levar la mano contro di sé, di rinunciare intenzionalmente a vivere, c’è sempre stata nella storia dell’umanità; ma in nessun popolo è esistita la pretesa che questa tragica possibilità fosse elevata al rango di diritto, di un “diritto di morire”, che il singolo potesse rivendicare come proprio nei confronti della società.
La persona umana, del resto, si sviluppa in una fitta rete di relazioni personali che contribuiscono a costruire la sua identità unica e la sua irripetibile biografia. Troncare tale rete è un’ingiustizia verso tutti e un danno per tutti. Teorizzare la morte come “diritto di libertà” finisce inevitabilmente per ferire la libertà degli altri e ancor più il senso della comunità umana. Per chi crede, poi, la vita è un dono di Dio che precede ogni altro suo dono e supera l’esistenza umana; come tale non è disponibile, e va custodito fino alla fine.
Esistono malattie inguaribili, ma non esistono malattie incurabili: la condivisione della fragilità restituisce a chi soffre la fiducia e il coraggio a chi si prende cura dei sofferenti. La vera libertà per tutti, credenti e non credenti, è quella di scegliere a favore della vita, perché solo così è possibile costruire il vero bene delle persone e della società.
Per questo sentiamo di dover dire con chiarezza. Tre grandi SÌ: Sì alla vita; Sì alla medicina palliativa; Sì ad accrescere e umanizzare l’assistenza ai malati e agli anziani.
E tre grandi NO: No all’eutanasia; No all’accanimento terapeutico; No all’abbandono di chi è più fragile.
Come cittadini sappiamo che la nostra Costituzione difende i diritti umani non già come principi astratti, ma come il presupposto concreto della nostra vita che è nello stesso tempo fisica e psichica, privata e pubblica. Mai come oggi la civiltà si misura dalla cura che, senza differenze tra persone, viene riservata a quanti sono anziani, malati o non autosufficienti. Occorre in ogni modo evitare di aggiungere pena a pena, ma anche insicurezza ad insicurezza.
Chiediamo che le persone più deboli siano efficacemente aiutate a vivere e non a morire, a vivere con dignità, non a morire per falsa pietà. Solo amando la vita di ciascuno fino alla fine c’è speranza di futuro per tutti”.
Sergio Della Lena
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La Pasqua, che è il trionfo della Vita sulla morte.
Per onorare Cristo risorto, ci auguriamo una decisa posizione in favore della vita,qualunque sia il nostro orientamento politico.
Rispettare i non credenti non significa restare neutrali,
siamo chiamati ad essere testimoni, perché anche i non credenti si ravvedano.
La vita non è appannaggio della politica, né della sola fede cristiana.
La politica deve servire la vita, non decidere quando deve nascere
e quando deve essere eliminata.
Se noi cristiani tentenniamo su questo valore, offendiamo il Signore.
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